Per capire chi è stato Emilio Colombo, che è morto il 24 giugno a 93 anni, può essere utile rileggere la Storia dell’Italia repubblicana di Silvio Lanaro, scomparso anch’egli ieri l’altro a 70 anni. Non perchè l’opera dello storico vicentino, pubblicata da Marsilio nel 1992, si diffonda particolarmente sul ruolo dello statista lucano. Perchè rappresenta efficacemente lo sfondo della vicenda politica di chi a 25 anni venne portato dalla remota Potenza alla Costituente, e rimase al centro della politica nazionale per più di sessant’anni senza perdere mai le sue radici.
A portarlo a Roma fu l’Azione cattolica, cioè uno di quei laboratori di classe dirigente che il fascismo aveva dovuto tollerare, e su cui fin dal 1938 De Gasperi aveva contato per immaginare la successione al fascismo stesso. Ed a rieleggerlo puntualmente, finchè Cossiga non lo nominò senatore a vita, fu una regione che non a caso è ancora oggi rara avis nel panorama desolante delle regioni meridionali.
Colombo non era un centrista che “guardava a sinistra”, secondo uno stereotipo che la vulgata attribuisce a De Gasperi. Fu anzi fra gli affossatori del primo centrosinistra sia nella sua veste di ministro del Tesoro del governo Moro-Nenni, sia in quanto personaggio eminente di quella corrente dorotea che per almeno dieci anni imbalsamò il sistema politico italiano.
Non è per simpatia politica, quindi, che mi piace ricordare la sua figura di uomo politico pieno di dignità: quella dignità che gli consentì, qualche mese fa, di presiedere impeccabilmente la prima seduta di un Senato di cui facevano parte una cinquantina di avatar, e che a suo tempo lo aveva indotto a non nascondere dietro un dito i suoi vizi privati.
Ed era sempre la dignità a caratterizzarlo anche nelle occasioni più minute. Personalmente ricordo una sua presentazione del libro di Piero Craveri su De Gasperi in un contesto fra i più improbabili: a Forio d’Ischia, d’estate, davanti alle cantine Pietratorcia trasformate dalla passione politica di Franco Iacono in luogo di incontri culturali. Si era preparato come se avesse dovuto parlare in un’aula universitaria, e ad un pubblico di villeggianti che lo ascoltava senza insofferenza impartì mezz’ora di lezione sulle radici teologiche del confronto fra De Gasperi e Dossetti.
Nell’ultimo suo libro (Retorica e politica, edito da Donzelli nel 2011) Lanaro metteva alla frusta, fra gli altri, i retori della seconda Repubblica. Colombo non era stato un retore neanche nella prima.