L’essere umano “non è affatto una tabula rasa: è portatore di un doppio codice, genetico e culturale”. Egli “non è sovrano, non è un’immaginaria persona ‘assolutamente libera’, che può agire a proprio arbitrio; egli è piuttosto un monarca costituzionale, sovrano de nomine, cui la Costituzione (nel nostro caso addirittura due costituzioni) lega le mani”. Conoscendo i suoi limiti, però, può superarli e compiere delle scelte. A tal fine “deve conoscere le proprie possibilità”. Così scriveva nel 1985 il filosofo Adam Schaff, quasi a conclusione del libro Il prossimo Duemila – Rapporto al Club di Roma sulle conseguenze sociali della seconda rivoluzione industriale (Editori Riuniti). Un testo che “si occupa di futurologia sociopolitica, ma con un breve orizzonte temporale: venti o trenta anni a partire da oggi”.
Ѐ vero, le previsioni sono fatte per esser smentite. Eppure oggi stupisce la lungimiranza del nostro autore. Egli individua innanzitutto “la triade rivoluzionaria: microelettronica, microbiologia ed energia nucleare”. E subito delinea un problema: la disoccupazione strutturale. Inoltre scorge un pericolo. Un abisso potrebbe dividere coloro che dispongono dell’informazione, “nel senso più ampio del termine”, da quanti non ne hanno: essa “in alcune condizioni può sostituire la proprietà dei mezzi di produzione come discriminante della nuova divisione sociale”. L’autore poi coglie l’evoluzione “verso un sistema economico globale”. Se i mutamenti socio-economici saranno in gran parte spontanei, scrive Schaff, quelli che si presenteranno nella sfera politica “saranno semplicemente scelte e alternative che dipenderanno dal sistema di valori che si vuole accettare”. E che dire del senso della vita? Qui c’è un rimando preciso agli studi dello psichiatra Victor Frankl e alla logoterapia. Per senso della vita “intendiamo ciò che stimola l’uomo alle sue azioni dandogli poi un senso di soddisfazione se il risultato è stato positivo”. E il filosofo intravede la possibilità di realizzare due sogni: quello dell’homo studiosus, dedito alla formazione permanente, e l’homo universalis, “in possesso di un’istruzione poliedrica in grado di fargli cambiare occupazione a seconda delle circostanze”.
L’altro volto dell’homo universalis sarà l’homo ludens. Il vecchio modello di famiglia, poi, “finirà inevitabilmente per crollare”. D’altra parte il numero delle persone che avvertiranno il bisogno della fede, magari vissuta in maniera diversa da quella tradizionale, “sarà maggiore” rispetto “a oggi”. In definitiva, si chiede Schaff, quale utopia si realizzerà? “Per fortuna la domanda è ancora aperta”. E ora noi, nel XXI secolo, potremmo pensare che i “funzionamenti” e le “capacità” di realizzarli indicateci da Amartya Sen corrispondano proprio alle possibilità e alle opzioni sulle quali insisteva il filosofo polacco.
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