Non ero mai andato alla Leopolda.
Ci sono andato solo ieri pomeriggio.
Sono stato francamente impressionato per la presenza di massa di giovani di tutta Italia, soprattutto tra i 25 e 35.
Molto preparati e vivaci a cominciare da quelli che facevano le domande in gruppo.
Quasi tutti universitari o laureati, con una forte propensione all’intervento in pubblico e una cultura consolidata di sinistra liberale.
Indistinguibili le provenienze familiari, le culture originarie, la linea di frattura per appartenenza religiosa.
Se parlassimo loro di queste cose, per loro irrilevanti, sarebbe come parlare di Jurassik Park.
Da questo punto di vista l’attuale configurazione dei sindacati che risale alla Guerra Fredda mi sembra che per loro rientri in questa categoria.
Insomma ho visto lì un’impressione di vitalità che non vedo in altri luoghi sociali, anche in quelli più meritevoli.
Sembra l’opposto degli anni ’80 quando molti di noi preferirono l’associazionismo anziché la morta gora dei partiti…
Democrazia vuol dire partecipazione dei cittadini e i partiti sono il veicolo per il consenso e non la “morta gora”. Forse in tutti quelli che giudicano i partiti una “morta gora” c’è la nostalgia del partito unico catto-fascio-comunista altro che liberale come vogliono farci credere.
Andræa Masca
Chi non conosce il passato è destinato a ripetere uno per uno tutti gli errori dei suoi predecessori, vero. però bisogna dire che la classe dirigente degli ultimi 20 anni non ha poi tanto da insegnare (fallimenti a parte). la sua consulenza non è affatto indispensabile.
Ghino Di Tacco
Una cosa e’ la classe dirigente degli ultimi venti anni, tra cui renzi ne e’ parte unitamente ed integralmente alla sua bella famigliola. ve li raccomando. altra e’ la storia degli anni 5o/60/70 fino agli anni 80. su cui questo bamboccio e i suoi simili sputono cazzate. molti di questi giovani se lo stanno permettendo grazie a quella generazio ne un po’ di decenza, prego.
Mario Timossi
Sai, a me piacerebbe chiedere a questi giovani rottamatori che disdegnano il passato e il posto fisso e di cui sono ” Indistinguibili le provenienze familiari, le culture originarie, la linea di frattura per appartenenza religiosa.Se parlassimo loro di queste cose, per loro irrilevanti, sarebbe come parlare di Jurassik Park” , come hanno fatto a prendersi la loro bella laurea e permettersi di passare un weekend in compagnia del nuovo Messia. Probabilmente per merito del paparino che ha li finanziati proprio attraverso quel posto fisso e quella provenienza familiare che per loro sono come Jurassic Park. Mi sembra che costoro non solo non conoscano la storia del loro Paese ma la rinneghino , con una disinvoltura che mi ricorda quella della “Milano da bere” di pessima memoria
Alessandro Cervetti
A me piacerebbe chiedere a chi ha votato il m5s che cosa ne pensa delle parole del capocomico in un pubblico comizio: «La mafia aveva una sua morale ma è stata corrotta dalla finanza». E poi mi piacerebbe sapere che ne pensano della colpevole distrazione della giunta Pizzarotti. A reggio si sono accorti di che cosa è il m5s. Non a caso ha ottenuto il 2,5%. Di fronte a questa deriva culturale caro Enzo Bistolfi parlare di auto celebrazione con riferimento alla Leopolda vuol dire vivere in un altro pianeta o mancare totalmente di autonomia.
Scusa Mario Timossi ma quando tu scrivi:”Probabilmente per merito del paparino che ha li finanziati proprio attraverso quel posto fisso e quella provenienza familiare che per loro sono come Jurassic Park”, ma che cacchioooo ne sai???? Perché questo astio? Ho ascoltato giovani imprenditori,lavoratori autonomi che la laurea non l’hanno presa ma che erano molto esperti, e poi non si può sapere come si sono pagati gli studi coloro che hanno acquisito titoli avanzati. Ed infine: anche se si fossero fatti pagare gli studi da genitori col posto fisso (magari qualcuno era anche lavoratore autonomo,mah…) debbono stare zitti ed accettare un diritto del lavoro sbagliato oppure far finta di nulla e sperticarsi in lodi per un modello che non è più sostenibile???
