In genere sui dizionari per “ideologia” si intende innanzitutto l’insieme dei principi e delle idee di un gruppo o di un’epoca. Sovente, è vero, il termine ha assunto un’accezione spregiativa, indicando la tendenza di tali convinzioni e credenze a irrigidirsi, tenendo in scarsa considerazione la realtà e la sua mutevolezza. Una sorta di sclerosi del pensiero, insomma.
D’altro canto, però, oggi si avverte più che mai il bisogno di “visione”, di cultura politica, di pensieri lunghi. Espressioni, queste, non estranee alla parola ideologia. E il superamento di una “dottrina” quale quella marxista (a lungo apparsa come “l’ideologia” per antonomasia) non implica il venir meno di tutte le istanze che in essa provavano a collocarsi (del resto, come è noto, Marx disse di non sentirsi affatto marxista!).
Oggi con troppa disinvoltura, invece, si parla di ideologia o di posizione ideologica (si guardi ad esempio al dibattito sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori). Confondendo il vocabolo, poniamo, con la difesa a oltranza di una norma o di un diritto. Non che si tratti di un impiego assolutamente improprio del termine; è la frequenza con la quale lo si impiega a svuotarlo di significato. Una ridondanza che diviene luogo comune, finendo per non dir nulla.
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