Ogni tanto le agenzie di rating sottopongono l’Italia e gli altri paesi dai debiti sovrani più a rischio a una doccia scozzese con le loro valutazioni sulla capacità di tali paesi di onorare i loro debiti. Le agenzie sono società che assegnano una valutazione (rating) riguardante la solidità e la solvibilità di un’istituzione emittente titoli di debito sul mercato finanziario. I rating sono dei “voti” rappresentati su una scala predeterminata, generalmente espressa in lettere o altri simboli. Esistono molte agenzie di valutazione, ma le più conosciute e influenti sono la Standard & Poor’s, Moody’s Investor Service e Fitch Ratings.
Queste società, da alcuni decenni, hanno assunto un ruolo di “giudici” inappellabili nel valutare le dinamiche e l’evoluzione dei mercati finanziari: nate come istituzioni specializzate nel fornire giudizi sul rischio dei titoli di debito a supporto delle decisioni degli investitori, nella seconda metà del XX secolo si sono ritrovate ad esercitare una funzione quasi regolamentare, concorrendo a determinare con i propri giudizi non solo la rimunerazione che un emittente deve corrispondere per la collocazione dei propri titoli, ma anche la regolazione cui tale emittente e i suoi titoli devono esser sottoposti.
Il potere delle agenzie ha creato una situazione singolare; esse esercitano una funzione integrativa della regolazione dei mercati finanziari, senza essere a loro volta destinatarie di una normativa che ne disciplini l’attività e i servizi resi. Il risultato di questa anomalia è stato la creazione di un mercato del rating controllato dalle tre grandi agenzie che hanno acquisito un riconoscimento tale, da parte di quasi tutte le istituzioni finanziarie pubbliche e private, che ha loro consentito di erigere una barriera ad eventuali “nuovi ingressi”, consolidando così un monopolio quasi assoluto del rating. Gli investitori presenti sui mercati si affidano infatti ai giudizi emessi da quelle agenzie che da tempo sono affermate e riconosciute per decidere quali titoli comprare e in che misura, a seconda della predisposizione al rischio dei soggetti investitori. Ma è con riferimento ai giudizi formulati sugli Stati indebitati che l’attività delle agenzie ha sollevato critiche e reazioni.
Esse sono criticate dagli analisti finanziari per la non piena affidabilità delle loro analisi, in quanto società private non esenti da conflitti di interesse col resto del mercato. Di recente, gli economisti della Bce hanno esaminato 38.753 valutazioni date a quelle che, in base al rating, sono state tra il 1990 e il 2011 le 369 migliori banche. Successivamente hanno confrontato questi dati con i primi 200 posti della classifica di 1.189 soggetti emettitori di derivati, rappresentanti il 90 per cento del valore complessivo delle “salsicce taroccate” collocate sul mercato. E’ risultato che 53 istituti di credito erano presenti in entrambe le liste, e che solo 10 di queste rappresentavano più del 50 per cento del valore complessivo dei derivati emessi.
Dall’analisi degli economisti della Bce le agenzie di rating sono risultate quindi tutt’altro che “regolatori e guardiani” del mercato libero e concorrenziale, confermando il sospetto che esse siano in gran parte responsabili della crisi che ha coinvolto il mondo economicamente più maturo, ed il cui prolungarsi ha indebolito la fiducia tradizionalmente riposta sulla loro attività, in quanto dopo l’esperienza dei mutui subprime americani (cui si è aggiunta l’esperienza connessa ad un valutazione positiva fornita nei confronti dell’istituto di credito Lehman&Brothers appena una settimana prima del suo fallimento) hanno continuato a formulare valutazioni sospettate d’essere di parte.
Questo stato di cose ha indotto i responsabili delle istituzioni pubbliche economiche di molti paesi a ritenere che i voti delle agenzie risentono di un conflitto d’interesse che è problematico regolare. Innanzitutto esiste un chiaro conflitto riguardante gli incentivi: se da un lato l’istituzione emittente il titolo paga per il rating e può cercare di ottenere il miglior rating possibile, dall’altro lato l’agenzia può essere propensa a ricompensarlo in termini di rating più elevato di quello effettivo. Esiste inoltre anche un conflitto di interesse riguardante i consigli sugli investimenti: un’agenzia, infatti, può in un primo momento dare consigli all’emittente su come strutturare un titolo di debito perché possa ripercuotersi positivamente sul suo rating, e in seguito formulare un rating che confermi i propri consigli, raddoppiando così i guadagni. Stime recenti affermano che nel 2006 il 44 per cento dei guadagni di Moody’s è stato originato da questo tipo di attività.
I conflitti di interesse generano ovviamente “distorsioni della competizione”, e allo stesso tempo alimentano l’azzardo morale, cioè l’opportunismo degli operatori finanziari (soprattutto banche) che si assumono alti rischi quando comprano titoli pubblici degli Stati più indebitati, sapendo di essere garantiti in ultima istanza dai contribuente di questi Stati. Da tempo, perciò, le tre agenzie di rating più note sono accusate di mettere costantemente a rischio l’economia mondiale, assegnando voti poco chiari e bocciature a Stati e imprese.
Occorre imparare a vivere senza le agenzie di rating, o quanto meno imparare a fare meno affidamento sui loro giudizi: è questa un’affermazione che il presidente della Bce, Mario Draghi, ha pubblicamente formulato contro il fatto che le “tre sorelle” bocciano di continuo la credibilità di buona parte dei paesi europei, tra i quali l’Italia, più esposti sui mercati finanziari.
Ma, proprio per vivere finalmente affrancati dalle agenzie, perché non tener conto di quanto lo stesso presidente della Bce ha avuto modo di affermare in una sua successiva esternazione? In quell’occasione Draghi ha annunciato che la Bce è riuscita ad affrancarsi dai giudizi formulati dalla Standard & Poor’s, da Moody’s Investor Service e da Fitch Ratings organizzando all’interno dell’istituzione da lui diretta un servizio specifico per la formulazione di giudizi autonomi sull’andamento dei mercati finanziari e sulle prospettive di affidabilità dei debitori. Non può questo servizio essere organizzato anche presso ciò che resta delle vecchie banche di emissione nazionali? Se ciò accadesse si potrebbe finalmente recitare un sentito de profundis per le tre sorelle.
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