Come noto, il duello Veltroni-D’Alema si è protratto per decenni. Il primo visto come più esterno rispetto all’apparato, il secondo come sua incarnazione. E da ciò è scaturita, per usare un’espressione in voga in questi giorni, una situazione di stallo, con avvicendamenti non forieri di vero cambiamento.
Da qui la preoccupazione che la “risorsa” Renzi possa essere concepita seguendo una logica simile. O, peggio, che possa essere vista come un’eventuale e improbabile soluzione “di destra” dell’impasse rispetto all’arroccamento dei “giovani turchi”. Risultato: la palla resterebbe “al centro” del partito.
No; occorrerebbe nel centrosinistra un confronto autentico, pieno, serrato di idee, culture, linguaggi, e anche di storie e tradizioni. In un quadro del genere il sindaco di Firenze avrebbe un ruolo rilevante, accanto, perché no?, a una figura come quella di Fabrizio Barca e ad altre. Insomma: il miglior modo per essere (eventualmente) renziani è di non dare nulla per scontato.
E in fondo in ciò è anche la lezione che possiamo trarre dal fenomeno Grillo: basta con la coazione a ripetere; basta con la riproposizione dei soliti copioni. Occorre appellarsi all’autenticità delle deliberazioni, delle scelte, del cambiamento, di ogni eventuale passaggio politico e culturale. Se vogliamo uscire dalle sabbie mobili dobbiamo rischiare, e preferire il dramma alla finzione.