Il Programma

Il programma “JSF” (Joint Strike Fighter), fu avviato dagli USA nel 1993, nell’ambito del progetto “JAST” (Joint Advanced Strike Technology), con lo scopo di far convergere tutti gli studi ed i progetti in corso nella ideazione di un velivolo da combattimento di nuova generazione che, realizzato in più versioni, sostituisse un’ampia gamma di velivoli della flotta militare statunitense, contenendo, così, i costi di sviluppo, di produzione ed operativi.
Il programma è stato articolato in cinque fasi:
CDP (Concept Demonstration Phase) (1996-2001), che ha portato alla definizione del JSF Operational Requirement Document (JORD). Tale fase è servita ad individuare le tecnologie essenziali da sviluppare per la costruzione di un modello realizzabile in tre versioni[1], a raccogliere le proposte delle ditte costruttrici fino ad aggiudicare alla Lockheed Martin Aero (LMA) la  realizzazione del modello definitivo, denominato F35;
SDD(System Development and Demonstration),(2002-2012), destinata allo sviluppo dei sistemi del velivolo e alla produzione di 23 esemplari  con  cui effettuare i diversi test. Nell’ambito di questa fase, il primo decollo di prova della versione base è avvenuto il 15 dicembre 2006, il velivolo nella versione a decollo corto ha volato per la prima volta in data 11 giugno 2008, mentre la versione per l’impiego su portaerei ha effettuato il primo volo il 6 giugno 2010;
PSFD (Production, Sustainment and Follow-on Development), (2011), in cui stabilire le partecipazioni industriali, l’impegno economico e i requisiti dei singoli partner da coinvolgere nello sviluppo, produzione e test fino a poter operare efficacemente il nuovo sistema d’arma;
LRIP (Low-Rate Initial Production), (2012-2016), per la produzione a basso ritmo con consegne di 12 velivoli al mese per Stati Uniti, 3 per i partner internazionali e 7 per l’export. Sono stati finora ordinati 62 velivoli più 19 prototipi.
FRIP (Full Rate Production), per la produzione a pieno regime, a partire dal 2016.

Il programma ha previsto una cooperazione internazionale multilaterale tra i Paesi disposti a partecipare tramite l’adesione al PSFD. Si tratta di nove Paesi: Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Paesi Bassi, Canada, Turchia, Australia, Norvegia e Danimarca.
Attualmente, Paesi Bassi, Canada e Norvegia stanno ripensando le proprie modalità di partecipazione al programma.
Il coinvolgimento è stato calibrato in base alla partecipazione finanziaria ed alla capacità di acquisto dei velivoli:
Level I partner (full partner), con partecipazione finanziaria pari al 10% e possibilità di influire sui requisiti del velivolo (USA e Regno Unito);
Level II partner, con partecipazione finanziaria pari a circa il 4% e limitate possibilità di influire sui requisiti del velivolo (Olanda, Italia);
Level III partner, con una partecipazione finanziaria pari all’1-2% senza alcuna possibilità di influenzare i requisiti del velivolo (Canada, Danimarca, Turchia, Norvegia, Australia).

Israele e Singapore hanno sottoscritto un accordo bilaterale di Security Cooperation Participation (SCP) con gli USA.
Le fasi CDP, SDD, PSFD del Programma sono state regolate da appositi Memorandum of Understanding, sottoscritti dagli Stati partecipanti. Nel Memorandum relativo alla fase PSFD era indicata una stima dei velivoli da mettere in produzione, da definire con precisione nelle fasi successive (LRIP, FRIP):

Paese Velivoli previsti
USA 2.443
Regno Unito 138
Italia 131 (ora 90)
Paesi Bassi 85
Australia 100
Canada 80
Turchia 100
Norvegia 48
Danimarca 48
Totale 3.173

 

 

 

 

 

 

Il 15 febbraio 2012, il Ministro della Difesa, Ammiraglio Giampaolo De Paola, illustrando alle Commissioni riunite difesa della Camera e del Senato le linee di indirizzo per la revisione dello strumento militare, ha annunciato un ridimensionamento del programma: <l’esame fatto a livello tecnico e operativo porta a ritenere come perseguibile, da un punto di vista operativo e di sostenibilità, un obiettivo programmatico dell’ordine di 90 velivoli (con una riduzione di circa 40 velivoli, pari a un terzo del programma), una riduzione importante che, tuttavia, salvaguarda anche la realtà industriale e che, quindi, rappresenta una riduzione significativa coerente con l’esigenza di oculata revisione della spesa>.

