Quando ero giovane, il primo maggio non viaggiavano neanche i tram. Alle manifestazioni ci si andava a piedi. E ci si andava volentieri. Innanzitutto perché in famiglia avevamo appreso che non sempre il primo maggio si era potuto festeggiare liberamente. Ma anche perchè allora le manifestazioni c’erano.
Poi venne il Concertone. Inizialmente un modo per salvare a buon prezzo quell’unità sindacale che era andata in frantumi negli anni ’80. Poi per andare incontro (sempre a buon prezzo) a quegli stessi giovani ai quali il sindacato in sede propria non sapeva dare risposte. Infine per inerzia, e perché (business is business) non sempre si ha l’occasione di disporre, ancora a buon prezzo, di una piazza non solo mediatica per lanciare la carriera di qualche rockstar e consolidare la fama di qualche band.
Niente di male, signora mia. Si è secolarizzata perfino la Chiesa, figuriamoci se i sindacati devono dire ancora la messa in latino. Ma allora facessero a meno di ricordarsi della sacralità di una data solo per ostacolare la grande distribuzione e rimpinguare di straordinari il pubblico impiego. E trovassero una data (una qualsiasi) per fare una volta all’anno un bilancio delle politiche del lavoro.