Ogni tanto Raitre, dopo il telegiornale della sera, propone spezzoni delle vecchie Tribune politiche. Tempo fa, poi, ha riesumato le brevi interviste con cui Moro, Togliatti e Nenni commentavano la loro prima esperienza televisiva. Il più soddisfatto era Moro, che vedeva la possibilità di raggiungere un numero maggiore di elettori. Del resto, secondo Gianni Baget Bozzo (che scriveva nel 1977), proprio lui era stato il maggiore beneficiario di quella innovazione: perchè “il fatto che il rapporto del partito con l’elettorato” non passasse più “per l’organizzazione del partito, ma per quella dell’influenza e del controllo dei mezzi di massa” gli aveva consentito di travolgere le resistenze presenti nella Dc e nel mondo cattolico rispetto alla “apertura a sinistra”, non a caso sancita da un congresso (quello di Napoli del 1962) celebrato pochi mesi dopo l’introduzione della trasmissione nei palinsesti della Rai.
Nenni, invece, era il meno soddisfatto, perché la televisione non consentiva di vedere in faccia gli interlocutori, come invece accade nei comizi. Da questo punto di vista Beppe Grillo ha preso esempio da lui. Ha fatto anche tesoro, ovviamente, della sua esperienza di uomo di spettacolo, che gli consente di valutare con la dovuta severità la saturazione da talk show e l’insostenibile leggerezza della politica da intrattenimento. Ed ha sfruttato fino in fondo, anche, l’effetto di straniamento che produce la decontestualizzazione della sua figura pubblica, altrimenti ovvia nel contesto televisivo (così come sfrutta le opportunità di manipolazione che offre il web, decomposizione molecolare della partecipazione democratica).
Tant’è. Probabilmente aveva torto il vecchio Nenni, che del resto nel 1948 aveva riconosciuto che le piazze piene non garantiscono che le urne non restino vuote. Probabilmente la piazza mediatica (specialmente se frequentata da giornalisti come il mitico Romolo Mangione, che regolarmente faceva imbestialire Togliatti) ha sostituito per sempre la piazza fisica. E può darsi perfino che le urne di Grillo restino a loro volta vuote, nonostante le piazze piene. Ma se è così non si capisce perché né Monti, né Bersani, né Berlusconi non sfidino Grillo ad un confronto televisivo, invece di rincorrersi, con lo stesso zelo con cui Bertoldo cercava l’albero a cui impiccarsi, per confrontarsi fra loro tre. Ci sono ancora cinque giorni. E comunque non è mai troppo tardi, per usare il linguaggio della Tv degli anni ’60.