Il velivolo

L’F-35 è un caccia multiruolo di quinta generazione, con uno spiccato orientamento per l’attacco aria-suolo e dotato di tecnologia Stealth, ovvero a bassa osservabilità da parte dei sistemi radar. Il velivolo può essere impiegato in diverse missioni, tra cui interdizione di profondità, soppressione dei sistemi d’arma avversari, offensiva e distruzione delle forze aeree avversarie, attacco strategico, supporto tattico alle forze di superficie. La capacità di raccolta, elaborazione e distribuzione in rete di dati e immagini, mediante specifici sensori, gli consente di concorrere anche a missioni di supporto alla Protezione Civile e ad altri Enti e Agenzie di natura civile.
Si prevede lo sviluppo di tre varianti del velivolo:

F-35A: versione di base ad atterraggio e decollo convenzionale CTOL (Conventional Take-Off and Landing);
F-35B: versione a decollo corto e atterraggio verticale STOVL (Short Take-Off and Vertical Landing);
F-35C: versione per impiego sulle portaerei CV (Carrier Variant). Le componenti di questa versione sono ripartite in: 27,8% di parti comuni, 29,1% di parti simili e 43,1% di parti specifiche.

La partecipazione dell’Italia

Nel 1996, il Ministro della Difesa, On. Beniamino Andreatta, avviò una fase esplorativa per valutare la possibilità di una partecipazione italiana al programma “JSF”, ancora in fase di fattibilità, nell’ottica di un’adesione ad un progetto multinazionale che dal punto di vista tecnologico operasse su livelli di eccellenza, promuovesse l’interoperabilità tra forze aeree dei Paesi NATO e si preoccupasse del contenimento dei costi.
Ricevuto il parere  favorevole delle Commissioni difesa di Camera (9 dicembre 1998) e Senato (15 dicembre 1998), l’Italia aderiva alla fase CDP del programma il 23 dicembre 1998, come partner informato, con un contributo di 10 milioni di dollari, a partire dal 1999.
L’adesione al programma era confermata il 24 giugno 2002, con la partecipazione alla fase SDD, all’esito dei pareri favorevoli con osservazioni[2] espressi dalle Commissioni difesa del Senato (14 maggio 2002) e della Camera (4 giugno 2002).  L’Italia si impegnava in questa fase con 1.028 milioni di dollari (corrispondenti allora a 1.190 milioni di euro) in undici anni. Il costo complessivo della fase SDD era quantificato in 33,1 miliardi di dollari.
Il 7 febbraio 2007, l’Italia sottoscriveva il MoU (Memorandum of Understanding) relativo alla fase PSFD. Era previsto un impegno italiano pari a 904 milioni di dollari, dal 2007 fino al termine della fase (pari al 4,1% dei 21,88 miliardi di dollari di costo complessivo della fase PSFD del programma). Il MoU recava, per l’Italia, una previsione di 131 velivoli (69 nella versione CTOL e 62 nella versione STOVL).
L’8 aprile 2009, le Commissioni difesa della Camera e del Senato esprimevano, rispettivamente, parere favorevole con condizioni e parere favorevole con osservazioni sullo schema di programma trasmesso dal Governo per l’adesione alla fase PSFD.  Detto schema comprendeva anche la realizzazione, presso l’aeroporto militare di Cameri (Novara), di una linea di assemblaggio finale e di verifica (FACO/MRO&U)[3] per i velivoli destinati ai Paesi europei. Alle Commissioni veniva, in questa occasione, sottoposto l’intero programma JSF nonché quello della costruzione e del funzionamento del centro FACO/MRO&U (2009-2026).

Le condizioni poste dalla Commissione difesa della Camera riguardavano:

  • la conclusione di accordi industriali e governativi che consentano un ritorno industriale per l’Italia proporzionale alla sua partecipazione finanziaria, anche al fine di tutelare i livelli occupazionali;
  • la fruizione da parte dell’Italia dei risultati delle attività di ricerca relative al programma;
  • la preventiva individuazione di adeguate risorse finanziarie che non incidano sugli stanziamenti destinati ad assicurare l’efficienza della componente terrestre e, più in generale, dell’intero strumento militare.

La Commissione chiedeva, inoltre, al Governo di essere informata sugli sviluppi del programma,  con cadenza annuale, e in ogni caso in cui si manifestino scostamenti significativi rispetto alle previsioni effettuate.

