Se n’è andato anche Giovanni Pieraccini. Aveva novantotto anni, ed era l’ultimo testimone della complessa vicenda del Psi nell’Italia repubblicana. I nostri lettori conoscono bene la sua biografia, perché più volte ne abbiamo ricordato i momenti salienti: dalla formazione al “Collegio Mussolini” (come si chiamava allora la Scuola Normale di Pisa) alla direzione dell’Avanti!, dalle esperienze di governo alle ultime riflessioni sulla crisi italiana.
Neanche da vecchio aveva perso la curiosità per il nuovo. Quando lo sentivo mi intratteneva a lungo sulle conseguenze della rivoluzione tecnologica. Dopo il successo elettorale dei 5 stelle si era messo a studiare i testi di Casaleggio. E quando, qualche anno fa, Napolitano nominò i suoi “saggi” per elaborare la riforma costituzionale mi segnalò con disappunto che l’età media dei nominati era troppo elevata perché ne uscisse qualcosa di buono.
C’era anche un po’ di civetteria, ovviamente, in questa sua attenzione ai giovani: ma c’era anche l’esperienza che da sempre lo aveva indotto a non giurare sulla gran bontà dei cavalieri antiqui: già nel 1948, quando si oppose alla politica frontista di Pietro Nenni, che pure era il patriarca del socialismo italiano.