Nel primo numero dell’anno (1/2019) la rivista Mondoperaio ha ospitato una storia a fumetti  che narra una vicenda d’amore ambientata nella Torino del dopoguerra, durante l’esodo giuliano-dalmata.
Una vicenda di solidarietà e accoglienza da parte di un’intera città.
Il fumetto è stato prodotto dall’Anonima fumetti, dall’Accademia di progettazione sociale Maggiora e dal Rotary Torino Sud est. Soggetto e sceneggiatura Nico Vassallo, disegni Marcello Restaldi, consulenza storica Enrico Miletto. 

 

L’esodo dimenticato
Antonio Ballarin, presidente nazionale dell’ANVGD

Quando nel 1964 Umberto Eco mandò in libreria “Apocalittici e integrati” e sdoganò la cultura pop, sul “Giorno” la recensione di Pietro Citati venne intitolata “La Pavone e Superman a braccetto di Kant”. Lo ha ricordato Pierluigi Battista nel suo “Il partito degli intellettuali” (Laterza, 2001), il quale ha poi elencato i titoli altrettanto sarcastici degli altri giornali: “Mandrake entra all’università”, “Dall’estetica a Rita Pavone”, “Passaporto culturale per Mandrake e Topolino”, “I fumetti entrano nelle università come impegnativa materia di studio”.
Che i fumetti siano poi davvero entrati nelle università si può discutere: il misoneismo dei nostri baroni non è mai stato facilmente permeabile. Ma dopo più di cinquant’anni almeno noi abbiamo capito l’antifona, e facciamo entrare i fumetti nel nostro modesto laboratorio politico-culturale.
Anche in questo, forse, siamo un po’ retrò: adesso si portano i social media, e Topolino è solo un’icona vintage riscoperta in occasione del suo 90° compleanno. Visti però i risultati di quel “partito degli intellettuali” che la nostra rivista nei suoi settant’anni di vita non ha mancato di mettere alla frusta, va bene così. E va bene anche che il plot riguardi una storia spesso rimossa nelle retoriche resistenziali come quella dei profughi giuliano-dalmati e delle inaudite violenze che ebbero luogo ai nostri confini orientali.

Il fumetto realizzato da sceneggiatori dell’Anonima Fumetti sulla base del lavoro storico di Enrico Miletto rappresenta una bella e civile iniziativa sul solco di quanto stabilito dalla legge 92 del 2004, istitutiva del Giorno del Ricordo. La legge, approvata dal Parlamento con una larghissima maggioranza (502 favorevoli, 4 astenuti e solo 15 contrari su 521 presenti), ha come finalità quella di “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Il fumetto racconta in maniera agile, delicata e, tuttavia, intensa, una storia d’amore che nasce e si sviluppa nello scenario raffigurato dall’esodo giuliano-dalmata. Apparentemente sembra una storia come tante. Una giovane coppia. Lui costretto a scappare dalla propria terra per salvarsi. Lei, segnata dal dramma di famigliari trucidati, che resta sola in un ambiente cupo, ostile e pauroso. Lui che vaga per i campi profughi. Lei che cerca di seguirlo contro il volere di un’autorità totalitaria. Lui e lei che si perdono per poi ritrovarsi, dopo lunghi anni e troppe traversie, quando ormai però è tardi per riannodare quel sottile filo strappato da una violenza disumana. A guardare bene, però, il fumetto cita, quasi sfiorandoli, tanti passaggi intensi e tutti drammaticamente veri, storicamente accertati, puntigliosamente corretti. L’Italia dichiara guerra alla Jugoslavia.
L’Italia perde la guerra. Lascia indifesa una popolazione autoctona di radice veneta che da un millennio popolava pacificamente un’intera regione. I nuovi dominatori, sull’onda dell’ideologia comunista più oltranzista e dittatoriale corroborata da un nazionalismo viscerale anti-italiano – sorto come un mostro dalle assurde strategie geopolitiche asburgiche – si macchia di orrendi crimini perpetrati dal ’43 e fin ben dopo la fine della guerra: il tutto per cancellare la presenza italofona e poter far rivalere i propri appetiti territoriali ai tavoli dei trattati internazionali. Alla gente non restava che andare via, non potendo più professare la propria religione, né parlare la lingua dei padri e tanto meno esprimere il proprio pensiero con libertà. Lo spopolamento delle province di Pola, Fiume e Zara registrò l’85% non degli italiani, ma dei residenti.
E così si consumava la tragedia degli istriani, dei fiumani e dei dalmati accolti in più di 100 fatiscenti campi profughi distribuiti in tutt’Italia, da Bolzano fino a Palermo, da Trieste alle Casermette di Torino.  Per la gente della Venezia Giulia e della Dalmazia la guerra voluta dal regime fascista di Mussolini ha rovinato almeno tre generazioni di persone. Legami affettivi e familiari polverizzati, gente dispersa in ogni dove in Italia e nel mondo, difficoltà nell’affermare la propria identità, oblio forzato di una parte di storia patria nella narrazione di uno Stato che mal sopportava la testimonianza diretta della sconfitta nella seconda guerra mondiale, cosi come l’inesistenza del paradiso del proletariato, incarnati proprio dalla vite degli esuli.
L’esodo giuliano-dalmata coinvolge per lo meno tre generazioni: i nonni, i padri ed i figli. Gente mai violenta, rispettosa dell’autorità e con la schiena dritta, a testimonianza di una grande civiltà costruita nei secoli. Gente che si è integrata lavorando con fatica e ricostruendo da capo una prospettiva. Gente che aspetta oggi, a distanza di settant’anni, che diritti umani basilari vengano rispettati. Come il diritto ad avere un giusto ed equo indennizzo per i propri beni costruiti in generazioni ed usati dallo Stato italiano per pagare un devastante debito di guerra. Un debito ancora oggi mai ripagato nonostante i Trattati internazionali lo impongano.
La storia a fumetti ha un grande pregio: tocca tutti questi temi, li accenna soltanto, con alta maestria, per far nascere una domanda a qualcuno che desideri aprire la propria mente alla verità e che abbia ancora a cuore, oggi, il senso vero di cosa significhi battersi per diritti civili sorprendentemente disattesi e nascosti. Diritti in stand by in una società che formalmente si professa attenta a soprusi e violenze, e che pure ha poca memoria di atrocità che ancora attendono di essere ripagate. Come se esistessero drammi di serie B che con il tempo si possono tralasciare nella dimenticanza, senza preoccuparsi che in assenza di memoria avremo ancora un’altra Srebrenica.

