Sul Corriere della sera di lunedì Ernesto Galli della Loggia invita Matteo Renzi a uscire dal generico quando indica all’opinione pubblica come “gufi e rosiconi” coloro che si oppongono alle riforme, e a “farne con coraggio i nomi e i cognomi”: sarebbe indispensabile al premier per conquistare “il consenso non più sulla sua persona, ma sulla sua politica”, e perché “la volontà riformatrice dall’alto sia sostenuta dall’appoggio massiccio e convinto dell’opinione pubblica, in una battaglia in cui però risulti chiaro chi è l’avversario e quali i suoi interessi”.
Si può dubitare che questa sia per Renzi (e forse anche per chiunque) la scelta da fare oggi. A parte tutto, quanto ci metterebbero questi “nomi e cognomi dei nemici delle riforme” a diventare nei media, nella Rete e nei social network, i “nemici di Renzi”? “Tutti” sarebbero d’accordo con lui? Non ci sarebbero, fra chi vuole le riforme, dissensi su questo o quel nome? E su chi fra i “responsabili”, non sia mai, non fosse in questo elenco? E non ne nascerebbe una cagnara inverosimile? Tanto più che l’elenco sarebbe infinito. Come notava Machiavelli, “il riformatore ha per nemici tutti coloro che prosperano sotto il vecchio ordine”, e certo non escludeva dal novero famigli, clienti e alleati dei “potenti”, in una società molto meno complessa e articolata della nostra attuale, e dove lo Stato offriva, direttamente e indirettamente, molte meno opportunità di occupazione e di ruoli, e spendeva molto, ma molto di meno per il welfare di tutti (con i relativi canali di controllo).
Vasto programma, che solo il ricorso, certo involontario, alle scorciatoie di un pensiero primitivo può riportare a nomi. Mentre su punti di programma e per misure concrete di cambiamento che – a viso aperto o con tattiche e dissimulazioni varie – sono osteggiate da persone e centri di potere più che noti o individuabili: non dovrebbe essere difficile notarli all’osservazione e all’analisi di cronisti e redattori che, essi sì, sui media per cui lavorano, potrebbero farne i nomi e i cognomi. Anche prima e in assenza di cose soltanto sospette o “da verificare”, di quelle di cui si occupano le questure, la magistratura e, tanto volentieri, il Fatto Quotidiano.