La Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario voluta dalla Ministra Marta Cartabia e presieduta dal Prof. Marco Ruotolo ha consegnato la sua relazione finale il 17 dicembre 2021 (v. https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_36_0.page?contentId=COS360093).

Prima, però, di illustrare le proposte della Commissione, occorre ricordare i più recenti tentativi di riforma dell’ordinamento penitenziario. Quest’ultimi hanno cominciato a emergere sin dal 2010, con la dichiarazione di “stato di emergenza” delle carceri italiane (DPCM del 13 gennaio 2010) dovuto al sovraffollamento negli istituti di pena1 e con l’introduzione della detenzione domiciliare c.d. speciale (L. n. 199 del 26 novembre 2010, impropriamente chiamata “svuota carceri”).

Nel 2013, a seguito della sentenza ‘Torreggiani’ della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – con la quale l’Italia era stata condannata per trattamenti disumani o degradanti (art. 3 CEDU), in quanto gli istituti penitenziari erano sovraffollati e in condizioni inumane – al fine di scongiurare ulteriori condanne, vi fu poi una serie di provvedimenti volta a contenere il numero di ristretti nel nostro Paese, nonché a migliorare la vita detentiva (decreto-legge 1 luglio 2013 n. 78, convertito in legge 9 agosto 2013, n. 94; decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito in legge 21 febbraio 2014, n. 10). Così è stato innalzato da 4 a 5 anni il limite della pena che consente l’applicazione della custodia cautelare in carcere; è stato istituito il Garante Nazionale a tutela dei detenuti (dopo un percorso avviato nel 1997); sono stati introdotti il diritto di reclamo giurisdizionale (art. 35 bis o.p.) e la misura temporanea della liberazione anticipata speciale, che la portava da 45 a 75 giorni per semestre (ma solo fino al 22 febbraio 2016 e per le pene in espiazione dal 1° gennaio 2010). L’effetto deflativo della legge n. 199/2010 si è mostrato gradualmente nel triennio 2011-2013, con un picco nel 2012, conseguente proprio all’innalzamento a 18 mesi del limite di detenzione domiciliare previsto (nel dicembre 2013 col D.L. 146 l’istituto è stato portato a regime ordinario).

Nel 2015, per il quarantennale della riforma dell’ordinamento penitenziario, furono istituiti gli Stati generali sull’esecuzione penale, consistenti in diciotto tavoli tematici2 i quali avevano elaborato un documento finale di proposte di modifica3, che in piccola parte sono state poi inserite nei decreti legislativi del 2 ottobre 2018 (n. 121, 123 e 124 – G.U. 26 ottobre 2018), la c.d. riforma dell’ordinamento penitenziario (anche in questo caso, impropriamente chiamata “riforma”).

A seguito di quest’ultima, i mezzi di informazione non trattarono più il tema del sovraffollamento, nonostante i numeri fossero tornati a crescere, ma con l’avvento della pandemia ci si è resi conto della fragilità delle condizioni delle nostre carceri e del loro affollamento. Quindi la decretazione d’urgenza (c.d. Cura Italia) ha tentato nuovamente di ridurre la popolazione detenuta, tramite l’implementazione delle misure alternative e si è registrata una riduzione degli ingressi (legata al lockdown e alla diminuzione degli arresti).

Seppur con estrema lentezza e mosso da ragioni emergenziali, il Legislatore nell’ultimo decennio ha dunque – quantomeno – tentato di far rispettare il dettato dell’art. 27 comma 3 della Costituzione, ossia che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”; ma le problematiche sottese alla pena detentiva rimangono connaturate all’esistenza stessa degli istituti penitenziari. La tendenza alla crescita della popolazione detenuta è legata, da un lato, alla politica criminale (quindi di ingresso nel circuito detentivo), ossia tramite l’applicazione delle misure pre-cautelari (arresti e fermi) e cautelari (custodia cautelare in carcere); dall’altro, alla difficoltà di accesso alle misure alternative alla detenzione (quindi di uscita dagli istituti di pena) per talune categorie di rei e reati.

