Il ministro Alfano teme che l’introduzione del reato di tortura pregiudichi l’efficienza delle forze dell’ordine nella lotta al terrorismo. A Nizza, per la verità, non ci sarebbe stato bisogno di torturare nessuno per bloccare un camion in divieto di sosta per nove ore, o per impedirgli di andare a “vendere gelati” (quante tonnellate?) sulla Promenade des Anglais. Né d’altra parte l’Egitto e la Turchia – paesi in cui si può presumere che la polizia abbia meno vincoli che da noi – nell’ultimo anno hanno potuto evitare sanguinosi attentati.
Alfano teme future “interpretazioni giurisprudenziali” delle norme ora in discussione al Senato. Non si preoccupi. La Corte d’Appello di Roma ha appena confermato, e per l’ennesima volta, che all’ospedale Pertini Stefano Cucchi si è suicidato, dopo aver messo in opera numerosi episodi di autolesionismo in carcere, in camera di sicurezza, e forse anche nell’aula giudiziaria in cui nessun magistrato si accorse delle sue condizioni.
Stia quindi sereno, Alfano. E se proprio deve preoccuparsi, lo faccia perché la Polizia non comunica con la Procura antiterrorismo. Magari senza temere le rimostranze dei sindacati dei poliziotti.
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