Le osservazioni della Commissione difesa del Senato si riferivano invece:

  • alla necessità di assicurare la totalità degli investimenti ricorrenti e non-ricorrenti del programma per consentire la massimizzazione dei ritorni in termini economici e occupazionali, sia per gli operatori industriali nazionali, sia per gli Enti universitari e di ricerca;
  • alla garanzia che la FACO di Cameri sia considerata dagli enti governativi ed industriali statunitensi il Centro Regionale Europeo di assemblaggio e supporto, nel rispetto degli accordi multinazionali in essere;
  • alla assicurazione per l’Italia, in accordo allo status di partner di secondo livello, della concessione da parte statunitense delle autorizzazioni per l’accesso alle tecnologie per i team industriali e governativi;
  • alla definizione degli accordi industriali prima della definitiva formalizzazione contrattuale dei rapporti tra il Direttore Nazionale degli Armamenti e il Joint Program Office statunitense;
  • alla garanzia che le attività di realizzazione della linea di assemblaggio finale siano a maggioranza italiana;
  • alla assicurazione che le aziende nazionali del settore, di proprietà o a partecipazione pubblica, garantiscano procedure trasparenti per il reclutamento della forza lavoro impegnate per la realizzazione del programma.

Quanto agli oneri, nella tabella sottostante è riportata, in milioni di euro, la serie storica dei costi per l’Italia del programma JSF di cui alle Note aggiuntive al bilancio della difesa. Si segnala che la Nota Aggiuntiva allo stato di previsione per la Difesa per l’anno 2012, pubblicata nel mese di ottobre 2011, richiama il Programma JSF nel capitolo sulle spese di investimento, senza specificarne la previsione di spesa.

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

107,3

126,0

118,8

148,7

127,8

94,8

47,1

158,9

468,6

2012

2013

2014

2015

548,7

500,3

534,4

657,2

 Le criticità del programma

La realizzazione del velivolo F35 ha subito nel corso degli anni ritardi e costi aggiuntivi. Sullo sviluppo del programma ha, poi, pesato, la crisi economica internazionale e la decisione dell’amministrazione Obama di tagliare i fondi destinati alla difesa.
Il Government Accountability Office (GAO)[4], in un rapporto del 19 marzo 2010 e in un successivo documento del 15 marzo 2011, ha evidenziato le difficoltà e i ritardi nel completamento delle fasi del programma e ha rilevato che i costi per l’Amministrazione USA sono cresciuti dai 231 miliardi di dollari del 2001 (34,4 per la fase di sviluppo e 196,6 per la fase di acquisizione) fino ai 276,5 del 2007, raggiungendo nel budget 2011 un costo complessivo di 322,6 miliardi di dollari. Questo ha fatto prefigurare la necessità, alla luce del Nunn-McCurdy Amendment, di effettuare un’apposita comunicazione in merito al Congresso.
Nel 2011, dopo una prima certificazione ai sensi della legge Nunn-McCurdy, il GAO ha segnalato l’ulteriore incremento del costo complessivo del programma, che è giunto a 382,5 miliardi di dollari (51,8 per lo sviluppo, 325,1 per la produzione e 5,6 per spese di costruzione militare). Il GAO rileva la possibilità di un ulteriore ritardo (al 2018) del completamento della fase di sviluppo e ribadisce che il programma ha parzialmente conseguito alcuni dei risultati preventivati, ma continua, a fronte di una crescita dei costi di progettazione (e, in prospettiva, dei costi unitari di produzione) a rivelare consistenti deficit qualitativi, soprattutto nel software, e a non rispondere ai livelli di funzionalità previsti, soprattutto nella variante STOVL, mentre sono ancora in corso elaborazioni e modifiche del progetto. I costi medi del velivolo (compresi i costi di sviluppo e appalto) sono passati dagli 81 milioni di dollari iniziali (2001) ai 156 milioni preventivati nel giugno 2010, dopo una prima ristrutturazione del programma.
In un rapporto del 19 maggio 2011 il Government Accountability Office stima in circa 385 miliardi dollari il costo totale dell’investimento per 2.457 aeromobili entro il 2035. Il report sottolinea che la ristrutturazione globale del programma da parte del Dipartimento della difesa, tuttora in corso, comporta maggiori costi iniziali di sviluppo, un numero inferiore di aerei nel breve termine, ritardi nelle attività di training e dilatazione dei tempi di collaudo e rilascio
Riguardo alle criticità connesse alla variante STOVL del JSF, il periodo di due anni di osservazione stabilito dal Segretario di Stato alla Difesa USA Gates nel gennaio 2011, a fronte delle difficoltà di realizzazione è terminato in anticipo di un anno. Come è noto la variante STOVL rappresenta l’unico aereo da combattimento a decollo corto e atterraggio verticale in sviluppo nel mondo, in grado quindi di sostituire gli AV-8B Harrier attualmente in servizio ed essere impiegato su portaerei configurate per questo tipo di velivolo.
Il 1 febbraio 2012, nel corso dell’audizione del Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, sull’attuazione del programma JSF, il Generale di squadra aerea Claudio Debertolis, ha fatto presente che i veicoli STOVL <sono gli unici aerei che possono essere impiegati dalla nostra Marina, sulle nostre navi, in sostituzione degli attuali AV8. Per un certo periodo abbiamo temuto che la parte del programma inerente il decollo verticale fosse in pericolo, poiché ci sono stati problemi tecnici che peraltro hanno rallentato il programma di due anni… Qualche settimana fa il commitment statunitense del programma è stato confermato, dunque a questo punto i velivoli ci saranno e verranno impiegati dalla nostra Marina >.
A fine gennaio 2012, il segretario alla Difesa Leon Panetta, ha assicurato che l’F-35 si farà in tutte e tre le varianti – concludendo il periodo di prova dell’F-35B – ma la produzione sarà rallentata per consentire i test e le modifiche di progettazione, prima di acquistarne quantità significative. Inoltre, il Capo di stato maggiore della Difesa, generale Martin Dempsey, ha affermato che la crisi potrebbe costringere gli alleati della zona euro a riallocare le risorse influenzando il programma F-35;
In data 23 febbraio 2013 il Pentagono ha sospeso tutti i voli di collaudo del caccia multiruolo F-35 dopo aver rilevato un guasto al motore nel corso di un’ispezione di routine, svolta’ nella base militare di Edwards in California. Secondo quanto riferito la Difesa Usa che ha parlato di una sospensione cautelare, “si tratta di una frattura in una delle pale della turbina del reattore”.
Il 1°marzo 2013, il Pentagono ha rimosso la sospensione temporanea imposta ai 51 caccia. La decisione di autorizzare gli aerei al volo, si legge sul sito della Bbc, “è stata assunta dopo che gli accertamenti compiuti hanno confermato che si è trattato di un problema circoscritto e non di un difetto comune a tutti i velivoli”.