Oggi, a seguito dei fatti avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile 2020, (divenuti tristemente noti circa un anno dopo, tramite la diffusione dei video) e della necessità di riforma della giustizia voluta dall’Unione europea, si è giunti all’istituzione del Gruppo di lavoro per l’elaborazione degli schemi di decreto legislativo recanti modifiche al sistema sanzionatorio, istituito con D.M. 28 ottobre 2021 per l’attuazione della legge di delega 27 settembre 2021, n. 134, nonché al D.m. 13 settembre 2021 con il quale la Ministra della Giustizia Marta Cartabia ha istituito la Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario.

Sul punto anche l’Associazione Antigone ha proposto un articolato di riforma del regolamento penitenziario4, ossia della vita in carcere, proprio in ragione delle difficoltà rilevate durante il periodo pandemico.

Nell’incipit della relazione si specifica che l’obiettivo del lavoro è stato quello di “migliorare la qualità della vita delle persone recluse e di coloro che operano all’interno degli istituti penitenziari in un contesto che assicuri il rispetto dei diritti non solo di chi è recluso ma anche di coloro che sono chiamati a svolgere un compito delicatissimo: accompagnare il condannato nel percorso di reinserimento, di ricostruzione del legame sociale, sempre assicurando l’ordine e la sicurezza”.

La relazione si muove su più livelli, sia legislativo che di gestione amministrativa, ma premettendo che la pena deve tendere a restaurare e a ricostruire quel legame sociale che si è interrotto con la commissione del reato con l’obiettivo di re-includere: “occorre, in altre parole, creare condizioni di sistema che consentano finalmente di considerare la risposta di giustizia come tesa a responsabilizzare in vista del futuro, più che a porre rimedio al passato”. “Senza dimenticare, naturalmente, che la pena non si identifica necessariamente con il carcere e che anzi sanzioni e misure diverse da quella detentiva hanno maggiori possibilità di produrre effetti per il reinserimento sociale della persona condannata”.

In estrema sintesi, la Commissione ha individuato una serie di interventi rivolti alla semplificazione della gestione del sistema dell’esecuzione penale e al miglioramento della quotidianità penitenziaria, tra i quali: i) la previsione della presenza, per almeno un giorno al mese, di un funzionario comunale per consentire il compimento di atti giuridici da parte di detenuti e internati, nonché, su richiesta del Direttore, di funzionari degli uffici consolari e della Questura (art. 4 o.p.); ii) la disciplina sulla fornitura di vestiario e corredo e sull’alimentazione (artt. 7 e 9 o.p.); iii) il tema dell’autorizzazione per visite e ricoveri ospedalieri (art. 11 o.p.); iv) l’intervento sul regime di sorveglianza particolare, rivolto a sottolineare il disvalore delle aggressioni nei confronti degli operatori, con il riferimento anche ad essi nella attuale formula che contempla l’ipotesi dell’uso di violenza o minaccia da parte dei detenuti per impedire le attività degli altri detenuti e internati (art. 14-bis, lett. b, o.p.); v) le nuove previsioni rivolte a consentire una più rapida approvazione dei regolamenti di istituto (art. 16 o.p.); vi) la specifica previsione che ammette i colloqui a distanza, già impiegati in periodo di emergenza pandemica, la quale richiede anche intervento regolamentare per evitare che gli stessi siano considerati nel numero complessivo dei colloqui ammessi in presenza dalla vigente disciplina (art. 18 o.p.); vii) l’eliminazione dell’automatismo per cui il lavoro svolto alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria debba essere retribuito con la necessaria riduzione di un terzo del trattamento economico previsto dai contratti collettivi (art. 22 o.p.); viii) la creazione delle Unità regionali per il lavoro penitenziario, costituite presso il Provveditorato regionale, alle quali è riconosciuto uno spazio di azione strategico nei processi di reinserimento lavorativo (art. 25-bis o.p.); ix) la previsione per cui i permessi possano essere concessi non solo nei casi di “particolare gravità”, ma anche in quelli di “particolare rilevanza”, con eccezione, in quest’ultimo caso, dei detenuti sottoposti a regime di cui all’art. 41-bis (art. 30, comma 2 o.p.); x) il superamento del metodo del sorteggio per la composizione delle rappresentanze delle persone detenute, finalmente prevedendosi, in una prospettiva di responsabilizzazione e di partecipazione, il sistema dell’elezione, con alcune cautele volte a evitare posizioni di supremazia tra i detenuti (art. 31 o.p.); xi) la previsione della possibile partecipazione nel Consiglio di disciplina di un assistente sociale dell’ufficio di esecuzione penale esterna territorialmente competente in aggiunta agli esperti ex art. 80 o.p., che attualmente, per ragioni di organico, non possono sempre assicurare lo svolgimento di questa funzione (art. 40 o.p., che nella formulazione proposta potrebbe consentire, ove necessario, la sostituzione dell’esperto ex art. 80 o.p.); xii)l’intervento rivolto ad assicurare una più adeguata e tempestiva organizzazione del processo di preparazione alla dimissione della persona detenuta (art. 43 o.p.)5.

