Il caso del disegno di legge costituzionale o di revisione della Costituzione è riconducibile ad un indirizzo politico più ampio di quello espresso dalla maggioranza di governo. Non è possibile invocare l’indirizzo politico di governo per la definizione delle regole istituzionali, che invece rispondono ad una diversa e più ampia concezione di indirizzo politico “costituzionale”. Esse si cambiano insieme, senza forzature e coinvolgendo tutti gli apporti, dall’interno e dall’esterno della maggioranza che sostiene il governo in carica: garantire la libertà nella valutazione del Parlamento, che in sede di revisione costituzionale fa le veci di una vera e propria Assemblea costituente, è assolutamente indispensabile e risponde a vari indizi desumibili dalla configurazione giuridica del sistema istituzionale:
1. Presenza del quorum speciale nel procedimento legislativo di revisione costituzionale. Esso va considerato “implicitamente un invito alle forze della coalizione governativa a tenere conto anche della volontà dell’opposizione” (Mannino, Indirizzo politico e fiducia nei rapporti tra governo e parlamento, Milano, Giuffrè, 1973, p. 249): il che, ovviamente, non può riferirsi solo alla seconda deliberazione (per la quale formalmente quel quorum speciale è statuito) ma, stante il requisito di piena conformità del testo in quella fase, è argomento che si trasferisce anche e soprattutto alla prima deliberazione.
2. Argomento a contrario: se persino a rapporto fiduciario interrotto alcune leggi possono essere approvate, è evidente che esse non rispondono all’indirizzo politico di governo, ma sono espressione di un indirizzo politico più ampio (“costituzionale”). Se poi in esse si ritiene che il governo abbia un ruolo solo politico-istituzionale, la conclusione è doverosa. Ciò avviene proprio nella revisione costituzionale. Da un lato “un caso di esclusione implicita della titolarità del potere di iniziativa delle leggi costituzionali sussiste nei confronti del governo nominato ma che non ha ancora ottenuto la fiducia parlamentare, in applicazione del principio secondo il quale al governo che si trovi in tale posizione sono consentiti soltanto atti politicamente neutri” (S. M. Cicconetti, voce Revisione costituzionale, in Enciclopedia del diritto, pp. 136-139). Dall’altro lato, per il Presidente del Senato pro tempore Mancino, “con le dimissioni del governo l’attività del Senato, legislativa, di controllo e di indirizzo, viene sospesa in coerenza con i princípi generali dell’ordinamento costituzionale che considera il governo interlocutore indispensabile del Parlamento. Pertanto, dopo l’annuncio delle dimissioni, l’Assemblea e le Commissioni possono essere convocate esclusivamente per lo svolgimento di attività legislative correlate a precise scadenze costituzionali (fra cui i decreti-legge) o per adempimenti inerenti ad interna corporis quali, ad esempio, modifiche del Regolamento, autorizzazioni a procedere in giudizio, questioni di insindacabilità e bilancio interno e, aggiungerei, anche provvedimenti di riforma della Carta costituzionale per i quali non é necessaria la presenza del governo” (Legislatura 13º – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 465 del 9 ottobre 1998) .
3. Argomento ex auctoritate: “Si deve (…) risalire, per risolvere il problema, a quelle impostazioni generali (…) circa il fondamento logico-giuridico della questione di fiducia. E quindi una regola è possibile subito enunciare; improponibilità della questione di fiducia in tutte le materie nelle quali non sia coinvolto l’indirizzo politico del governo (e quindi, prima fra tutte, nella materia costituzionale)” (A. Manzella, Note sulla questione di fiducia, in Annali della facoltà di Giurisprudenza di Genova, 1970, p. 300).
4. Argomento ex ore tuo: il disegno di legge costituzionale n. 1429 assicura la competenza della Camera che non dà la fiducia al governo, in tema di revisione costituzionale: ergo questo tipo di disegni sfugge alla funzione di indirizzo politico che nel rapporto di fiducia si sostanzia.
La dialettica parlamentare è un valore giuridicamente rilevante e tutelato, come dimostra la sentenza n. 32 del 2014 ed il favore con cui in essa si vede il mantenimento “entro la cornice costituzionale” dei “rapporti istituzionali tra Governo, Parlamento e Presidente della Repubblica nello svolgimento della funzione legislativa”. Pertanto, il contributo di tutti alla migliore fattura della Revisione si può ottenere, ma solo a condizione di evitare le scorciatoie indebite, come l’apposizione della questione di fiducia nella discussione sul disegno di legge costituzionale.
A conferma delle tesi espresse, si riportano i seguenti passi da
Se convenga una Costituzione di tipo rigido o flessibile
(in Relazione all’Assemblea Costituente, Commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato – Ministero per la Costituente, volume I, 1946, p. 41)
di M.S. Giannini
«[…] sul piano prospettico reale italiano, nessun componente della Sottocommissione si è dichiarato in favore di una Costituzione flessibile; e ciò in base alle seguenti considerazioni:
a) Garanzia dei cittadini. – In una Costituzione di tipo rigido le modificazioni costituzionali, quale che sia la forma entro cui esse avvengono, necessitano di un esplicito consenso dei cittadini, che essi esprimono o direttamente o per mezzo dei propri rappresentanti. Specialmente se una Costituzione – come avverrà per quella italiana che uscirà dall’Assemblea Costituente – è frutto di una diretta manifestazione di sovranità popolare, non si potrebbero a essa apportare modificazioni che non abbiano la medesima fonte.
Garantendo i cittadini, una Costituzione rigida è poi garanzia dello stesso Stato: forze politiche avverse che, o impadronendosi di organi del potere costituito, oppure su di essi agendo con mezzi esterni, senza trovare nei medesimi quella resistenza che la legge e il costume politico comporterebbero, troverebbero nella rigidità della Costituzione un ostacolo a modificare la Costituzione stessa secondo il proprio volere, ostacolo che dovrebbero superare solo con l’illegalità. L’abuso di potere degli organi costituzionali è, con una Costituzione rigida, fortemente compromesso.
Evitando, quindi, l’eventualità di modificazioni di sorpresa e non potendo essere modificata con una comune legge ordinaria, una Costituzione rigida offre un riparo contro l’opera di gruppi sopraffattori o fraudolenti; la maggior durata dei procedimenti, che essa esige, è compensata da un lato dal costituire essi una tutela democratica; da un altro lato dal permettere essi all’opinione pubblica di acquistare precisa consapevolezza dei termini del dibattito costituzionale, dando vita così a uno strumento di civile educazione.
b) Ponderazione legislativa. – L’adozione di una Costituzione rigida, comportando una necessaria separazione tra potere costituente e potere legislativo ordinario, oltre ad aumentare la solennità dell’atto di modifica costituzionale, permette che a esso si proceda con ben maggiore ponderatezza di quella che si avrebbe con una Costituzione flessibile, che può in ogni momento subire ritocchi, anche inavvertiti.
c) Miglioramento della legislazione. – Una Costituzione rigida comporta una precisa distinzione tra principi e norme costituzionali, le quali divengono modificabili solo passando la trafila del procedimento di revisione costituzionale, e principi e norme non costituzionali. Da tale separazione deriva che i primi debbono essere esattamente individuati. Ciò apre quindi l’adito ad un generale riordinamento della produzione normativa, che dà preciso e concreto significato alla gerarchia fra le fonti, e che appare particolarmente giovevole a un Paese di grande leggerezza legislativa quale è l’Italia […]».
Contro la rigidità costituzionale qualcuno potrebbe sbattere il grugno.
Una citazione del Massimo Severo, presente alla Creazione. Che posso chiedere di meglio?