Gli effetti del programma

La difesa italiana ha necessità di sostituire tre linee di velivoli, i Tornado, gli  Amx e e gli AV-8 B, che, nell’arco dei prossimi 15 anni, dovranno progressivamente essere dismessi perché arrivati al limite delle ore di volo. Si tratta di circa 250 apparecchi.
La dismissione dei velivoli vetusti aprirebbe evidentemente un vuoto nel nostro sistema di sorveglianza dello spazio aereo e nella nostra capacità di contribuire all’impegno della comunità internazionale nelle missioni internazionali.
In particolare, c’è interesse per una combinazione di vettori CTOL e STOVL. I velivoli a decollo verticale STOVL sono gli unici aerei che possono essere impegnati dalla Marina sulle navi italiane, in sostituzione degli attuali AV8B.
Con gli F-35 si porta a compimento un programma di drastica riduzione del numero (da 450 a circa 200) e dei modelli (da 4 a 2) dei velivoli da combattimento in servizio. (La scelta di un velivolo per sostituire 3 modelli consente di risparmiare sui costi di gestione, formazione del personale e ricambi).
I dati riportano un coinvolgimento produttivo che riguarda 12 regioni e circa 40 siti industriali e che comporterà, nel periodo di realizzazione del programma, circa 10.000 posti lavoro.
Il gruppo italiano Finmeccanica – che per il 30 per cento è di proprietà del ministero dell’Economia – partecipa alla costruzione degli aerei attraverso quattro  aziende: Alenia, Selex Galileo, Selex DCommunications e Avio.
Alenia partecipa già da tempo ad alcune fasi di progettazione del JSF, insieme alla Lockheed Martin, nella sede di Pomigliano d’Arco. Partecipa soprattutto alla costruzione di alcune componenti finali delle ali dell’aereo (per ora in due stabilimenti a Foggia e a Nola). Lavora poi nella base dell’aeronautica militare di Cameri, in provincia di Novara, dove è stata costruita l’unica linea di assemblaggio finale, manutenzione, supporto logistico e aggiornamento degli aerei al di fuori degli Stati Uniti. SELEX Galileo partecipa alla costruzione del sistema di puntamento. Altre imprese coinvolte: Elsag, Marconi Selenia Communications, Aerea (piloni di lancio dei missili), Datamat, Gemelli, Logic, Selex communication, Marconi, Sirio Panel (schermi e luci dell’abitacolo), Mecaer, Moog, Oma, OtoMelara, Secondo Mona, Sicamb (seggiolino eiettabile), Consorzio S3Log, Elettronica, Aermacchi e Vitrociset.
Lo stabilimento italiano di Cameri è denominato Faco, acronimo che sta per linea di assemblaggio finale. E’ costato finora 796 milioni 540 mila euro. L’investimento è stato fatto da Finmeccanica, gruppo di cui fa parte Alenia, partner dell’americana Lockheed con cui è stato siglato un accordo di collaborazione di lunga durata, data la complessità e la vastità del programma.
L’impianto avrà un duplice ruolo: da una parte l’assemblaggio completo degli F-35 destinati all’Italia (90) e all’Olanda (68 previsti in origine, ma verosimilmente non saranno più di 50), dall’altra la fabbricazione di una parte di ali e tronconi di fusoliera dei velivoli destinati agli Stati Uniti (all’inizio dovevano essere 1.250, al momento quelle sicure sono solo 100, ma c’è un impegno generico ad arrivare a 800). Saranno assemblati inizialmente i pezzi americani, inglesi e italiani, (le ali complete prodotte negli stabilimenti Aermacchi di Foggia e di Nola, vicino Napoli) e, successivamente, anche quelli turchi. A pieno regime, lo stabilimento sarà in grado di assemblare due aerei finiti al mese.
Lo stabilimento italiano sarà l’unico del progetto previsto per tutta l’Europa. E’ dimensionato per produrre tremila F35 nei prossimi 15 anni per tutti i paesi partner.

