Che dire di una rappresentanza politica, quella del M5s, che all’esordio nelle istituzioni “con il pallino in mano” cerca in “due forni” il sostegno che cercava e otteneva – nelle parole di Giulio Andreotti – la Democrazia Cristiana della decadenza? Allora una scelta valeva l’altra per un pragmatismo che mirava a mantenere il ruolo centrale ed a conservare le posizioni acquisite per meriti messi alla prova in quasi cinquant’anni al governo del paese. Oggi? Oggi, per ora, possiamo soltanto ringraziare il professor Giacinto Della Cananea e il comitato scientifico multidisciplinare da lui coordinato, che hanno tolto al diritto la fama, acquisita in esclusiva nei secoli, di fornire criteri e strumenti per sostenere tutto e il contrario di tutto.
E che cosa dire di giornalisti e commentatori, anche molto autorevoli, così prodighi oggi verso i
partiti che hanno vinto le elezioni di quei consigli, indicazioni e perfino programmi di governo che hanno lesinato per mesi ai loro lettori e spettatori? Forse che la debolezza della politica, da noi così evidente anche quando è vincente nelle urne, induce i media a un ruolo vicario e di supplenza, comunque sempre di affiancamento dei ruoli e delle gerarchie della politica stessa? E si pensa che questo – diversamente dal passato anche recente – possa aiutare il paese a uscire dalle peste?
Innanzitutto che il potere logora chi non ce l’ha. In secondo luogo che era andreottiano anche Enzo Scotti, patron della filiale italiana di quell’università maltese in cui lavorano molti dei ministri presentati a Mattarella da Di Maio. In terzo luogo che le vecchie volpi finiscono in pellicceria.