C’è un effetto di spaesamento nello sfogliare i giornali di questi giorni, che alternano servizi sulla sospensione di Schengen e servizi sulla stepchild adoption: come se in Europa, nel momento stesso in cui si rivaluta il ruolo del limes (del confine), si tendesse ad ignorare quello dei limina, cioè dei limiti entro i quali si possono esercitare i diritti individuali, ed anche affermare i propri principi.
Mi sono già permesso di parlarne qui, ed Ugo Intini ha ripreso il tema nel numero della rivista in distribuzione: mentre Ernesto Galli della Loggia ha fatto cenno al tema nell’intervento pubblicato nell’ultimo numero dell’anno scorso.
Resta da dire che, se l’Europa pensa di difendersi chiudendosi all’esterno e godendosela all’interno, finirà inevitabilmente per entropia: magari determinata dalla collisione fra i diritti dei tassisti parigini che mettono a ferro e fuoco la città per non avere concorrenti e i diritti dei cittadini che vogliono andare a sentire un concerto al Bataclan senza temere (almeno) per roghi e blocchi stradali.
Sull’entropia, non sottovaluterei anche la contraddizione dei salvinisti che difendono le baccanti notturne di Colonia o i nudi dei Musei capitolini, solo in odio al buonismo post-veltroniano. Quanto meno, giustapporrei i loro argomenti pelosi di “difesa del nostro modo di essere” e della nostra cultura, con le affermazioni pronunciate dai medesimi in senato durante la controversa ratifica della convenzione di Istanbul contro il femminicidio.
E poi concluderei con la relazione al Re sul codice penale del 1930, dove Rocco/Manzini spiegavano che nel concetto di pudore non rientravano i nudi artistici.