Un’idea rischia di insinuarsi tra le pieghe dei tragici atti di guerra terroristica e della risposta a essi: il superamento delle culture politiche, e forse della nozione stessa di cultura politica. Eppure la memoria storica mostra il contrario: nell’esilio di Ventotene fu concepito il celebre manifesto sull’Europa; e il Manifesto del liberalsocialismo di Guido Calogero e Aldo Capitini risale al 1940 (il liberalsocialismo, fra l’altro, in contrapposizione al nazionalsocialismo).
Personalmente seguo da anni con passione i temi del rapporto fra individui e comunità di appartenenza, le diatribe fra neoliberali e neocomunitaristi, i dilemmi del multiculturalismo e dell’interculturalità, le sfide del pluralismo più o meno ragionevole. Non si tratta in ogni caso di cultura politica? E la grande questione delle differenze – da quella sessuale a quella etnica e identitario-religiosa – non presenta risvolti ideali, culturali e politici enormi?
Ecco: piuttosto si tratta, come fecero Calogero e Capitini – e prima di loro (parlo dell’Italia)  Carlo Rosselli, di coniugare tali argomenti con le culture politiche attuali, quelle della tradizione. Ѐ da tale incessante confronto che provengono contributi preziosi e originali.