Da anni molti ripetono che in Italia, nonostante i sommovimenti politici e il venir meno dei “partiti-chiesa”, le culture politiche (in senso lato) di matrice comunista e democristiana o legate alla destra autoritaria esercitano ancora un’influenza notevole. Concordo. E nel contempo noto che l’area riconducibile – anche qui in senso lato – al “socialismo delle libertà”, dinanzi alle scelte e ai nodi cruciali, si presenta quasi sempre profondamente divisa. Guai a idealizzare la “compattezza” (d’altronde c’è chi dice che la sinistra si riproduce per scissione), ma certe prese di posizione hanno purtroppo il sapore della subalternità.
Ѐ accaduto ad esempio con i “girotondi”; capita rispetto ai tentativi di riforma promossi dal nuovo corso di Matteo Renzi. L’ex sindaco di Firenze viene definito un leader “postideologico” o “postmoderno”; tuttavia varie sue parole d’ordine rimandano a idee ormai classiche della sinistra liberale: la valorizzazione del merito, lo sforzo volto a coniugare gli interessi del singolo con quelli della società, la capacità di decidere in maniera tempestiva. Perché non aprire su ciò un confronto serrato e appassionato, specie in un momento difficile e delicato come l’attuale? Perché rinunciare a un dibattito fecondo in nome della solita levata di scudi, inevitabilmente conservatrice?