Gira ancora su Youtube il video dello scontro che nel 1991 Paolo Pillitteri ebbe con gli autisti del deposito Atm di via Palmanova, i quali protestavano per la presenza di un rifugio di immigrati nelle vicinanze (https://www.youtube.com/watch?v=PycAdysn9ns – LitePillitteriAutisti.flv). Nella Milano che si apprestava a consegnarsi alla Lega il sindaco ebbe la peggio, e i due sindacalisti che non a torto egli aveva definito “fascisti”, “squadristi”, “barboni” e “la vergogna di Milano” ebbero soddisfazione in sede giudiziaria.
Ora capita che nella periferia di Roma una autista dell’Atac che aveva saltato una fermata alla quale una quarantina di extracomunitari aspettavano il bus denunci che il suo mezzo è stato fatto segno di una sassaiola in seguito alla quale si è rotto un vetro. E capita soprattutto che un’altra sindacalista, stavolta alla guida di un sindacato dal nome immaginifico (“Cambia-menti M410”), ventiquattr’ore dopo scateni l’inferno, denunciando una “aggressione all’autista Atac” così definibile solo per sineddoche (a meno che, per quel sindacato, autisti e mezzi siano la stessa cosa). Il tutto una settimana dopo che in un’altra periferia romana un ragazzo di 17 anni aveva ucciso a pugni un immigrato perché gli aveva sputato addosso: giustificazione sufficiente perché l’intero quartiere solidarizzasse con l’assassino.
Lascio ai sociologi da passeggio ed agli intellettuali tardopasoliniani le disquisizioni sulle guerre fra poveri, il disagio delle periferie e l’etica dei ragazzi di borgata. Mi chiedo invece come mai l’autista del mezzo aggredito abbia saltato la fermata; e perché, poi, non abbia chiamato il 113, invece di chiamare il collega residente nei paraggi, il sindacato e l’ispettore Atac: quasi che quella dell’ordine pubblico fosse una questione da risolvere in sede aziendale, magari attraverso una trattativa con “Cambia-menti M410”.