Sulle cosiddette ‘pensioni d’oro’ è intervenuta ancora una volta la Consulta per sancire che le pensioni, anche quelle cosiddette ‘d’oro’, non si possono toccare retroattivamente. Secondo la Consulta, infatti, è incostituzionale qualsiasi prelievo fiscale sugli assegni previdenziali, nemmeno se questi superano i 90mila euro lordi, come prevedeva un comma del decreto legge 98 del 2011, perché costituisce “un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini”.
A pensarla diversamente sembra ci sia il costituzionalista Michele Ainis come ha scritto in un fondo del Corriere della Sera del 13 giugno.
Su questo tema la penso diversamente da Ainis, sia per ragioni ‘tecniche’ sia politiche e glie l’ho scritto in una lettera che vi trascrivo di seguito.

Egregio prof. Ainis,

ho letto quanto ha scritto sul Corriere della Sera di oggi e mi pare di capire che, a fronte delle contestazione della Corte Costituzionale e delle necessità del Governo di reperire risorse ulteriori, lei proponga di applicare l’eventuale nuova tassa a tutte le cosiddette ‘pensioni d’oro’ e non soltanto a quelle degli statali.
Questo suo suggerimento non mi trova d’accordo. Difatti ritengo che esista già l’Irpef per tassare in maniera proporzionale tutti i redditi delle persone fisiche mentre l’eventuale tassa  sulle ‘pensioni d’oro’ si assommerebbe all’imposizione fiscale esistente. Insomma i pensionati ‘ricchi’ – che com’è noto costituiscono, tutti, una categoria che ha ben pochi strumenti per difendersi – diventerebbero ‘speciali’, iper tassati solo in quanto non più lavoratori attivi.
Mi permetto di osservare che in questo modo credo che si violerebbero gli art. 3 e 53 della Carta, ma soprattutto si aggiungerebbe, per chi può permetterselo, un buon incentivo alla costituzione di forme assicurative private, togliendo risorse all’Inps e così, di fatto, indebolendo uno dei pilastri dello stato sociale (senza peraltro risolvere, per l’esiguità della somma complessiva, se non in infima parte i problemi di bilancio del governo).
Infine vorrei comprendere per quale ragione delle persone che per capacità (o fortuna) hanno nella loro vita avuto un reddito alto, e dunque hanno versato più contributi di altri, debbano alla fine della loro vita essere considerati non solo dei privilegiati, ma addirittura una sorta di dissipatori di risorse pubbliche, quasi fosse una colpa l’aver lavorato meglio e più di altri. Insomma una sorta di pena del contrappasso a danno della meritocrazia.
Certo vi saranno delle situazioni particolari, ma credo comunque frutto di regole che lo Stato ha imposto e a cui quei cittadini (e tanti evasori no) si sono semplicemente attenuti. Possiamo cambiare le regole per il futuro, ma per il passato … significa indebolire ulteriormente la credibilità di un contratto sociale che nel nostro Paese non è mai stato granché robusto.

Con stima,
Carlo Correr

 PS: sono pensionato, ma non ho la fortuna di godere di una pensione d’oro.”

Ainis mi ha risposto ringraziandomi delle ‘osservazioni’. Sul tema è intervenuto anche Pierluigi Franz, pubblicato nelle lettere del Corsera, per chi vuole può trovare la sua lettera qui.