Nello stesso giorno (ieri 27 settembre), sullo stesso giornale (il Corriere della sera), un editoriale (di Giuseppe De Rita) e un’intervista (a Massimo D’Alema) fanno il punto, ciascuno a suo modo, dello stato in cui è la politica (la democrazia) in Italia. Coalizioni in cerca di scopo (il titolo dell’editoriale) ci viene a ricordare che le sigle che si stanno per contendere il voto dei siciliani (e poi l’anno prossimo quello di tutti gli italiani), per quanto numerose e in quanto tali diverse, non hanno ancora chiarito a che scopo esse si presentano (né, casomai nessuna raggiunga la maggioranza dei voti espressi e dei seggi) hanno finora indicato gli obiettivi per i quali potrebbero sostenere un governo di coalizione.

Massimo D’Alema, nella sua intervista, esprime i sentimenti e indica i motivi alla base delle sue più recenti scelte politiche: e quanto al prossimo governo, nella eventualità che dal voto del popolo sovrano non risulti un partito o una coalizione di maggioranza, si affida all’iniziativa del Presidente della Repubblica, che si renderebbe inevitabile e necessaria. Il fatto che lui stesso possa essere candidato da qualcuno nella sua terra, e risulti poi eletto, non cambierebbe nulla di questo scenario. Sicché il mandato popolare, o l’investitura elettorale, sono ambìti o subìti non per fare scelte e realizzare obiettivi concreti di governo (che si indicano e per i quali si chiede il voto), ma per conquistare un ruolo, uno status sul mercato politico.

De Rita ricorda la “profonda crisi della politica e della rappresentanza democratica” ed esprime dubbi circa il fatto che soluzioni come quelle che così si prospettano siano adeguate a governare “i processi sociali ed economici di lunga durata” con cui è alle prese il nostro Paese. D’Alema, che conferma così il suo realismo, di dubbi non ne ha punti.