In particolare meritano attenzione le proposte di riforma relative ai colloqui che “possono essere sostituti, a richiesta dell’interessato, da videochiamate della stessa durata massima con attivazione, chiusura e controllo a vista da parte del personale del Corpo di polizia penitenziaria” prevedendo che “il colloquio telefonico può essere svolto anche mediante videochiamata”, nonché la possibilità di corrispondenza telefonica a spese del destinatario, in vigore in altri Paesi.

Inoltre, si disciplina il servizio e-mail (“Negli istituti deve essere favorita la predisposizione di un servizio di invio e ricezione di posta elettronica”), che ad oggi non è garantito in tutti gli istituti, essendo offerto da privati a prezzi non sempre vantaggiosi e disomogenei sul territorio nazionale.

In merito agli stranieri, si propone la possibilità di accedere alle procedure per il rinnovo del permesso di soggiorno e di chiedere protezione internazionale in presenza delle condizioni di legge (possibilità che spesso è vietata, così determinando espulsioni ingiustificate) e in caso di sanzioni disciplinari si introduce l’assistenza di un interprete e la traduzione degli atti6, che già dovrebbe essere prevista, in armonia con la legislazione europea.

Per quanto concerne gli studenti, si propone di evitare i trasferimenti ad altri istituti dei detenuti ed internati impegnati in attività formative o qualunque intervento che possa interrompere la partecipazione alle stesse.

Molto interessante è, poi, la proposta di affidamento in prova per i condannati con infermità psichica, superando i limiti che oggi purtroppo sussistono. La Commissione ha affrontato alcune problematiche sul tema, condividendo le proposte elaborate dal Tavolo 10 (“Salute e disagio psichico”) degli Stati generali sull’esecuzione penale con riguardo alle esigenze dell’implementazione della telemedicina.

Inoltre, probabilmente al fine di scongiurare fatti simili a quelli avvenuti a Santa Maria Capua Vetere, la Commissione ha precisato che “La coercizione fisica non è mai consentita, se non per il tempo strettamente necessario, su disposizione del responsabile del servizio sanitario e comunque attuata dallo stesso servizio con l’uso dei mezzi impiegati per le medesime finalità presso le istituzioni ospedaliere pubbliche, quando sussista una concreta situazione di pericolo attuale di grave danno alla persona o a coloro che con lui interagiscono, non altrimenti evitabile. Ne è data immediata comunicazione al direttore. Sono annotati le modalità e il tempo di impiego dei mezzi di coercizione, nonché le ragioni che lo hanno imposto. È altresì trasmessa relazione al magistrato di sorveglianza”. Quest’ultimo inciso sembrerebbe in ragione del fatto che l’indagine citata è scaturita proprio dall’intervento del magistrato di sorveglianza di Napoli. In tal senso, sembrano vertere le otto linee guida per la rimodulazione dei programmi di formazione del personale.

