Ricordo che il compianto Mario Miegge, dinanzi ai timori di una nuova Babele, non senza ironia ebbe a dire: abbiamo temuto tanto l’omologazione, ora impariamo ad apprezzare la diversità. E in effetti il fantasma dell’omologazione – parleremo tutti la stessa lingua, vestiremo allo stesso modo, vedremo in tv gli stessi programmi e così via – si è aggirato nel mondo per anni. Ora scopriamo che il villaggio globale è colmo di particolarità e differenze, e al cospetto di vicende come quella ucraina, caratterizzate da un guazzabuglio di spinte di ogni tipo, ci sentiamo più che mai disorientati.
Il fatto è che a lungo abbiamo letto gli eventi con lenti ideologiche: Est e Ovest, Nord e Sud, ad esempio. Se di lenti deformanti si trattava, come sostituirle? Lasciando agli “esperti” la comprensione di faccende per noi eccessivamente complesse? Già; ma non pochi “specialisti” ci mettono in guardia rispetto al “pensiero unico” o alle interpretazioni “mainstream”.
E dunque? Forse abbiamo sostituito una rappresentazione del reale troppo stilizzata (quella “ideologica”) con una troppo “asettica” e insipida: due diverse maniere per non sforzarci tanto. Insomma: è come se non riuscissimo a trovare la via di mezzo, il giusto equilibrio. E invece proprio di questo avremmo bisogno: di coordinate, di boe per orientarci, di organizzatori concettuali volti a chiarire senza banalizzare.
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