Per chi è cresciuto a Milano essere stato un “pariniano” garantisce quarti di nobiltà (con buona pace dei “carducciani”, fra i quali pure non mancano illustri ex allievi). Ho avuto quindi uno scatto d’orgoglio quando ho appreso, dalla “Repubblica” dell’altro ieri, che nel mio liceo ci saranno “corsi scelti dai ragazzi”, sotto forma di approfondimenti monografici e di altre articolazioni di un’offerta formativa altrimenti sempre uguale a se stessa.

Per carità: il giornale di Ezio Mauro definisce l’esperimento “la svolta americana”, pur di non fare riferimento all’esecrata “buona scuola”: ma di quello si tratta, magari all’insaputa di qualcuno dei promotori, che nei mesi scorsi non avrà mancato di manifestare contro Renzi e la Giannini.

Non so se il professor Soddu, che attualmente dirige il liceo, sia un “preside manager” o un “preside sceriffo”. So solo che ai miei tempi il suo predecessore, dovendo celebrare il primo centenario dell’Unità d’Italia, fece fatica a districarsi fra le rigide competenze disciplinari e le varie inclinazioni politiche: per cui alla fine ci fece burocraticamente infliggere una lezione frontale dal meno compromettente fra i docenti di storia in organico, mancando l’occasione per una riflessione collettiva sull’identità nazionale: magari animata – quindici anni dopo la fine della guerra civile – dal confronto con gli altri tre docenti di storia in organico (un fascista non epurato, la vedova di un antifascista ucciso in carcere ed un mite socialdemocratico). Ma il professor Garavoglia non era né un manager, né uno sceriffo: era solo un onesto funzionario attento a non violare leggi, regolamenti e prerogative.

Ora invece c’è “la svolta americana”. E benvenuta sia, come fu benvenuto il piano Marshall per modernizzare un paese ancora ingessato dai protezionismi e dalle corporazioni.