Dopo il lungo articolato, anche in materia penale e processuale penale, vengono proposte 35 azioni concrete di tipo amministrativo tra le quali: semplificazione e programmazione integrata dei processi di reinserimento lavorativo; realizzazione di un programma speciale per l’istruzione e la formazione negli istituti penitenziari e nei servizi minorili della giustizia; didattica a distanza; possesso dei computer; introduzione del totem touch e informatizzazione dei registri; valorizzazione delle esperienze teatrali in carcere; favorire la vendita diretta dei prodotti realizzati all’interno degli Istituti; tutela antidiscriminatoria per orientamento sessuale e identità di genere.

Infine, sono stati individuati sei focus, riepilogati nella scheda riassuntiva, ossia: la gestione dell’ordine e della sicurezza; l’impiego delle tecnologie; la salute; il lavoro e formazione professionale; la tutela dei diritti e la formazione del personale. In particolare, nel primo è stata evidenziata l’esigenza di adozione di una circolare che, superando quella del 9 ottobre 2018, eviti che, di fatto, il trasferimento delle persone detenute si trasformi in provvedimento disciplinare. Nel secondo focus, si è ribadita l’implementazione del sistema di videocolloqui sia tra detenuti e familiari, sia per la formazione e informazione a distanza; la creazione di pagine di supporto per la gestione amministrativa del personale (modello Provveditorato per la Campania); la realizzazione di totem touch per le richieste dei detenuti (con un terminale multimediale, fruibile in diverse lingue, che consenta di sostituire il cartaceo per una gestione telematica delle richieste: c.d. domandine mod. 393, ordini di sopravvitto mod. 72, istanze indirizzate alla magistratura tramite matricola ecc.) e al fine di agevolare il mantenimento delle relazioni affettive, la disponibilità di telefoni cellulari, pur se non generalizzata, ed esclusa, specificamente, ove vi siano particolari esigenze cautelari, legate a ragioni processuali o alla pericolosità dei soggetti.

Tutte le proposte della Commissione sono in gran parte estremamente pragmatiche e facilmente attuabili, ma ovviamente necessitano della volontà legislativa di porle in essere.

La relazione, in premessa, ha precisato che “presupposto essenziale per assicurare una “decente” condizione detentiva è il superamento delle condizioni di sovraffollamento che ostano all’effettività dei percorsi rieducativi (alla possibilità stessa della c.d. individualizzazione del trattamento, imposta, oltre che dal richiamato dettato costituzionale, dall’art. 13 o.p.), rendono sempre più complessa la gestione dell’ordine e della sicurezza all’interno degli istituti ed espongono al rischio della realizzazione di trattamenti inumani e degradanti, come più volte rilevato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo con una giurisprudenza tanto nota da non rendere necessaria la sua puntuale citazione”.

In questo periodo (gennaio 2022), a causa del picco di contagi dovuto alla variante Omicron, sono oltre 1.500 i detenuti positivi al Covid-19, mentre erano meno di 200 all’inizio di dicembre 2021. Pertanto torna fondamentale ridurre i numeri della popolazione detenuta. Infatti vi è stata una mobilitazione con sciopero della fame (come già accaduto nel dicembre 2020 per gli stessi motivi) promosso da Rita Bernardini del Partito Radicale e Presidente di Nessuno tocchi Caino per chiedere a Governo e Parlamento di ridurre i ristretti, tramite l’approvazione delle proposte dell’onorevole Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata speciale (ossia elevare da 45 a 75 i giorni di liberazione anticipata ogni semestre a partire dal 31 dicembre 2015, nonché modificare l’ordinamento penitenziario per portare stabilmente i giorni di liberazione anticipata da 45 a 60 giorni).

