Su La Stampa di sabato, 9 febbraio, in prima pagina il solito “buongiorno” di Gramellini coglie con la solita lucidità il nodo che si cela dietro l’episodio della precaria che ha insultato la figlia di Ichino perché ha un lavoro fisso.
La tragedia dell’Italia, egli sottolinea, è che anche coloro che per loro merito fanno carriera, sono comunque dei privilegiati avendo potuto partecipare ad una corsa dalla quale tanti, meritevoli o no, sono esclusi in partenza. Resta che la denuncia, nome e cognome, di uno di questi privilegiati che, comunque, a differenza di tanti altri ha lavorato bene e si è meritato il successo, emana, come scrive Gramellini, un certo “lezzo di fogna”. E peggio, giacché a p. 7, dello stesso numero della ‘Stampa’ si riporta una dichiarazione della suddetta precaria, Chiara Di Domenico, che non solo non ritratta, ma aggiungerebbe testualmente a proposito della Ichino: “non sono livorosa, ma se è tanto a posto con la coscienza non si capisce perché perde tanto tempo a giustificare, anche su Facebook la sua posizione lavorativa”.
E così la piccola o grossa intemperanza verbale, con il convinto abbraccio del segretario del PD, Bersani, diventa un episodio molto grave. Perché il ragionamento che ho citato testualmente è una variabile delle schema di fondo di ogni inquisitore, continuamente riproposto e in molteplici forme nella storia, nella varia ma sempre rinnovata aggressione alla libertà ed alla dignità individuale: “Se tu sei a posto con la coscienza, non devi preoccuparti di come noi indaghiamo su di te”.
Per questo mi aspettavo che nei giorni successivi, non la sprovveduta autrice delle dichiarazioni in questione, ma il segretario del PD, Bersani, che l’aveva pubblicamente abbracciata, dicesse qualcosa in nome di quei valori su cui si fonda quel poco che resta, anche in Italia, della nostra civiltà liberale.
E’ stata una mia illusione di uomo troppo sensibile, eppure questi ex comunisti, nel loro antifascismo di maniera dovrebbero ricordare come il nostro paese abbia conosciuto – e non solo nel ventennio fascista, ma anche in epoca più recente – il peso di parole che si trasformano in strumenti di morte e di persecuzione. E dovrebbero anche ricordare cosa abbia significato, in URSS, un’inquisizione in cui l’imputato era condannato per il fatto stesso che questa aveva avuto inizio. Tutto ciò non riguarda anche il PD? Nel dubbio penso proprio che non lo voterò.