di Elisabetta Cianfanelli

Avreste mai creduto che un giorno le sedute di tesi sarebbero state telematiche? Che le piattaforme online potessero offrirsi come aule magne? Forse: e non senza riserve circa un’esperienza “distante”. Da Presidente di una Commissione di tesi di laurea, per calendario e per modalità, ho vissuto la forte responsabilità di restituire a colleghi, candidati, spettatori il profondo significato di un momento simbolico nella carriera universitaria.

Le logiche del digitale non hanno ostacolato le procedure, né intaccato gli spazi di dissertazione: né, ancora, impedito la ritualità intera della cerimonia, dall’apertura all’alzarsi in piedi per la proclamazione in nome della Repubblica Italiana. Il carico emotivo di questi momenti non ne è uscito svilito, unendo laureandi, amici, familiari e docenti nonostante le distanze. Riscoprendosi veicolo eccezionale di riti e significati, forse il digitale non è poi così disumano. In un mese di attività didattica a distanza la sperimentazione di modalità alternative – sia online che offline – si è offerta quale grande esercizio di novità. L’attivazione di laboratori progettuali digitali, svolti con l’ausilio di tavolette grafiche e lavagne digitali in realtime, ci pone nella condizione di cogliere le grandi opportunità poste in essere dalle nuove forme della vita e del lavoro.

Quanto sta accadendo sta rimodellando abitudini e consuetudini, ridefinendo interi e nuovi modelli sociali che ricordano all’Italia il grandissimo valore della sanità pubblica e della scuola pubblica, i sistemi complessi che in questo momento di difficoltà hanno risposto alla società. Nel mondo della formazione il corpo dei docenti ha risposto con iniziative dirette da un profondo pragmatismo, veicolato da un fare dinamico ed elastico, pronto a riorganizzare le attività in prima battuta e rendere accessibili a tutti i mezzi per partecipare. Il termine “pubblico” riacquista significato e ritorna protagonista della contemporaneità, sottolineando la sua importanza per la società. Le scuole statali di ogni ordine e grado, fino ad università ed accademia, sorgono su una istituzione sancita dall’articolo 33 della Costituzione: a cui si affianca l’articolo 34 con un principio di rafforzamento fondamentale: “La scuola è aperta a tutti”. Il diritto all’istruzione è inoltre garantito dall’articolo 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. All’interno di questo quadro si sancisce la gratuità e l’obbligatorietà del diritto allo studio affiancandovi il diritto alla formazione professionale continua, previsto dell’articolo 35 della nostra Costituzione.

Il diritto all’istruzione partecipa ad un discorso ben più ampio: alludendo al profondo valore sociale che la scuola incarna ed offre, scandendo tutte le tappe della vita culturale delle persone, assolvendo il ruolo di formatore e di educatore. Proprio in questo periodo, nei quartieri italiani con maggiori difficoltà sociali, i docenti stanno svolgendo una funzione più educativa che istruttiva, che grazie allo strumento tecnologico si fa anche pervasiva: nessun discente resta escluso e partecipa alla propria classe digitale svolgendo attività non soltanto finalizzate allo studio, ma tese anche a definire uno spazio per il tempo libero tutto da progettare. La formazione pubblica, della quale poco si parla in questo momento, traccia un luogo certo e sicuro per i ragazzi che, anche laddove attrezzati con mezzi di fortuna, riscoprono la capacità maturata nel tempo di risolvere problemi tangibili. Il silenzio del sistema scolastico in questo frangente storico non è quello di una risposta sospesa, tutt’altro: è il silenzio dell’impegno a perseverare nella sua missione con tempestività e capacità, come testimoniato dagli stessi dati rilevati dai ministeri.

La grande ispirazione sociale incarnata da quei valori di solidarietà e di comunanza, di cui la scuola è da sempre il tempio, descrive un sistema, quello scolastico, dedicato all’educazione prima ancora che alla formazione: mira non esclusivamente a costruire competenze, ma a coltivare i cittadini di domani. I nuovi stili di vita e le nuove forme del lavoro suggeriscono inoltre una certa armonia nell’abitare il mondo, promuovendo un modo di vivere più sostenibile: il binomio casa-lavoro non corrisponde più ad un tragitto, esprimendosi oggi in un luogo unico in cui il domestico e professionale, il formale e l’informale interagiscono secondo dinamiche nuove che ridefiniscono incontri ed appuntamenti, luoghi di ritrovo e di confronto.