Di recente (il 19 gennaio 2022) la Ministra Cartabia, nella relazione al Senato sullo stato della giustizia, ha affrontato il tema carcerario, dichiarando che il problema “continua ad essere il sovraffollamento: ad oggi su 50.832 posti regolamentari, di cui 47.418 effettivi, i detenuti sono 54.329, con una percentuale di sovraffollamento del 114%” (https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_15_1.page).

Occorre ancora tamponare l’emergenza, ma non bisogna perdere di vista i cambiamenti strutturali; al riguardo, la Commissione ha elaborato una riforma senz’altro utile rispetto all’attuazione dell’art. 27 comma 3 Cost.

Ci si auspica quindi l’accoglimento di tutte le proposte, e che non vadano perse come le precedenti, elaborate dagli Stati generali sull’esecuzione penale.

1 Nel 2010 è stato raggiunto il massimo storico di 67.961 detenuti, ben 22.839 in più rispetto alla capienza regolamentare (con un tasso di sovraffollamento pari a 151%).

5 Ancora: la valorizzazione del terzo settore, sia nella forma della co-programmazione e co-progettazione di interventi e servizi che abbiano finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale (art. 4) sia nella compilazione del programma di trattamento (art. 29); ladeguamento delle previsioni concernenti i locali di pernottamento alle determinazioni della Corte Edu per quanto riguarda la violazione dellart. 3 CEDU, con particolare riferimento allo spazio individuale minimo di tre metri quadri, che potrebbe realizzarsi anche a prescindere dalla pur auspicata revisione dellart. 6 o.p. (art. 6); il rinvio al regolamento di istituto per la definizione dellorario dei pasti, affinché sia funzionale alle diverse attività che impegnano le persone detenute (art. 11); la disciplina dellassistenza sanitaria in senso conforme ai principi e ai provvedimenti attuativi del riordino della medicina penitenziaria (art. 17); la specificazione dellesigenza che il parto sia sempre effettuato in luogo esterno di cura (art. 19); la più dettagliata disciplina dellassegnazione a sezioni separate (art. 32); la previsione di specifiche garanzie per i detenuti e internati stranieri, ad esempio per laccesso alle procedure per il rinnovo del permesso di soggiorno e per la protezione internazionale, stabilendosi anche che gli atti che disciplinano la vita allinterno degli istituti debbano essere tradotti nelle lingue maggiormente diffuse tra la popolazione detenuta (art. 35); la disciplina dei colloqui a distanza, lasciandosi alla persona detenuta la scelta se imputare la videochiamata a telefonata o a colloquio, così da determinarsi, di conseguenza, la durata e anche le relative implicazioni (artt. 37 e 39); la prevista possibilità di autorizzazione all’uso personale, anche nella camera di pernottamento, di dispositivi elettronici (art. 40); le specifiche garanzie sui trasferimenti per chi stia partecipando a corsi di istruzione e di formazione professionale (artt. 41-44), nonché lauspicata previsione di agevolazioni economiche per la frequenza universitaria, mediante accordi tra il DAP e gli Atenei (art. 45); la precisazione per cui il rimborso delle spese di mantenimento è legato alleffettiva presenza in istituto della persona sottoposta a limitazione della libertà personale (art. 56); lintroduzione di meccanismi di mediazione per la riparazione dei conflitti nel procedimento disciplinare (art. 81); le modifiche che mirano ad una più adeguata preparazione del rilascio del condannato o dellinternato, che potrebbero realizzarsi a prescindere dalla pur auspicata revisione dellart. 43 o.p. (art. 88).

6 “La contestazione in forma scritta e il provvedimento disciplinare, unitamente allindicazione delle modalità di impugnazione, sono comunicati allinteressato con una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola”.