Il governo che si costituirà sotto la regia di Giorgio Napolitano, rieletto al Colle, sarà orientato dalle indicazioni programmatiche dei “saggi” indicati qualche settimana fa dal Presidente della Repubblica. Ma c’è da osservare che nella parte economica di questo scritto sono quasi del tutto assenti le ricette per il Mezzogiorno.
Nell’attuale scenario socio-economico, segnato dalla diffusione delle povertà, dalla scomparsa del lavoro e della produzione, dalla drammatica perdita del potere d’acquisto, il Sud rappresenta una crisi nella crisi. Certo, il Meridione, a livello di sistema, non è riuscito ad accorciare il divario con le aree sviluppate del Nord Italia e dell’Europa. La mancanza addirittura di acqua in tante province meridionali ed i rifiuti in Campania e in molte altre realtà del Sud sono la scandalosa, empirica, prova dell’esistenza di una questione meridionale ancora lontana dall’essere risolta.
Ma c’è di più. Il problema del Mezzogiorno d’Italia si ripropone oggi a livello europeo, giacché l’integrazione economica e l’allargamento ad Est dei confini dell’Unione sollevano, nella sostanza, le questioni che sempre emergono in simili situazioni storiche. La questione meridionale, dunque, continua purtroppo ad essere viva: ma senza equivocare sul reale significato che, da Giustino Fortunato in poi, essa ha avuto, assimilandola ad un rivendicazionismo straccione e scomposto, con una revisione storiografica ingiustificata e strumentale che porta ad esaltare quella tradizione politica meridionale che, da Masaniello al sanfedismo sino al comandante Achille  Lauro, identifica con il Sud la nostra peggiore tradizione politica, quella plebea, populista e paternalista.
Invece una nuova battaglia per il Mezzogiorno dovrà, necessariamente, sfidare le logiche di una politica fatta di pessima pubblica amministrazione, sprechi e clientele, corruttele e intrecci  con la criminalità organizzata, ritardi nella realizzazione di opere infrastrutturali strategiche, un sistema creditizio autoreferenziale e non al servizio delle imprese e dei cittadini.
Un rigoroso meridionalismo, quindi, la cui cultura è diversa e distinta dal vecchio “sudismo”, sostanzialmente fondato su nostalgie borboniche, sovente di stampo sanfedista e reazionario. Una forza politica ispirata alla grande cultura di meridionalisti autentici e attuali come Gaetano Salvemini, Francesco Saverio Nitti, Pasquale Saraceno, Rodolfo Morandi, Guido Dorso e Francesco Compagna, che hanno sempre interpretato il tema del Mezzogiorno in chiave nazionale ed europea e mai di cesura localistica.
E a ben vedere la scommessa per rilanciare l’impegno per il Sud è proprio quella di nuove élites politiche, che segnino una profonda discontinuità con un passato fatto di patronage elettorali e clientele e che faccia del rigore e della competenza le stelle polari: alternativa anche alla “non-politica” del grillismo. Su questa scommessa è possibile anche creare le condizioni per un ritrovato dialogo, politico e culturale, tra le forze del socialismo riformista e quelle laiche, liberali, radicali.