Come nota il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, le numerose liste (più o meno) personali proposte ai cittadini rappresentano e rendono quasi visibili il tarlo e il tumore della nostra democrazia.
E già qui inizia a sorprenderci l’affinità fra certe dinamiche psicologiche e i fenomeni della politica. Tanti simboli elettorali, molte sigle: insomma, una parvenza di “pieno”. Anzi: di “troppo”. Un troppo che cela in tal caso un troppo poco. Mentre altre volte avviene il contrario. Impressionante è l’analogia con ciò che viene ipotizzato alla base dei quadri psicopatologici. Riguardo alle schizofrenie, ad esempio, acceso è il dibattito fra chi vi scorge l’espressione di un minus, di un deficit, e quanti vi intravedono piuttosto un eccesso, un “di più” caotico. E dinanzi ad alcuni pazienti psichiatrici si è presi da un dubbio: cos’è davvero il vissuto di vuoto che riferiscono o che trasmettono? E se celasse un surplus, un’angoscia saturante? E per contro: la logorrea, la sensazione di avere la “mente sovraffollata” non nascondono talora proprio un vuoto più profondo? E qual è in tutto ciò il ruolo del timor vacui?
Analogamente, per dipingere lo scenario politico attuale, usiamo non di rado parole ed espressioni quali deserto, povertà di idee, senso di vuoto, appunto. Un vuoto, però, che, come l’esperienza insegna, tende a essere colmato, spesso in fretta. Un vuoto che talora conduce al suo opposto: il “pieno” dei regimi totalitari o comunque autoritari.
E che dire dei “crolli”? Il crollo della casa è anche una metafora dell’impossibilità o della difficoltà ad “abitare se stessi”. E se vengono giù tante case, si può presagire la fine del mondo; o meglio, in genere, di un mondo. Non a caso uno psicopatologo di orientamento fenomenologico come Eugenio Borgna ha scritto un libro intitolato “Come se finisse il mondo”, a proposito dei vissuti psicotici. E l’antropologo Ernesto De Martino accostò le “apocalissi culturali” a quelle psicopatologiche, entrambe all’insegna della “crisi della presenza”; del dissolversi, cioè, del nesso io-mondo, oppure noi-mondo. E la fine ingloriosa della prima Repubblica ha presentato dei quadri a ciò paragonabili. Più clamoroso di tutti, probabilmente, il caso del Psi: un crollo preceduto pochi anni prima da un’entusiasmante “onda lunga”.
In quelle vicende, della Dc, del Pci, del Psi, delle forze laiche “intermedie”, stupisce più di tutto, forse, la cecità di molti di noi. Una cecità isterica, si direbbe: vedevamo e facevamo finta di non vedere. Si intuiva, si presagiva, si sussurrava, a volte si gridava, eppure non si interveniva efficacemente per provare a imprimere una svolta. E quante volte ciò, purtroppo, accade anche nella biografia degli esseri umani, dei singoli!
E oggi continuiamo a percepire un “troppo” – troppa confusione, troppa superficialità, ambizioni smodate – e nel contempo temiamo il vuoto, come sull’orlo di un burrone.