È il tempo di ripensare il mondo del lavoro in tutta la sua interezza, a partire dai suoi nuovi spazi e tempi dettati dalla qualità del servizio, così da attivare una riorganizzazione a catena di quanto ora è vuoto e immobile. Oggi il mezzo tecnologico rivela la sua forza strategica, mostrando come formazione e studio non richiedano una presenza obbligata in quei luoghi ad alta intensità, (poli ad alta velocità materica), permettendo un recupero e una riabilitazione di quei luoghi remoti, borghi dimenticati, forse scollegati, ma sempre connessi.

L’infrastruttura digitale incontra tutte le esigenze della didattica, permettendole di offrire una formazione universitaria estesa, reinterpretata in una soluzione blended in cui la tradizionale didattica in presenza si concentra in alcuni periodo dell’anno: Consentirebbe di aprire la possibilità ad un numero maggiore di studenti nazionali ed internazionali di iscriversi ai corsi, ravvivando la dimensione eclettica ed inclusiva del sapere. Se l’introduzione del numero chiuso o programmato oggi rappresenta una necessità strutturale, in una università blended tale modello risulterebbe obsoleto per natura. La Rete e le sue logiche offrono le fondamenta per un’università davvero per tutti, dall’offerta formativa ampliata e diversificata, che arrivi e che parli a tutti, proprio come recita l’articolo 34 della nostra Costituzione: la società contemporanea chiede un apparato concettuale e strutturale ampliato, diversificato, rigenerato.

Il sistema universitario del futuro ottimizza i tempi: che, risparmiando sui tempi organizzativi e burocratici, sono più ampiamente canalizzati nella produzione di conoscenza e nella gestione più elastica del tempo interno al proprio percorso formativo. Da una struttura ripensata verranno figure professionali adeguatamente ripensate per posti di lavoro altrettanto riconfigurati per quei giovani che vogliano dedicarsi alle attività di ricerca, anch’esse rigenerate nelle loro modalità e nella loro relazione con la didattica. Il raggio d’azione di un’università blended, infatti, non si limita al solo modo di svolgere le attività didattiche e di ricerca, ma alla loro interconnessione profonda, rafforzata dall’organizzazione di nuove forme di conferenze scientifiche, aggiornamenti, sistemi di professionalizzazione e formazione continua, supportate da una struttura organizzativa “lieve” per procedure ottimizzate e dematerializzate.

Un cambiamento tanto profondo chiede a gran voce l’intervento di progettisti capaci di definire nuovi scenari e di sperimentatori dei nuovi modelli di sviluppo, formazione, ricerca: in tempi di forte incertezza è proprio la sperimentazione a far emergere quei buoni risultati che, laddove abilmente trasformati, avvieranno le nuove procedure per il paese. Ripartire da un foglio bianco, ma non privo di radici: i nuovi scenari sorgono su una memoria storica che non possiamo e non dobbiamo dimenticare, pur riconoscendone il suo carattere passato. Quando nulla è certo, fare il futuro significa porre strategicamente le risorse in sperimentazione e riconversione, per rimodellare quelle strutture e infrastrutture del paese che ad oggi non sono più in grado di interpretare e rispondere al contemporaneo.

Coloro che legiferano e definiscono le procedure hanno pertanto necessità di operare in processi snelli, trasparenti e immateriali. Oggi il maggiore sforzo creativo e progettuale si riassume nell’urgenza di nuove modalità per rispondere con immediatezza alle problematiche sollevate dai cittadini. Allo stesso modo la formazione ha necessità di avviare una fase di grande sperimentazione e confronto, al cui seguito sarebbe così possibile definire procedure e modalità efficaci ed efficienti in relazione ai nuovi luoghi e ai nuovi mezzi, alle nuove possibilità e alle nuove criticità.

I ritmi frenetici della vita precedente trascinavano una struttura organizzativa pesante e gravosa. L’immobilità imposta dal contemporaneo sembra offrire quel momento di riflessione necessario perchè si riscopra l’essenziale, a partire da logiche di tutt’altra velocità. Le esperienze di questi giorni costituiranno con grande probabilità un momento di discontinuità imprescindibile, a partire dal quale l’incertezza può essere gestita assumendo un atteggiamento progettuale nei confronti del futuro: dagli scenari alle azioni, l’intenzione sarà dunque mettere in opera una rivoluzione guidata dalla cultura di progetto.