Ma come fai a sapere se conoscono la storia? Perché tutto questo qualunquismo?
Mario Timossi
Vedi, sei talmente accecato dall’ideologia che leggi solo quello che è confacente al tuo discorso. Tutta la mia frase è preceduta da un “probabilmente” che dà un senso del tutto possibilistico al periodo. Questa è sintassi, non ideologia. Seconda cosa, mi dai del qualunquista per il mio riferimento alla storia. E per storia (forse non mi sono spiegato bene) intendevo quella delle nostre famiglie, quella che stiamo rinnegando con frasi come “un diritto del lavoro sbagliato”, questa sì scritta senza alcun avverbio che la rende ipotetica o perlomeno possibilista. Io non sputo nel piatto dove ho mangiato. Se ho potuto studiare e se posso condurre una vita dignitosa è grazie a quel modello di società che questi fighetti vorrebbero cancellare. E che è stato spazzato via dalla terrificante globalizzazione e dai miti falsi e bugiardi dell’obbrobrio del posto fisso, della bellezza della precarietà e tutte quelle amenità rivoltanti con cui ci hanno ammorbato in questo ventennio. Ah, se c’è qualcosa di sorprendentemente qualunquista è la stupefazione (e la sciatteria lessicale) con cui è stato composto l’articoletto.
Alessandro Cervetti
Oddio, e secondo te quel “probabilmente “cambia tutto? Allora chiedo venia….
Mario Timossi
Non cambia il senso ma dà una venatura del tutto personale all’intera frase.
Alessandro Cervetti
Ma secondo la tua logica; se le generazioni precedenti che pure hanno fatto sacrifici vivevano in una realtà che secondo alcuni delle generazioni successive ora non è più sostenibile e deve essere mutata, questi delle generazioni successive non hanno tutto il diritto e la legittimazione culturale di farlo???
Secondo me è davvero ricattatorio porre questo rapporto. Peraltro si dice una cosa sacrosanta.Renzi non ha affatto affermato che chi perde il posto debba essere abbandonato a sé stesso, al contrario ha affermato che di fronte ad una maggiore flessibilità ad occuparsi della persona lasciata senza lavoro non siano più l’imprenditore ed il giudice ma lo Stato.
Mario Timossi
Io preferisco avere il posto piuttosto che uno Stato che si occupi di me.
Alessandro Cervetti
La realtà è mutata e pretendere per sempre il posto fisso è come volere la botte pjena e la moglie ubriaca. Ebbene il PD di Renzi, in piena sintonia con quanto previsto dalle sinistre scandinave,concepisce lo Stato come tutore e presente nei momenti di assenza del posto.
Mario Timossi
Comunque è legittimo pensare di cambiare le cose per chi è giovane. Bisogna vedere se però è anche necessario. Che i vecchi modelli non siano più sostenibili è del tutto arbitrario. Anche i costi della politica non sono più sostenibili eppure ci si guarda bene dall’abbassarli (e per costi intendo l’intero apparato politico, non solo il Parlamento). Anche un Presidente della Repubblica che vive come un monarca non è sostenibile, ma se si toccano questi argomenti ecco che si viene tacciati di retorica e populismo. E se i giovani della Leopolda ragionano così, non mi piacciono. Preferivo quelli che almeno avevano delle vere utopie.
Si, allora dia delle pensioni e degli stipendi come hanno nelle nazioni scandinave …
Caterina Simiand
Mondoperaio è stata una mitica rivista di dibattito politico-ideologico degli anni 70-80. La miglior intellighentia di sinistra liberal-socialista ha trovato ospitalità sulle sue colonne, da Bobbio a Colletti, da Federico Coen a Cafagna e tanti altri. Mi piacerebbe che questa vecchia rivista del Psi rinascesse come rivista d’area del nuovo Pd renziano.
