Non è certamente mia intenzione dispensare patenti di ortodossia di alcun tipo. Non soltanto non sono nessuno per farlo; sarebbe, soprattutto, quanto di meno consono per chi cerca di far propri, nel ragionare di politica, atteggiamenti empirici. Credo, però, che pensare di mettere insieme cose che insieme non possono stare, perché profondamente diverse per storia, cultura politica, metodologie, sia, secondo il lato da cui si guarda, trasversalismo, o, dall’altro, segno di confusione, di ingenuità od opportunismo.
Recentemente, Matteo Renzi ha ventilato che il suo PD, qualora dovesse guidarlo, sarebbe nell’Internazionale socialista. Con questa dichiarazione, si legge nel documento dei “Socialisti per Renzi”, il sindaco di Firenze, che rappresenta “un’idea d’innovazione e una speranza per l’Italia”, si è spinto “dove mai avevano osato altri leader democratici, da Massimo D’Alema a Walter Veltroni, fino a Pierluigi Bersani”. Eppure, non appena si guardi alla storia di Renzi, di (specchiata) estrazione democristiana, abilmente mediatico quando non dalla contraddizione facile, e per lo più interno al modello culturale neoliberista, è impossibile non rilevare che con le premesse, le prassi e le idee del socialismo e del socialismo liberale esiste scarsa compatibilità. Renzi porterebbe, nel migliore dei casi, il PD nel socialismo nominalmente, ma il socialismo nel PD di Renzi potrebbe solo annullarsi di fatto, in continuità con la storia e la linea prevalente del Partito Democratico. Dubito che sarebbe destinato a un luminoso avvenire un socialismo, o una sua componente, che si illudesse di trarre vantaggio da una contaminazione con il renzismo perché dei due elementi quest’ultimo è quello più duttile e plastico, capace di assorbire ciò che è altro da sé. Viene in mente, e non a caso, quel Tony Blair che Renzi ha indicato come riferimento, dal quale dovremmo aver imparato che nella dottrina dell’avvenuto superamento delle distinzioni ideologiche non si annulla la differenza tra Destra e Sinistra, come pretendono i suoi vari profeti, ma solo la Sinistra.
Se il socialismo, comunque inteso e declinato, deve segnare un’inversione di tendenza e un’alternativa rispetto alle politiche economiche e sociali dominanti, a livello sia nazionale che europeo, questo può avvenire soltanto all’insegna di un riformismo radicale nelle finalità, lungimirante nelle ambizioni ed empirico nei metodi. Renzi, invece, è una scelta di conservazione. Un socialismo per Renzi mi sembra un ossimoro. Vantaggioso per Renzi e molto dannoso per il socialismo. Che, in ogni caso, non dovrebbe mai essere “per qualcuno”. Di personalismo in politica ne abbiamo avuto già abbastanza. Sarebbe davvero il caso di congedarlo una volta per tutte e mettere al centro obiettivi e metodi.