La corruzione sembra essere un problema cronico della società italiana. Quando si parla di corruzione ci si riferisce a due reati specifici: quello che si commette quando si offre denaro a un pubblico funzionario per riceverne dei vantaggi e quello in cui si è coinvolti quando è il pubblico ufficiale a richiedere una ricompensa in cambio di favori da elargire (concussione). Dopo quanto successo in Italia all’inizio degli anni Novanta, si era propensi a pensare che la corruzione fosse stata estirpata; ma, dopo un ventennio trascorso all’insegna della celebrazione dei processi contro i corrotti, si deve prendere atto che nel paese la corruzione è ancora molto diffusa, e che anzi rispetto al passato essa sembra verificarsi secondo forme più sofisticate e nascoste. Perché? Sono molti coloro che hanno tentato di rispondere all’interrogativo.
Alcuni ritengono che la corruzione sia un connotato specifico dell’Italia, in quanto questa non sarebbe ancora una democrazia forte e compiuta, e che inoltre nella pubblica amministrazione adotta ancora procedure burocratizzate e di stampo antico, regolate prevalentemente sulla base del rigore formale degli adempimenti piuttosto che della qualità e dei costi dei risultati attesi. Accade così che nell’espletamento delle gare per l’assegnazione di appalti pubblici le leggi e i regolamenti lascino ampia discrezionalità e rendano l’espletamento delle procedure previste infiltrabili e inquinabili dalla corruzione.
Esistono anche motivi ideologici e culturali alla base del persistere della corruzione. Lo Stato è spesso percepito come qualcosa di estraneo agli interessi dei privati. I “beni al sole” accumulati gabbando lo Stato sono considerati dagli italiani come segni di distinzione e di superiorità rispetto alla generalità dei cittadini onesti. Anche il potere politico può essere acquisito con la ricchezza accumulata col malaffare piuttosto che con l’onestà e la competenza. Inoltre, l’appartenenza a una famiglia, una lobby, una corporazione professionale, un partito, consentono spesso, in Italia, di poter prevaricare il rispetto delle regole poste a presidio del bene comune e dell’interesse collettivo. Valori di civismo diffusi all’interno di democrazie molto più antiche della nostra trovano nel nostro paese un’accettazione soltanto formale: per cui la vita pubblica tende a scorrere sul doppio binario morale dei vizi privati e delle pubbliche virtù.
Il permanere di alti livelli di corruzione non soltanto crea ingiustizia, ma arreca danni anche alla vita economica del paese: quando l’attività pubblica è contaminata dal mancato rispetto delle regole, ad essere gratificati sono i disonesti, non gli onesti, solo alcuni e non la generalità dei cittadini. La corruzione, anche se non è “estirpabile” in assoluto, si può però contenere; a tal fine è necessario che gli italiani riacquistino i valori di responsabilità e di rispetto verso le regole che disciplinano il vivere insieme, nella consapevolezza che l’interesse generale così soddisfatto è, in ultima analisi, il vero interesse di tutti i cittadini.
Per il contenimento della corruzione appaino utili le considerazioni che Giorgio Barbieri e Francesco Giavazzi svolgono in un loro recente libro, “Corruzione a norma di legge. La lobby delle grandi opere che affonda l’Italia”; ciò che risulta di particolare interesse del loro saggio è la tesi secondo cui ciò che devasta il paese non è tanto la violazione delle leggi, quanto la loro corruzione; questa, pur costituendo la scaturigine dell’inquinamento delle gare d’appalto delle grandi opere, non è mai stata seriamente oggetto di riflessione per una sua totale eliminazione. Ciò appare grave, se si considera che essa è alla base di un “sistema che ha corrotto il paese a tutti i livelli, durante la prima e la seconda Repubblica, e che ora mette con le spalle al muro la politica”, essendo questa, non disinteressatamente, responsabile della conservazione del sistema corruttivo diffuso a tutti i livelli dell’amministrazione pubblica. Cos’è e in che cosa si traduce la corruzione e la compressione delle leggi? Come avviene il processo attraverso il quale gli appalti sono legalmente pilotati?
