di Luigi Covatta
Oggi se n’è andato Luciano Pellicani. Aveva diretto la nostra rivista dal 1985 al 1998, e poi ancora dal 2000 al 2008. Non mancherà l’occasione per ricordarlo adeguatamente. Per ora ci si può limitare ad elencare i titoli dei capitoli della sua storia intellettuale, determinante per il rinnovamento della cultura socialista in Italia. A cominciare dal contributo che diede alla redazione di quel Vangelo socialista col quale, nel 1978, Craxi replicò a Berlinguer: il quale, tre mesi dopo l’assassinio di Aldo Moro, aveva avuto il coraggio di rivendicare “la permanente validità della lezione leninista”, contrapponendola a quel “nuovo corso socialista” da lui considerato “culturalmente debole”.

In quel saggio si citava anche Proudhon, insieme con Bernstein, Kautsky, Trotzkij e Rosa Luxemburg (“La meta finale è la società senza Stato, ma per giungervi occorre statizzare ogni cosa […] Ma come è mai possibile estrarre la libertà totale dal potere totale?”): e tanto bastò, alla stampa “indipendente”, per intestare quel saggio al discusso utopista francese e per trarre così d’impaccio il leader di un Pci proteso verso un peraltro immaginario compromesso storico.

Poi, sempre quell’anno, il convegno su Marxismo, leninismo, socialismo organizzato con Paolo Flores d’Arcais nel corso del quale per la prima volta socialisti e comunisti italiani (fra cui, oltre a Craxi, Rossana Rossanda, Beppe Vacca e Fabio Mussi) si confrontarono con marxisti dissidenti dell’Est e dell’Ovest (da Castoriadis a Feito, da Kolakowski a Pelikan).

La prova più difficile, comunque, la superò nei primi anni ’90, quando riuscì a tenere insieme la gran parte dei collaboratori di Mondoperaio (di cui aveva assunto la direzione nel 1985) nonostante il crollo del Psi: un lascito senza il quale la nuova serie della rivista, nel 2009, non avremmo neanche potuto concepire. Ed ancora nel 2000, quando riprese la direzione della rivista proprio mentre alcune delle sue firme (da Colletti a Melograni ed altri) migravano verso Berlusconi.

Non aveva peli sulla lingua, Luciano, nel contestare i luoghi comuni su cui si era fondata l’egemonia culturale del Pci sulla sinistra. Ma era, e rimase, uomo di sinistra: non si sottrasse nemmeno, nel 1997, a partecipare con molti di noi al Forum della sinistra da cui avrebbe dovuto nascere quel partito della socialdemocrazia italiana che Massimo d’Alema aveva amabilmente definito “Cosa due”.

Adesso se n’è andato: privandoci del suo consiglio per affrontare i problemi che dovremo risolvere dopo la pandemia.