Cronistoria delle posizioni assunte dal Pd

L’Italia aderisce al Programma JSF nel 1996, Ministro della difesa Andreatta, limitatamente alla fase iniziale “Concettuale dimostrativa”, ratificata con la firma del MoA (memorandum of Agreement) in data 23 dicembre 1998.
Conferma l’adesione al programma limitatamente alla fase di “Sviluppo e Dimostrazione del sistema”, dopo il voto favorevole delle Commissioni Difesa del Senato (14 maggio 2002) e della Camera (4 giugno 2002).
Fin qui, siamo ad una fase “studio di fattibilità” .
Per quanto riguarda la partecipazione alle fasi successive, il Governo si è limitato ad una attività informativa, cui non sono seguite votazioni, presso:

–          Camera dei deputati – Commissione difesa 16 gennaio 2007;
–          Senato della repubblica – Commissione Difesa 30 gennaio 2007.

Nella fase ulteriore,  il PD non ha partecipato alle votazioni richieste:

–          Camera dei Deputati Comm. Difesa 8 aprile 2009;
–          Senato della repubblica – Comm. Difesa  8 aprile 2009.

Tutto ciò ad oggi non impegna all’acquisto dei velivoli e quindi non ci sono penali in quanto non è stato sottoscritto nessun contratto.

Nella XVII legislatura:

La Camera in data 26 giugno 2013 ha respinto la mozione Marcon, Spadoni, Beni, Sberna ed altri n. 1-00051 ed ha approvato la mozione Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio e Formisano n. 1-00125, concernenti la partecipazione italiana al programma di realizzazione dell’aereo Joint Strike Fighter-F35. Le mozioni Giorgia Meloni ed altri n. 1-00118, Formisano ed altri n. 1-00120, Brunetta e Cicu n. 1-00121, Rossi e Dellai n. 1-00122 e Scanu ed altri n. 1-00123 sono state ritirate.

Mozione n. 125 – Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio, Formisano
(approvata dalla Camera dei Deputati il 26 giugno 2013)

La Camera,

premesso che:

    i fondamenti del nostro «modello di difesa» sono contenuti nella Costituzione, con particolare riferimento all’articolo 11 che recita: «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo», e che a questi fondamenti si uniformano le scelte relative alle Forze armate;

    l’articolo 52 della Costituzione: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», interpretato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 164 del 1985, riconosce il valore della difesa della Patria anche attraverso la prestazione di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato;

    in un mondo sempre più globalizzato, che vede affacciarsi sulla scena nuovi attori in grado di incidere sugli equilibri internazionali e nuovi rischi, è ormai ineludibile per i paesi europei impegnarsi per lo sviluppo di un’effettiva politica estera e di sicurezza comune, in un quadro di collaborazione con le alleanze atlantiche;

    la maggior parte dei paesi europei è impegnata ad analizzare le opportunità che possono derivare dall’integrazione europea della difesa, con particolare riferimento alla costituzione di asset operativi e addestrativi comuni, finalizzati ad una piena interoperabilità, nonché alla promozione di sinergie industriali finalizzate alla ricerca, sviluppo e produzione di programmi comuni sulla base di accordi di cooperazione o di cooperazione rafforzata;