Tra l’altro i renziani avrebbero veramente bisogno di una rivista teorica che li sottraesse all’improvvisazione e al pressapochismo che ogni tanto li caratterizza.
Alessandro Cervetti
Sarebbe bello. Anche se non sono molto a favore delle riviste d’area. Detto questo, anche attualmente la rivista sta ospitando interventi e saggi di levatura. Forse quegli anni a cavallo tra i 70′ e gli ’80 non potranno più tornare. Quelle splendide elaborazioni di intellettuali di vaglia come Bobbio,Pellicani,Choen ed Acquaviva che costituirono la giustificazione culturale della conclusione degli anni di sudditanza al PCI della segreteria De
Basta peraltro ascoltare interventi come quelli del prf. Clementi,della prof.Gualmini dell’avv. catizone (solo per rimanere al livello degli “intellettuali”d’area)per constatare quanto sia sbrigativo il giudizio di pressapochismo dato ai “renziani”(immagino che ti riferissi ai teorici ed ai politici).
Basta peraltro ascoltare interventi come quelli del prof. Clementi, della prof. Gualmini, dell’avv. Catizone (solo per rimanere al livello degli “intellettuali”d’area) per constatare quanto sia sbrigativo il giudizio di pressapochismo dato ai “renziani”(immagino che ti riferissi ai teorici ed ai politici).
Socialismo e democrazia
Certo c’è da Riflettere. La Leopolda una Sirena ammaliatrice,così come le parole del suo Capo ,oggi assurto per volere del capo dello Stato e dei maggiorenti del PD a primo Ministro e mediatore della Politica Italiana in Europa e nel Mondo.
I maggiorenti ed i poteri occulti economici Italiani con collegamenti e dipendenze internazionali dal mondo della Finanza Americano e quindi Mondiale ,dopo tentativi andati nulli hanno scelto questo giovane Banditore e Ammaliatore portatore di uno smisurato senso di se stesso e di tanta capacità mediatica,un parolaio niente male,che possono sempre controllare e che in fin dei conti non dice nulla.
Il nostro Paese ha dato ,tra coloro che vanno ancora a votare un 40 percento di voti a Renzi ed alle sue accattivanti parole.
Il rischio cari Italiani è molto grande per la nostra Precaria Democrazia.
Possiamo ritrovarci in una Dittatura larvata e nascosta e sarà povertà e miseria per tutti noi.
Il Nostro Segretario è rimasto impressionato dai fuochi d’artificio organizzati da Renzi? Certo i lavoratori in piazza, non laureati o universitari, sono molto meno “impressionanti”. Crediamo che la crisi del PSI sia ben rappresentata dal commento del Segretario.
Aggiungo il mio pezzo di oggi da Europa
Lo scontro con il sindacato? Una novità solo per l’Italia
Com’è noto negli anni ’80 nelle più grandi democrazie euro atlantiche strutturate in modo bipolare (Usa, Gb, Germania) governava il centrodestra. Clinton, Blair e Schroeder erano ancora lontani. Eppure ci furono due forze di centrosinistra che dovettero fare i conti con quelle responsabilità: in Francia dal 1981 al 1986 e ancor più in Spagna dal 1982 a metà degli anni ’90.
Nel caso francese dopo i primi due anni da vecchia sinistra (nazionalizzazioni, interventi keynesiani di vario tipo, blocco dei prezzi) arrivò nel 1983 il bagno di realtà dettato da Delors e Rocard, il cosiddetto “tournant de la rigueur” (politica anti-inflazionistica, avvio di privatizzazioni, ecc.), senza il quale la Francia sarebbe uscita fuori dal sistema monetario europeo.
Ciò comportò soprattutto la rottura col Pcf (escluso dal governo anche nella successiva esperienza, tra 1988 e 1993, in seguito alla rielezione di Mitterrand nel 1988 avvenuta nel segno dell’apertura al centro) e con i sindacati, specie la Cgt, che però in Francia sono sempre stati storicamente deboli.
