Se la riforma del Senato deve servire a snellire il procedimento legislativo, governo e Parlamento potrebbero provvedere fin d’ora, senza bisogno di doppia lettura ed in barba a Minzolini e a Mineo. Basterebbe essere più sobri nella produzione di leggi. Non mi riferisco soltanto alla pretesa di sanzionare con legge apposita ogni inedita devianza, dall’omofobia al negazionismo; né alla pretesa parallela di regolare, sempre per legge, fenomeni sociali altrettanto inediti: si aprirebbe una discussione sui massimi sistemi.
Non mi riferisco neanche alla prassi, ormai consolidata, per cui si legifera solo in occasione della conversione dei decreti legge, o addirittura dei maxi-emendamenti ai medesimi: in fondo gli articoli 72 e 77 della Costituzione non sono vangelo, e comunque possono a loro volta essere oggetto di revisione. Mi riferisco più semplicemente a quegli appesantimenti del procedimento legislativo per evitare i quali basterebbe il buon senso.
Tempo fa, sulla nostra rivista, Domenico Argondizzo segnalò l’inserimento, nel “decreto del fare”, di un articolo 41-quater per disciplinare l’utilizzo del “pastazzo” (un sottoprodotto della lavorazione degli agrumi) addirittura con un decreto del ministro dell’Ambiente di concerto col ministro dello Sviluppo economico e con quello dell’Agricoltura.
Ora, nel decreto che il ministro Franceschini ha immaginificamente denominato “Art bonus”, all’articolo 16 (destinato al salvataggio del carrozzone dell’Enit “anche in occasione della Presidenza italiana del semestre europeo e di Expo 2015”, sic!), la Camera ha aggiunto un emendamento che assegna all’Ente redivivo perfino il compito “di realizzare e distribuire una Carta del Turista che consenta, mediante strumenti e canali digitali e apposite convenzioni con soggetti pubblici e privati, di effettuare pagamenti a prezzo ridotto per la fruizione integrata di servizi pubblici di trasporto e degli istituti e dei luoghi della cultura”: manca che si stabilisca per legge il formato della Carta ed il numero verde al quale richiederla, e il “pastazzo” è servito.
Nel caso non si capisce, per esempio, se chi volesse allargare la “fruizione integrata di servizi pubblici di trasporto” ad altre mete turistiche (una spiaggia o un campo sportivo, per dire) debba essere coperto da una norma ulteriore; in quale sanzione incapperebbe chi realizzasse la Carta senza ricorrere a “strumenti o canali digitali”; e soprattutto se chi ha già realizzato qualcosa di simile alla “Carta del Turista” (magari senza maiuscole) – come la Regione Campania, Google o Bancoposta – dovrà cedere il proprio prodotto all’Enit.
Quando il Parlamento europeo contava ancora meno di quello che conta ora, si dilettava a produrre direttive sulla lunghezza delle banane e sul formato delle cassette postali. Non vorrei che la crisi del Parlamento italiano – bicameralismo o no – desse luogo ad esiti analoghi.