   il prossimo Consiglio europeo di dicembre costituirà un appuntamento fondamentale per dare impulso alla costruzione della Difesa europea e tutti i paesi dell’Unione saranno chiamati, in quella sede, a trovare convergenza e complementarietà, anche con l’obiettivo di ricercare il miglior utilizzo delle risorse disponibili, nell’attuale complesso quadro finanziario generale;

   con l’entrata in vigore dell’articolo 4 della legge n. 244 del 31 dicembre 2012, è stata attribuita al Parlamento la competenza sulla coerenza dell’adozione dei programmi dei sistemi d’arma a seguito di valutazioni riguardanti la situazione geopolitica internazionale, l’individuazione delle sfide strategiche incombenti e, nondimeno, la coerenza e la congruità degli investimenti militari, anche alla luce delle condizioni generali della finanza pubblica e della crisi economica e sociale;

tenuto conto che:

   i principali paesi europei hanno avviato processi di revisione delle rispettive Forze armate e che il Parlamento italiano ha approvato la legge di revisione dello strumento militare che delinea Forze armate sostenibili, nel prevedibile quadro finanziario, assicurandone l’efficacia operativa;

  considerato che:

   secondo i dati riportati nel Fact Sheet (aprile 2013) del noto centro Stockolm International Peace Research Institute – SIPRI – la spesa militare in Italia si è ridotta del 5,2 per cento tra il 2011 e il 2012, e del 19 per cento tra il 2003 e il 2012, ovvero di gran lunga la maggiore riduzione – unica a «2 cifre» – riscontrata fra i paesi occidentali;

   la tematica dell’acquisizione dei sistemi d’arma costituisce solo un aspetto della pianificazione generale della Difesa, di cui la parte più rilevante è costituita dalla complessità delle problematiche inerenti al personale, tenendo conto della riconosciuta specificità;

   nell’ambito della razionalizzazione della spesa per investimenti occorre una seria riflessione sul mutamento degli scenari strategici. In questo senso è necessario valutare la compatibilità dei programmi a fronte delle nuove esigenze strategiche per la sicurezza del Paese – rafforzando le capacità operative delle nostre Forze armate – nonché delle risorse disponibili e dei ritorni industriali, anche con riguardo all’obiettivo di conseguire più elevati livelli occupazionali rispetto a quanto al momento prevedibile;

   si rende sempre più necessario il potenziamento delle politiche finalizzate alla prevenzione dei conflitti, da conseguire con puntuali attività di intelligence e di rafforzamento delle relazioni diplomatiche fra i vari paesi, nonché con forti azioni di sostegno a favore delle forze armate, della cooperazione internazionale e del volontariato civile e religioso impegnato nei teatri di guerra;

   il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2013-2015, all’attenzione del Parlamento, prevede un insieme di programmi di acquisizione di mezzi e sistemi d’arma funzionali a garantire il sistema di difesa nazionale, tra cui la sostituzione dei velivoli aerotattici della marina e dell’aeronautica prossimi alla fine della vita operativa, in coerenza con i compiti istituzionali, e con la legge n. 244 del 31 dicembre 2012, relativa alla delega «per la revisione dello strumento militare nazionale»;

   le Commissioni parlamentari competenti hanno manifestato l’intendimento di avviare audizioni ed indagini conoscitive in vista del Consiglio europeo di dicembre, in particolare sui sistemi d’arma destinati alla difesa, per verificare la coerenza della pianificazione dell’investimento, ai sensi dell’articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n. 244, e anche alla luce delle parallele iniziative degli altri paesi europei,

impegna il Governo:

   a dare impulso, a partire dal Consiglio europeo di dicembre, a concrete iniziative per la crescita della dimensione di Difesa comune europea in una prospettiva di condivisa razionalizzazione della spesa;

   al pieno rispetto di quanto previsto dall’articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n. 244, allo scopo di garantire al Parlamento di esercitare le proprie prerogative;

   in particolare, relativamente al programma F35, a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi dell’articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n. 244.


