Anche a Valle Giulia marciavano insieme nazisti e maoisti: anzi, c’erano addirittura i “nazi-maoisti”. Niente di nuovo, quindi, nell’alternarsi di pugni chiusi e di saluti romani in seno al corteo che ieri ha imparzialmente assaltato le banche e la sinagoga.
Dopo la battaglia di Valle Giulia, però, Pasolini non invitò i poliziotti a fraternizzare con gli studenti, ma gli studenti a fraternizzare coi poliziotti: una bella differenza, tale da poter essere capita anche da un analfabeta come Beppe Grillo.
A Valle Giulia, peraltro, non c’era il servizio d’ordine della Cgil, che invece nove anni dopo scortò Lama alla Città universitaria: non fu un successo, ma in quel caso era la Cgil che pretendeva di “infiltrarsi” nel movimento studentesco, non viceversa.
Il servizio d’ordine, probabilmente, non c’era neanche ieri a Ponte Sisto, quando No Tav, centri sociali e black block di ogni genere e specie hanno potuto facilmente infiltrare la manifestazione (addirittura!) della Confederazione europea dei sindacati.
Oppure il servizio d’ordine forse c’era, ma non aveva direttive chiare: non per una défalliance organizzativa, ma perchè poco chiari erano gli obiettivi della manifestazione.
Del resto, se per mesi si fa propaganda sui presunti tagli alla scuola pubblica e si fa delle 18 ore settimanali dei docenti una linea invalicabile come fu un secolo fa quella delle otto ore quotidiane degli operai, è difficile poi impedire ai giovani di intrupparsi dietro agli arruffapopoli di turno.
Il problema non è quello delle “forme di lotta”, sul quale pure il sindacato dovrebbe avere un certo know how: il problema è che qualunque forma di lotta si governa solo se della lotta è chiaro l’obiettivo.
Nel caso dei giovani, per esempio, non basta denunciare che qualcuno gli sta “rubando il futuro”: bisogna individuare bene chi è questo qualcuno, se si vuole evitare che se la prendano coi soliti Profumo e Fornero, o magari col complotto della plutocrazia giudaico-massonica.
Demagogia chiama demagogia. A noi lo ha insegnato Pietro Nenni con la Storia di quattro anni: dei quattro anni che cominciarono con l’occupazione delle fabbriche e finirono con la marcia su Roma. Speriamo che quella lezione, che fu ben presente a Di Vittorio, a Lama e a Trentin, trovi ancora udienza nella Cgil di oggi.