Evoco il caso della ragazza 14enne di Bologna che rifiuta il velo per una riflessione più generale. Negli anni ’60 e ’70 non pochi, a sinistra, consideravano questioni come il divorzio estranee ai problemi dei lavoratori. Eppure oggi il nome del socialista Loris Fortuna resta indissolubilmente legato alla legge che consente e regola il divorzio e alla vittoria referendaria del 1974, da tutti ritenuta un vero spartiacque nella storia politica italiana.

Ecco: dinanzi alla vicenda della famiglia emiliana, originaria del Bangladesh, che pare che imponesse (più in nome della tradizione che della fede religiosa in senso stretto) alla ragazza il velo e uno stile di vita “non occidentale”, si può provare un senso di lontananza. O magari ci si può sentire emotivamente partecipi (memori forse delle famiglie autoritarie di un tempo), senza tuttavia coglierne appieno i risvolti e la politicità. Sì, perché in ballo troviamo la possibilità per le varie comunità etniche o religiose di coltivare la propria cultura, e nel contempo le libertà e i diritti del singolo. Un esempio delle nuove sfide che attendono coloro che hanno a cuore le ragioni del rispetto e della differenza. Come raggiungere un equilibrio tale da garantire differenza e rispetto sia agli individui, sia ai gruppi? E ancora: come far sì che la comunità offra delle chance piuttosto che restringere le opportunità e i margini di libertà delle persone?