Pubblichiamo un documento di orientamento per le prossime elezioni politiche proposto dal gruppo “Riformisti per davvero”. Un gruppo di riflessione ed azione politica che si è costituito, ad inizio anno, per iniziativa di alcuni intellettuali e politici progressisti con il sostegno e l’incoraggiamento della Fondazione Socialismo e della rivista Mondoperaio. Nella scorsa primavera, esso ha realizzato un seminario di riflessione sull’Opinionismo e predisposto e diffuso una bozza di riforma della legge elettorale ampiamente discussa. Del gruppo fanno parte tra gli altri Giuseppe De Rita e Vito Gamberale, Paolo Pombeni e Giulio Sapelli, Michele Salvati e Claudio Petruccioli.

 

I RIFORMISTI PER DAVVERO E LE ELEZIONI

Non possiamo sottrarci al dovere di pronunciarci sul tornante che si apre con le elezioni del 25 settembre 2022. Diciamo subito che rifiutiamo il tentativo di presentare questa chiamata alle urne come una sorta di replay del 18 aprile 1948, una scelta di campo obbligata fra un bene e un male, uno scontro che non consentirebbe altra opzione che lo stare o di qua o di là.

Non si tratta di negare che esistano diversità fra la destra e la sinistra, ma di essere consapevoli che entrambi i campi sono composti da articolazioni plurali, che è la naturale dialettica fra queste a consentire la ricerca di soluzioni ai problemi di questo complesso e complicato momento storico, che il compito di questa dialettica è scomporre e ricomporre in continuazione le aggregazioni politiche.

Chi ha optato per un orizzonte riformista è consapevole che la politica è governo attraverso il confronto, che la soluzione dei problemi in campo si trova con la paziente ricerca del convincimento reciproco fra diverse posizioni, che la costruzione di un “idem sentire de re publica” è fondamentale per non cadere nella trappola del paese eternamente diviso fra guelfi e ghibellini.

Ci sono grandi temi che abbiamo davanti e sui quali è un po’ ridicolo predicare soluzioni che non sono nelle nostre mani: la guerra in Europa e i nuovi imperialismi, la crisi ormai evidente della “affluent society”, i grandi eventi mondiali dalle migrazioni al cambiamento climatico. Per misurarci con queste emergenze dobbiamo disporre di un contesto istituzionale che consenta il confronto continuo delle analisi e delle proposte, che aiuti la selezione delle personalità più adatte per agire nel flusso degli eventi che non è predeterminabile. Non si risolve nulla con un colpo di voto.

Ci sono poi molti temi sui quali invece sarebbe non solo possibile, ma doveroso avviare un confronto già nel momento in cui si chiedono i voti agli elettori. Per fare qualche esempio: il tipo di legge elettorale più adatto per rispettare la rappresentanza e al tempo stesso per arricchire le dinamiche decisionali; la riforma del bicameralismo paritario che ha sempre avuto poco senso, ma che ha perso anche quel poco che aveva nel momento in cui si sono resi eguali gli elettorati delle due Camere; la sistemazione della distribuzione dei poteri e dei ruoli fra centro e autonomie reginali e locali; la revisione dell’intero sistema fiscale lasciando perdere le scempiaggini demagogiche sulla flat tax; la regolazione dei poteri di nomina che debbono essere sottratti dalla fattispecie dei poteri di accaparramento a favore di amici e sodali. Si potrebbe naturalmente continuare.

Su questi temi al massimo nei programmi dei partiti si trovano righe generiche, anzi generiche al punto tale che quasi si potrebbero sottoscrivere tutte se non si sapesse quale può essere la credibilità e la capacità di attuarli di ciascun proponente.
In questa fase cruciale non c’è dunque bisogno di lanciare crociate e di replicare gli ideologismi stantii sui buoni contro i cattivi. C’è piuttosto necessità di favorire la partecipazione dei cittadini alla vita politica e questo si può ottenere se si propone loro di entrare in un meccanismo di costruzione delle scelte politiche, non se li si invita a proclamare la loro fede acritica in questo o in quello (ciascuno poi si offende a vederla messa in questo modo, perché finge di offrire spazi di coinvolgimento che sono impossibili in un sistema tutto in mano a gruppi oligarchici).

Riteniamo dunque che sia da rigettare qualsiasi impostazione che punta a creare una contrapposizione fra un noi e un loro che diventano reciprocamente fissi e impermeabili. I riformisti sanno che le operazioni politiche si realizzano col confronto e col rispetto fra le diverse posizioni, nella convinzione che ci sia spazio e modo per convergere su soluzioni comuni. Gli sciocchi chiamano sprezzantemente questo “compromesso”, o peggio “inciucio”, ma si dovrebbe ricordare che con questa apertura mentale si è riusciti a scrivere la nostra Carta Costituzionale pur in un’epoca di forti contrapposizioni. Aggiornarla si è poi rivelato impossibile proprio per la perdita di quella cultura del confronto e della ricerca di comprensione per le ragioni di tutti (per le ragioni, ovviamente, non per le follie e le fantasie, per gli utopismi a buon mercato che di razionale non hanno nulla).

Sulla base di queste riflessioni, noi che abbiamo l’ambizione di considerarci riformisti per davvero, invitiamo tutti a partecipare alla prova elettorale non per piantare bandierine pseudo- identitarie, non per farsi irretire nell’appello interessato a dare voti “utili” a questo o a quello contro questo o quel nemico costruito ad arte, ma per dar vita ad un parlamento costituente, ricco di capacità creative, in grado di contribuire alla costruzione di quel sentire comune che è indispensabile per affrontare i tempi difficili che abbiamo davanti.

Solo in un contesto di questo tipo sarà possibile avere la corretta dialettica costituzionale fra maggioranze e opposizioni che si confrontano piuttosto che scambiarsi anatemi, che accettano non di monopolizzare i rispettivi poteri, ma di metterli al servizio delle donne e degli uomini di questo paese.

Roma, 9 settembre 2022