I risultati delle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria, e le polemiche interpretative che ne sono seguite, hanno spinto sullo sfondo, nei media, lo sconcerto suscitato in Parlamento e fra le forze sociali e politiche democratiche dall’annuncio a mezzo stampa di un piano governativo di riforma della Rai. Uno sconcerto accresciuto, qualche giorno dopo, dalla retromarcia di Palazzo Chigi per il quale adesso non se ne fa nulla e tutto è rinviato non si sa a quando.
Il piano metteva mano al canone di abbonamento alla radiotelevisione pagato dagli italiani e agli organi di governo dell’azienda pubblica, per porre le condizioni di un rinnovo, su basi molto diverse dalle attuali, della concessione Stato-Rai in scadenza nel 2016. Ancora una volta, questa l’accusa, il governo Renzi ha preso un’iniziativa personalistica in un settore di pertinenza parlamentare, ignorando il lavoro svolto dalla Commissione competente. In particolare, il disappunto si è volto in rabbia nel Partito Democratico, le cui componenti hanno visto ignorate le proposte di riforma del servizio pubblico da esse elaborate da anni.
Ben più aspre, anche se tenute sotto controllo, sono state le reazioni suscitate dal piano governativo nei sindacati Rai e, in particolare, in quello dei giornalisti, determinato a tagliare anche al suo interno il cordone ombelicale con i partiti. Da quel che si è venuti a sapere, essi sono impegnati da mesi in un serrato (e riservato) confronto con il dg Luigi Gubitosi sul modello produttivo e sulle priorità finora invalse nella gestione della Rai, così centrate, e da tempo, sull’informazione e i suoi ruoli professionali. Un confronto – sarebbe meglio dire, uno scontro – che vede i sindacati (sopratutto l’Usigrai) andare ben oltre le timide novità proposte dal dg circa le testate nazionali e le loro proiezioni sulle reti digitali del servizio pubblico.
Sembra, infatti, che sul tavolo ci sia anche la loro proposta di abolire i cinque minuti di Tg regionale in onda ogni giorno dopo mezzanotte nel TG3 Linea Notte: la rubrica che tanto costa in termini di organico, turni di lavoro e gestione degli impianti nelle 21 sedi regionali. Le voci da noi raccolte in via del tutto confidenziale dicono che la proposta viene tenuta ferma nonostante la violenta opposizione delle Regioni (o meglio di tutti i partiti a livello regionale) e le riserve discrete, ma non meno robuste, della federazione nazionale della stampa per le pressioni, si dice, della Casagit, il fondo di previdenza e assistenza dei giornalisti. Le Regioni si oppongono alla riduzione degli spazi informativi ad esse dedicati e al conseguente accentramento che ne deriverebbe delle attività del servizio pubblico, mentre il sindacato nazionale dei giornalisti teme che il taglio degli organici, e del flusso di assunzioni e soprattutto di ‘regolarizzazioni’ finora assicurato dalla Rai a suo tempo riformata porti a una riduzione dei contributi che tanta parte hanno nell’equilibrio di bilancio del loro ente previdenziale. Stando a queste voci, l’improvvido (?) annuncio del governo sarebbe solo un diversivo offerto ai partiti e ad altri interessi costituiti, allo sbando senza ancoraggi istituzionali, per continuare a contrastare le proposte dei sindacati Rai, e una vera e propria ciambella di salvataggio offerta al direttore generale Gubitosi, che non vuole neppure sentire parlare di usare le risorse così risparmiate per ridurre la pressione della pubblicità sui palinsesti e dentro gli stessi programmi. Due fattori, questi ultimi, che secondo alcuni, più sensibili, hanno la loro parte nel condizionare e squalificare l’offerta del servizio pubblico, soprattutto televisiva.
Il timore, in particolare dei giornalisti, è che vengano meno le prospettive di cambiamento che fino a pochi giorni fa sembravano ancora aperte. E che tutto resti quindi affidato all’esito dell’iniziativa lanciata a Roma il 9 e 10 ottobre scorso dall’Associazione Articolo 21 e da Eurovisioni e “rivolta al mondo della scuola e dell’Università: un concorso per gli studenti invitati a riscrivere, in non più di mille caratteri la missione che la Rai dovrà svolgere nei prossimi dieci-quindici anni: qualcosa di analogo, anche nella forma, a un articolo della Carta costituzionale”. Come dire: il mondo salvato dai ragazzini, come pensava Elsa Morante, con un ‘tema’ di liceale memoria.