Barbieri e Giavazzi evidenziano il processo corruttivo e compressivo delle regole, facendo riferimento alla “confessione” di un imprenditore, Piero Di Caterina, implicato nel “sistema Sesto”, a proposito dell’esecuzione dei lavori per la riqualificazione dell’area exFalck di Sesto San Giovanni, che ha coinvolto anche Filippo Penati. Di Caterina ha descritto il fenomeno affermando: “Il risultato finale – nelle procedure di appalto di lavori pubblici – si decide nella fase iniziale quando si redige il bando di gara e si redigono atti all’apparenza perfettamente legittimi. Ma è nel nocciolo che c’è il marcio, perché nella maggior parte dei casi tutto avviene con la cucitura di un abito su misura per chi deve vincere. Chi non ha accordi, se vince, viene stritolato da un meccanismo di controlli che viene esercitato manipolando la funzione pubblica in segno di rappresaglia”.
Tutto ciò, per Barbieri e Giavazzi, corrisponde a quanto è avvenuto anche nell’espletamento della gara di appalto per l’affidamento dei lavori dell’Expo (come suffragato da un’inchiesta della Procura di Milano). L’appalto doveva essere vinto da una data impresa; aperte le buste è spuntato un outsider che si è aggiudicato i lavori sulla base di un’offerta al ribasso. A questo punto, i funzionari pubblici addetti alle gare d’appalto hanno chiesto ai più fidati collaboratori iniziative tese ad ottenere “forzatamente dall’appaltatore garanzie accessorie manifestamente non dovute”. Analoghi effetti ricorrono anche con la compressione delle leggi, fenomeno che si verifica allorché esse vengono nel tempo via via “addolcite”, con la scusa di accelerare i lavori, favorire le politiche contro la disoccupazione, o rilanciare la crescita del paese.
Barbieri e Giavazzi concludono la loro analisi sulla corruzione illustrando alcune modalità seguite altrove per arginare il fenomeno. In America, ad esempio, contro la corruzione sono impiegate tre procedure: la garanzia contro il rischio di inadempimento (“performance bond”), il controllo della qualità e dei costi dei lavori eseguiti e il ricorso alle “gole profonde” (“whistleblowers”, che deriva dalla frase “to blow the whistle”, letteralmente “soffiare il fischietto”). La prima procedura implica la richiesta all’assegnatario dei lavori di una polizza di assicurazione contro il rischio d’inadempimento, per un valore pari a quello previsto dal contratto; la seconda consiste nell’assegnare il controllo della qualità dei lavori e dei costi a funzionari esterni all’amministrazione affidataria dei lavori; la terza procedura, infine, si traduce nella realizzazione di una rete d’informatori (i cui nomi sono rigorosamente taciuti) che possono accedere ad una “hot line” informatica per denunciare episodi di corruzione e di qualsiasi altra forma di comportamento illegale, fornendo una serie di dati che consentono alle amministrazioni di effettuare opportune verifiche.
Barbieri e Giavazzi, considerata la gravità del fenomeno corruttivo presente in Italia, concludono il loro saggio proponendo una procedura particolarmente severa, consistente nel “mettere all’asta i corruttori”: che cioè l’autorità anticorruzione recentemente introdotta possa commissariare le imprese corruttrici per un dato periodo di tempo, al termine del quale esse tornerebbero ai legittimi proprietari, ma ad un valore al netto di quanto va rifuso alle amministrazione pubbliche. Tale procedura, concludono Barbieri e Giavazzi, consentirebbe altresì che le imprese colpevoli di corruzione “possano essere di fatto messe all’asta”, misura certamente draconiana, ma forse dotata del necessario potere dissuasivo, se si considera che l’Italia dispone di una classe politica il cui interesse, ogni qualvolta vengono accertati casi di comportamenti illegittimi nell’espletamento dei lavori connessi alla realizzazione delle grandi opere, più che limitare la violazione, la corruzione e la compressione delle regole tende a scatenare bagarre politiche, unicamente finalizzate a far salva la possibilità di incassare tangenti.