Nel numero di maggio dell’edizione cartacea di Mondoperaio pubblicheremo gli atti del seminario su “Gli strumenti delle politiche pubbliche” che abbiamo organizzato con l’Associazione Socialismo e la Feps. Anticipiamo però le conclusioni di Sabino Cassese, di particolare attualità in relazione alle polemiche in corso sul ruolo dell’Anac.
L’unica cosa che siamo riusciti a fare oggi, nel corpo amministrativo, è stato di introdurre un “grande Gendarme”, l’Anac. È stata la modificazione più importante degli ultimi anni, che rappresenta il contrario dello sviluppo della storia italiana. Nel corso della storia italiana, fin dai tempi di Turati, si era osservato che i controlli preventivi non servono a nulla. I controlli preventivi creano un rapporto di co-decisione da un lato, e dall’altro sgravano quelli che devono decidere dalla responsabilità amministrativa. Infine bloccano l’azione amministrativa. Oggi non solo stiamo reintroducendo dei controlli preventivi che erano stati eliminati, ma li stiamo mettendo nelle mani di un corpo quasi giudiziario (l’Anac), non a caso presieduto da un ex procuratore della Repubblica. Quindi dove sta la chiarezza? Queste funzioni dovevano essere esercitate dalla Corte dei conti.
A questo punto abbiamo tre organismi piazzati dentro l’amministrazione che hanno sostanzialmente una funzione impeditiva e di blocco, se non altro psicologica. Capite bene che qualunque amministratore oggi esita a prendere decisioni, perché ha quanto meno il rischio che la Corte dei conti gli sollevi una azione di responsabilità. Rispetto alla comparazione diacronica, quindi, si percepisce appieno l’effetto complessivo di blocco venutosi a creare nella Pubblica amministrazione, perché a questo punto nessuno si vuol prendere più alcuna responsabilità.
Abbiamo un altro caso, come già quello di Franco Gallo due anni fa, il cui rivive il “Kant contro cant” bernsteiniano: la cantilena soporifera che segue il conformismo dominante è anche qui interrotta dalla voce della competenza, della professionalità e dell’autorevolezza. Di chi osserva e studia la pubblica amministrazione da mezzo secolo e, attraverso quest’analisi, denuncia anche le approssimazioni e le grossolanerie del pensiero unico. Basterebbe questo, per dirci che è una battaglia né di destra né di sinistra, ma di weberiana adeguatezza al fine, che ogni burocrazia razionale dovrebbe avere. Ma il fatto che ci fosse arrivato già Filippo Turati, cent’anni fa, è di ulteriore rafforzamento della nostra, intima convinzione che è “anche” una battaglia per Istituzioni che tutelino il debole contro il forte.