Agli inizi del ventesimo secolo alcuni logici tedeschi discutevano animatamente di oggetti impossibili, che sussistono (Sosein) ma non esistono (Sein). Del quadrato rotondo, ad esempio, si diceva che fosse certamente sia quadrato sia rotondo, quantunque esso non esista. Seduto nel suo studio di Trinity College, Cambridge, Bertrand Russell non si fece trarre in inganno dalla terminologia sofisticata e, come Bartleby, disse che avrebbe preferito di no. Se il quadrato rotondo non esiste, neppure si può dire che sussista. Leggendo i giornali si ha la sensazione che “la candidatura di Mario Monti” sia come il “quadrato rotondo”. Anche in questo caso non sono mancate alcune voci che hanno fatto notare, con solido realismo, che l’oggetto in questione è impossibile. L’ha fatto, per esempio, il Presidente della Repubblica, ricordando che un senatore a vita non può candidarsi, perché fa già parte (a vita, per l’appunto) di una delle camere. Purtroppo, come è noto, il dibattito politico non ha una relazione facile con la realtà, e in Italia tale relazione è anche più tormentata che in molti paesi occidentali. Quindi della candidatura di Monti si continua a parlare.

Qualcuno potrebbe dire che è opportuno che se ne parli, perché finché Monti rimane un senatore a vita, nominato quindi dal Presidente della Repubblica, egli non avrà quella legittimità politica che solo il voto popolare potrebbe conferirgli. Un’obiezione cui sarebbe persino troppo facile rispondere ricordando che la nostra costituzione, e anche quelle di altri paesi democratici, prevedono diverse cariche e istituzioni la cui legittimità non dipende direttamente da un voto popolare. Anche lo stesso Presidente della Repubblica, non è eletto dal popolo, eppure nessuno (quasi) ne contesta la legittimità. Oltretutto, i sostenitori dell’idea che Monti dovrebbe “candidarsi” sottovalutano probabilmente il tempo che ci vorrebbe per individuare una procedura costituzionalmente accettabile per farlo. Casi del genere si sono verificati per membri della House of Lords nel Regno Unito, dando luogo a complesse controversie giudiziarie. La più nota è quella che vide coinvolto Tony Benn, un leader dell’ala più radicale del Labour, che pretendeva di rinunciare al suo titolo nobiliare per poter presentare la propria candidatura ai comuni.Potrei sbagliarmi, ma credo che le dimissioni di un senatore a vita non avrebbero precedenti e non sarebbero nemmeno previste. Presumibilmente perché la carica venne concepita per persone (nominate o di diritto, come gli ex Presidenti della Repubblica) piuttosto anziane. Certo la nomina di Monti da parte di Napolitano è stata anomala. Ma sono sicuro che nessuno dei due l’abbia intesa come una soluzione provvisoria. L’idea era di mettere Monti in condizione di avere un ruolo politico senza doversi candidare e essere eletto.

Un’alternativa di cui si parla in queste ore è quella di un endorsement da parte di Monti a una lista che si riconosca nella sua leadership politica senza che per questo lui debba candidarsi. In questo caso non ci sarebbero ostacoli legali. Tuttavia, ce ne sono, e di non trascurabili, sul piano politico. Ve lo immaginate Monti a fare un dibattito televisivo con Berlusconi, Bersani e chissà chi altro? Io francamente no. Fino a ora il Presidente del Consiglio uscente ci ha offerto performance più che dignitose nel corso di interviste formali da parte di interlocutori rispettosi del suo ruolo istituzionale e della sua autorevolezza personale. In campagna elettorale le cose non funzionano in questo modo, e ci sono ottime ragioni per pensare che questa non sarà una campagna facile. Inoltre, Monti, come mostrano le sue dichiarazioni pubbliche, i suoi scritti e le sue interviste, non ha un rapporto facile con la politica. Ne parla costantemente come qualcosa di diverso dal lavoro che lui e i suoi ministri tecnici avrebbero svolto in questi mesi. Si potrebbe dire – e io ne sono convinto – che si tratta solo di un espediente retorico. Che peraltro aiuta forse Monti, ma non aiuta la politica italiana a recuperare la dignità di cui ha bisogno. Ma le cose stanno in questo modo, e non mi pare che sia probabile che cambino nell’immediato futuro. Lasciando da parte l’altra ipotesi fatta in queste ore, quella di una lista “agenda Monti” che Monti non autorizza e non sconfessa, che ci farebbe ridere dietro il mondo, la soluzione migliore è quella indicata con la consueta lucidità da Napolitano: che Monti attenda sereno il risultato elettorale nel suo studio a Palazzo Giustiniani, dove il vincitore non potrà fare a meno di andare a cercarlo.