Ancora più rilevante, però, il caso spagnolo, dove invece i sindacati sono tradizionalmente più forti e dove esisteva un rapporto stringente tra Ugt e Psoe di forza simile a quello tra Trade Unions e Labour Party. Pablo Iglesias aveva fondato sia il Psoe sia la Ugt. Sotto la leadership di Nicolás Redondo la Ugt organizzò addirittura due scioperi generali nel 1988 e nel 1994, oltre a un’agitazione di massa nel 1992 e oltre all’altro sciopero generale dei sindacati della sinistra comunista e radicale nel 1985.
I problemi erano esattamente gli stessi: correzione del sistema pensionistico a causa dei nuovi equilibri demografici, contratti a basso salario, flessibilizzazione dei licenziamenti bilanciata da una protezione del lavoratore sul mercato. Il tenore delle critiche di Redondo contro Gonzalez e il suo ministro dell’economia Solchaga erano le stesse: appiattimenti sui datori di lavoro, creazione di “contratti spazzatura”, sostituzione del socialismo con un “conservatorismo dai tratti autoritari”.
Cosa dedurne? Che tutti i partiti di centrosinistra a vocazione maggioritaria che si sono misurati col governo dopo lo shock petrolifero del 1973, oltre alla tradizionale barriera che ha fatto escludere accordi coi partiti più estremisti sul piano nazionale, preferendo al limite come “male minore” le Grandi coalizioni, hanno anche aggiunto tra i propri elementi identificativi uno scarto critico verso i sindacati. Questi ultimi, che, prima della crisi petrolifera, erano naturalmente alleati dei settori più riformisti e meno ideologici dei partiti di centrosinistra, dopo, di fronte all’esigenza di dare risposte meno tradizionali, rappresentando i propri iscritti insider non potevano che esprimere una posizione comprensibile di freno, da cui però partiti di governo dovevano distanziarsi. Per questo la stagione di concertazioni stabili tra governi pro labour e sindacati si è bloccata ovunque con gli anni ’80.
Alla fine quella che sembra una grande innovazione del Pd di Renzi non sembra altro che un allineamento veloce a quanto accade già fisiologicamente altrove. La novità c’è ma solo per l’Italia, non per i partiti di centrosinistra a vocazione maggioritaria in Europa. In due casi, Francia e Spagna, ben prima della Terza Via. Per questo la svolta non appare reversibile, è uno degli indicatori della crisi del welfare tradizionale e delle modalità innovative di risposta a sinistra. Le uniche che abbiano saputo sin dagli anni ’80 coniugare continuità dei principi di lotta alle diseguaglianze e discontinuità necessaria degli strumenti.
Il segretario dem Matteo Renzi propone con forza di conferire il “premio di maggioranza” alla lista più votata (come “chiedeva” il referendum Guzzetta-Segni, che personalmente sostenni), non alla coalizione.
Ricordo che nei decenni passati, tra il politico e il politologico, ci si domandava: occorre lavorare per un partito di coalizione o per una coalizione-partito (ossia per un soggetto politico che contenga le differenze, magari notevoli, al suo interno)? Oggi la parola stessa “coalizione” pare poco pronunciabile, associata com’è a concetti quali veto, diktat, rituali, bizantinismi, lentezza nelle decisioni. Nel contempo, però, bi(o tri)partitismo o non bipartitismo, Leopolda o non Leopolda, nessuno, nei fatti, riesce a delineare un’adeguata forma-partito. Come si articolerà la pluralità di posizioni effettivamente presenti?
Ciò rimanda a quanto accaduto nella “società civile”. Diversi lustri fa, si celebrava la “società dell’individualizzazione”. Il singolo sembrava finalmente emanciparsi dai vincoli che lo imbrigliavano: vincoli di classe, burocratici, sindacali, corporativi, magari pure familiari. Era l’apologia delle “partite Iva”. La pesante crisi che attraversiamo, però, ha riproposto un interrogativo antico: chi sostiene le persone quando sono in difficoltà? Non si tratta piuttosto di coniugare l’individuo, la libertà, la responsabilità, la socialità, l’intervento pubblico? Come evitare che la solitudine si traduca in disperazione?
D ‘accordo con Timossi. Saluti socialisti!