La legge 31 dicembre 2012, n. 244 contiene la “Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia”. In particolare, l’articolo 4, al comma 2, lettera a), ha modificato l’articolo 536 del Codice dell’Ordinamento militare:

Art. 4 – Disposizioni in materia contabile e finanziaria

(…)

2. Al codice dell’ordinamento militare sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 536 è sostituito dal seguente:

«Art. 536 (Programmi). – 1. Con riferimento alla pianificazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento dei sistemi d’arma, delle opere, dei mezzi e dei beni direttamente destinati alla difesa nazionale, annualmente, entro la data del 30 aprile, il Ministro della difesa provvede a trasmettere al Parlamento l’aggiornamento della documentazione di cui agli articoli 12 e 548, comprensivo del piano di impiego pluriennale che riassume:

a) il quadro generale delle esigenze operative delle Forze armate, comprensive degli indirizzi strategici e delle linee di sviluppo capacitive;

b) l’elenco dei programmi d’armamento e di ricerca in corso ed il relativo piano di programmazione finanziaria, indicante le risorse assegnate a ciascuno dei programmi per un periodo non inferiore a tre anni, compresi i programmi di ricerca o di sviluppo finanziati nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Nell’elenco sono altresì indicate le condizioni contrattuali, con particolare riguardo alle eventuali clausole penali.

2. Nell’ambito della stessa documentazione di cui al comma 1 sono riportate, sotto forma di bilancio consolidato, tutte le spese relative alla funzione difesa, comprensive delle risorse assegnate da altri Ministeri.

3. In relazione agli indirizzi di cui al comma 1, i conseguenti programmi ed i relativi impegni di spesa sono approvati:

a) con legge, se richiedono finanziamenti di natura straordinaria;

b) con decreto del Ministro della difesa, se si tratta di programmi finanziati attraverso gli ordinari stanziamenti di bilancio, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze se tali programmi sono di durata pluriennale. Salvo quanto disposto al comma 4 e sempre che i programmi non si riferiscano al mantenimento delle dotazioni o al ripianamento delle scorte, gli schemi di decreto di cui al periodo precedente sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni competenti. I pareri sono espressi entro quaranta giorni dalla data di assegnazione. Decorso inutilmente il termine per l’espressione del parere, i decreti possono essere adottati. Il Governo, qualora non intenda conformarsi alle condizioni formulate dalle Commissioni competenti, ovvero quando le stesse Commissioni esprimano parere contrario, trasmette nuovamente alle Camere gli schemi di decreto corredati delle necessarie controdeduzioni per i pareri definitivi delle Commissioni competenti da esprimere entro trenta giorni dalla loro assegnazione. In tal caso, qualora entro il termine indicato le Commissioni competenti esprimano sugli schemi di decreto parere contrario a maggioranza assoluta dei componenti, motivato con riferimento alla mancata coerenza con il piano di impiego pluriennale di cui al comma 1, il programma non può essere adottato. In ogni altro caso, il Governo può procedere all’adozione dei decreti. Gli schemi di decreto sono trasmessi anche alle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

4. I piani di spesa gravanti sugli ordinari stanziamenti di bilancio, ma destinati al completamento di programmi pluriennali finanziati nei precedenti esercizi con leggi speciali, se non richiedono finanziamenti integrativi, sono sottoposti dal Ministro della difesa al Parlamento in apposito allegato al piano di impiego pluriennale di cui al comma 1.

5. L’attività contrattuale relativa ai programmi di cui al comma 3 e ai piani di spesa di cui al comma 4 è svolta dalle competenti direzioni generali tecniche del Ministero della difesa.»;

(…)

Secondo il disposto normativo, quindi, in riferimento alla pianificazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento, il Ministro della difesa trasmette, ogni anno, al Parlamento una documentazione comprensiva del piano di impiego pluriennale, contenente sia il quadro generale  delle  esigenze  operative  delle  Forze armate, comprensive degli  indirizzi strategici  e  delle  linee  di sviluppo capacitive, sia l’elenco dei programmi d’armamento e di ricerca in corso ed il relativo piano di programmazione finanziaria, indicante le risorse assegnate a ciascuno dei programmi per un periodo non inferiore a tre anni.
Quanto ai programmi di ammodernamento finanziati attraverso gli ordinari stanziamenti di bilancio, il comma 2 dell’articolo 4, dispone che essi siano approvati con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze se di durata pluriennale. Gli schemi di decreto sono sottoposti preventivamente al parere delle Commissioni difesa di Camera e Senato.
A questo riguardo, è descritta con precisione la procedura di consultazione tra il Governo e le Commissioni. All’esito di una prima fase, è data facoltà al Governo di non conformarsi all’eventuale pronuncia di un parere condizionato o contrario, riproponendo alle Commissioni gli schemi di decreto con relative controdeduzioni. All’esito di questa seconda fase, il programma non può essere adottato ove le Commissioni si esprimano a maggioranza assoluta dei componenti con un parere contrario sugli schemi di decreto, motivato con riferimento alla mancata coerenza con il piano di impiego pluriennale.
Il dettato normativo ha, quindi, inteso affidare alle Commissioni il compito di verificare la coerenza tra quanto dichiarato dal Governo nel proprio piano di impiego pluriennale, in tema di esigenze operative delle Forze armate e di programmi di armamento, inclusa la programmazione finanziaria, e quanto contenuto nei decreti del Ministro della difesa.
In tal senso, la Legge n. 244 del 2012 ha inteso favorire una interazione tra Governo e Parlamento che, tuttavia, mantenesse ben distinti i rispettivi ruoli, nel rispetto del dettato costituzionale.
Il Governo è responsabile delle soluzioni da adottare in tema di pianificazione dello strumento militare. La fiducia accordatagli da ciascuna Camera, gli impone, tuttavia, di assolvere ad un obbligo di informazione in merito alle proprie scelte, perché il Parlamento possa esercitare le proprie prerogative.
Questo è il significato dell’impegno richiesto al Governo dalla Mozione n.125.
Il 3 luglio 2013, all’esito di una riunione, Presieduta dal Presidente della Repubblica, il Consiglio Supremo di Difesa, ha precisato:

