All’età di 97 anni è morto Albert Otto Hirschman, nato a Berlino nel 1915; con lui, economista, scompare un grande “incursore” nel dominio di discipline diverse, quali economia, filosofia, storia, sociologia e scienze politiche, noncurante delle critiche degli specialisti delle astrazioni logico-formali che hanno trasformato l’economia in un’ancella della matematica, allontanandola progressivamente dalla realtà fattuale che, per finalità pragmatiche, avrebbe dovuto descrivere e spiegare. L’interdisciplinarietà scientifica, congiuntamente all’impegno civile, ha reso coinvolgente e appassionante la personalità eclettica di Hirschman.
Di particolare interesse, soprattutto per l’Italia, è un suo articolo (“Ascesa e declino dell’economia dello sviluppo”, pubblicato nel 1981 su Rassegna Italiana di sociologia), col quale l’economista tedesco ha contribuito alla conoscenza dei problemi relativi alle aree o regioni arretrate; per Hirschman, i costruttori dei modelli per il superamento dell’arretratezza economica e sociale hanno di solito accolto l’ipotesi dell’”industrializzazione ritardata”. Tale ipotesi ha comportato la riproposizione, all’interno delle aree o regioni arretrate, dei comportamenti pubblici e delle strutture produttive propri delle aree o regioni avanzate. Implicita a tale ipotesi era l’idea che per promuovere un processo di crescita e sviluppo bastasse immettere forzatamente del capitale nella loro struttura produttiva stazionaria, col conseguente adeguamento a questa forzata immissione di tutte le altre variabili rilevanti sul piano economico (quali il mercato del lavoro, la tecnologia e l’imprenditorialità), ma nella più assoluta ignoranza delle variabili rilevanti sul piano sociale (quali i sistemi valoriali condivisi strutturalmente connessi allo stato di arretratezza).
In tal modo, il capitale è stato assunto come unica variabile indipendente strategica, associando alla sua immissione dall’esterno nelle aree o regioni arretrate un’azione di politica pubblica volta alla creazione di “economie esterne”, di tipo reale (infrastrutture) o di tipo finanziario (incentivi monetari), considerate i “motori” portanti delle crescita e dello sviluppo. La logica implicita ai modelli costruiti sulla base dell’ipotesi della industrializzazione ritardata implicava che la produttività degli investimenti di origine esogena dovesse essere compatibile unicamente con le valutazioni di agenti esterni alle aree o regioni arretrate “incaricati” di gestire l’impiego del capitale immesso. L’esperienza del prolungato ritardo sulla via della crescita e dello sviluppo maturata con l’attuazione di politiche pubbliche derivate da tali modelli si è trasformata nei segni evidenti di una prolungata impotenza; questo stato di cose ha teso a tradursi, secondo Hirschman, nel peggiore degli esiti negativi, in quanto la mancata creazione di una consapevolezza culturale, politica ed economica cumulativa in condizioni di autonomia decisionale negli agenti indigeni ha reso alta la probabilità che sulle aree o regioni arretrate pesasse il rischio, come l’esperienza nel Mezzogiorno italiano sta a dimostrare, di una crescita contenuta. Nei limiti in cui ciò è accaduto, le aree o regioni arretrate si sono ridotte a svolgere prevalentemente un’attività di protesta nei confronti dell’esterno, tanto “querula” quanto improduttiva, frustrando spesso l’impegno finalizzato a rimuovere i ritardi accumulati.
L’attivismo esistenziale di Hirschman coinvolge anche l’Italia, non solo sul piano scientifico, ma anche, sia pure indirettamente, su quello politico. Da quest’ultimo punto di vista, è degno d’essere ricordato che l’economista scomparso ha profuso una dedizione totale alla difesa della libertà individuale e dei popoli. Dall’inizio degli anni Trenta, egli ha partecipato a tutte le guerre antifasciste, prima contro i franchismi spagnoli e, successivamente, dopo aver prestato soccorso ed aiuto ai profughi che scampavano alle persecuzioni del nazismo, ha combattuto durante il secondo conflitto mondiale contro le armate naziste dilaganti in tutta Europa.
Nell’estate del 1933, durante il suo soggiorno in Francia, Hirschman è stato raggiunto dalla sorella Ursula; entrambi si sono stabiliti a Parigi, dove hanno incontrato l’antifascista militante Eugenio Colorni. Nel 1935, gli Hirschman si sono trasferiti a Trieste, dove Ursula ha sposato Colorni e partecipato col marito all’opposizione clandestina al fascismo. Quando, nel 1939, Colorni è stato mandato al confino a Ventotene, Ursula lo ha seguito; al confino hanno avviano uno stretto sodalizio con Altiero Spinelli, collaborando alla stesura del famoso Manifesto di Ventotene. Ursula, non essendo oggetto di provvedimenti restrittivi come gli altri, ha potuto rientrare sulla terraferma e diffondere il Manifesto. Nel 1944, alla morte di Eugenio Colorni, evaso da Ventotene, per mano della famigerata Banda Coch, Altiero ne ha sposato la moglie Ursula e adottato la figlia Eva; costei, nel 1962, in prime nozze, ha sposato Giorgio La Malfa e nel 1973, in seconde nozze, Amartya Sen. Ursula e Altiero hanno avuto altre figlie, tra le quali Barbara, nota giornalista.
In virtù delle nozze della nipote con il premio Nobel indiano, Hirschman si è legato così a Sen tramite un rapporto parentale che “passava” attraverso la famiglia Colorni. In tal modo, questo rapporto ha portato lo spirito libertario di Hirschman a collegarsi idealmente alla passione civile con cui il marito di una sua nipote è impegnato da sempre a migliorare l’esistenzialità degli individui e dei popoli più deboli, così come Hirschman si era impegnato, negli anni cruciali della Resistenza europea, contro ogni forma di tirannia.
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