Nell’intervista concessa ad Aldo Cazzullo (Corriere della Sera del 27 settembre) D’Alema, fra l’altro, si vanta di essere stato “ferocemente anticraxiano” con Berlinguer, ma di essere stato poi “generoso” quando Craxi è caduto in disgrazia. Se ne potrebbe discutere a lungo. Craxi cadde in disgrazia ben prima del 2000, ma non risultano atti di generosità negli otto anni che precedettero la sua morte. Quanto a Berlinguer, morì nel 1984, e quindi non è responsabile della linea seguita da D’Alema nel decennio successivo.

Ma il punto non è questo. Il punto, come ci ha insegnato Max Weber, è che per il politico vale l’etica della responsabilità, non quella dell’intenzione. Nel caso di D’Alema, vale quello che ha fatto quando Craxi era potente, non quello che lo ha emozionato mentre stava morendo. Quindi vale quello che ha fatto (con Veltroni) dopo “l’incontro del camper” al congresso dell’Ansaldo: ed anche quello che ha fatto quando ha ridotto all’ennesimo episodio di annessione di “compagni di strada il progetto della “Cosa 2″ (che poteva rappresentare un pur tardivo e parziale riconoscimento delle ragioni del craxismo)”.

D’Alema riconosce comunque che Craxi era uomo di sinistra, e ricorda la sua attenzione ai diritti dei palestinesi ed alla pace in Medio Oriente. Giusto: tant’è vero che salvò Gheddafi dai bombardamenti americani. E non so come si sarebbe comportato con Milosevic.