< (…) Con riferimento al processo di riforma dello strumento militare, si è rilevato come l’attuazione della Legge 244/2012 debba riflettere indirizzi strategici e linee di sviluppo delle capacità e delle strutture coerenti con le sfide, i rischi e le minacce che il contesto globale in rapida trasformazione prospetta per il nostro Paese e per la Comunità Internazionale. In tale quadro, la progressiva integrazione europea, in coordinamento con l’evoluzione della NATO, e la realizzazione di capacità congiunte costituiscono presupposti fondamentali per l’approntamento di forze in grado di far fronte efficacemente alle esigenze di sicurezza e di salvaguardia della pace. Questa è la prospettiva da perseguire, anche in considerazione della limitatezza delle risorse disponibili e dell’entità, da un lato, degli investimenti da effettuare per la sicurezza e la difesa e della gravità, dall’altro, delle esigenze di rilancio della crescita e dell’occupazione.
A parere del Consiglio Supremo, tale visione è conforme allo spirito ed al disposto della legge 244, anche per quanto attiene alle necessità conoscitive e di eventuale sindacato delle Commissioni Difesa sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate, fermo restando che, nel quadro di un rapporto fiduciario che non può che essere fondato sul riconoscimento dei rispettivi distinti ruoli, tale facoltà del Parlamento non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’Esecutivo (…)>.

                                               (a cura di Marcella Lucidi e Silvia Di Gennaro)



[1] Una convenzionale per l’USAF (United States Air Force); una per essere imbarcata per la Navy e una STOVL, ovvero un aereo dal decollo corto e atterraggio verticale per i Marines.

[2] Tra le proprie osservazioni, la Commissione difesa della Camera richiedeva che l’andamento del progetto fosse oggetto di informativa al Parlamento entro 24 mesi dalla data di adesione. Il 28 luglio 2004, il Governo riferì a quella Commissione sull’andamento del progetto tramite il Generale Bernardis, allora capo del IV reparto del Segretariato Generale del Ministero della Difesa.

[3] Il programma JSF prevedeva inizialmente una sola linea di assemblaggio finale e di verifica velivoli (FACO) a Fort Worth in Texas (USA). In seguito a una serie di negoziati, gli USA davano il proprio consenso alla creazione di una seconda linea di assemblaggio, in Italia, per i velivoli nazionali e per quelli dei Paesi europei che ne facciano richiesta, ponendo condizioni in merito alla salvaguardia della riservatezza delle lavorazioni.
Nel quadro della realizzazione di questo progetto, l’Italia ha, nel frattempo, sottoscritto, il 30 marzo 2006, un accordo bilaterale con l’Olanda per lo sviluppo di un piano di logistica JSF in ambito europeo. Il citato accordo prevede, in particolare, la creazione in Italia di una linea di assemblaggio finale e verifica dei velivoli, convertibile, successivamente in un centro europeo di manutenzione, revisione, riparazione e modifica dei velivoli italiani e di quelli dei partner europei e mediterranei.
L’accordo è stato sottoscritto, il 13 giugno 2007, anche dalla Norvegia.
La struttura è prevista presso la base dell’Aeronautica militare di Cameri (Novara), dove ha sede il 1° Reparto Manutenzione Velivoli (Tornado ed Eurofighter) e che è il principale centro logistico nazionale dell’Aeronautica.
Le attività di gestione industriale della struttura sono state sub-contrattate dalla Lockheed Martin alla ditta Alenia.

[4] Il Government Accountability Office (GAO) è una agenzia indipendente che supporta il congresso USA nel monitoraggio dell’azione del Governo federale e delle sue spese.