 

La memoria di un esodo
Marino Micich, direttore Archivio-Museo storico di Fiume

Dopo l’esodo degli italiani da Fiume, avvenuto dopo la seconda guerra mondiale in seguito all’occupazione jugoslava, la Società di studi fiumani si assunse il compito di custodire, di valorizzare e di tramandare alle future generazioni la storia e l’identità culturale fiumana di carattere italiano in Italia. A tale scopo la Società di studi fiumani, rifondata in esilio a Roma nel 1960, riuscì nel 1964 a istituire l’Archivio-Museo storico di Fiume nell’ambito del quartiere giuliano dalmata di Roma. L’istituzione da molti anni è aperta ai ricercatori e al pubblico dei visitatori, dal lunedì al venerdì, per circa 24 ore settimanali. Si organizzano conferenze gratuite sui temi della storia e della cultura fiumana, istriana e dalmata per gli istituti scolastici di ogni ordine e grado.
Nel 1972 l’Archivio-Museo storico di Fiume con un decreto dell’allora ministro della Pubblica istruzione Oscar Luigi Scalfaro, ottenne la qualifica di archivio di “eccezionale interesse storico”. Successivamente, il 20 febbraio 1987, dopo un ulteriore sopralluogo, fu emanata un’ulteriore dichiarazione della Soprintendenza Archivistica per il Lazio, che poneva l’Archivio fiumano, per il suo notevole interesse storico, sotto la disciplina di tutela prevista dall’articolo 38 del Dpr. 30.91963, n. 1409. Con la promulgazione nel 2004 della legge n. 92 nota come “Il Giorno del Ricordo”, l’Archivio Museo storico di Fiume a Roma, assieme all’Istituto regionale per la cultura istriana di Trieste, sono stati riconosciuti per la loro importanza culturale.
L’Archivio Museo storico di Fiume è ordinato per sezioni, tra le principali si ricordano: la mostra permanente, con l’esposizione di cimeli, fotografie, bandiere, manifesti e quadri; la sezione archivistica che conserva manifesti, cartine geografiche e proclami d’epoca; la sezione biblioteca, che possiede oltre 6.000 volumi riguardanti la storia di Fiume, dell’Istria e della Dalmazia dalle origini ai giorni nostri; la sezione emeroteca che conserva le annate delle riviste e dei quotidiani pubblicati a Fiume fino al 1947: Termini, Delta, Il Popolo, La Bilancia, La Vedetta d’Italia, L’Eco di Fiume assieme ai giornali e alle riviste dell’associazionismo dell’esodo giuliano-dalmata; il settore del fondo Esodo che comprende oltre 1.500 fascicoli nominativi di esuli fiumani, istriani e dalmati; il settore che ospita l’archivio fotografico, la raccolta filatelica e l’archivio topografico.
L’Archivio Museo storico di Fiume costituisce la principale base documentale per la pubblicazione della rivista di studi adriatici Fiume, che dal 1990 ad oggi è diventata a tutti gli effetti, l’organo d’informazione e lo specchio fedele dei fini culturali promossi dalla Società di studi fiumani. La rivista Fiume, pubblicando anche alcuni numeri speciali in versione bilingue (italo-croata e italo-ungherese), ha ampliato i suoi orizzonti tematici per occuparsi della storia e dell’attualità di una più ampia area geografica. Le mutate condizioni geopolitiche dal 1989 in poi nell’Europa Orientale e quindi nell’ex Jugoslavia incoraggiarono gli esuli fiumani a intraprendere un dialogo con la città di origine, che col nome di Rijeka fa parte della odierna Repubblica di Croazia. Particolare importanza è stata data alla collaborazione con la minoranza italiana presente a Fiume (circa 3.500 persone) e con la scuola media superiore Italiana.
Il 28 novembre 1996 venne stipulato un accordo, tra l’Istituto croato per la storia di Zagabria e la Società di studi fiumani volto a realizzare una ricerca sulle vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni dal 1939 al 1947. I risultati della ricerca sono stati pubblicati nel 2002 dal ministero per i Beni culturali. Nel 2016 l’allora presidente della Società di studi fiumani Amleto Ballarini ha ricevuto dal municipio croato il premio “Targa d’Oro-città di Fiume-Rijeka”, sostanzialmente per gli studi svolti sulla storia fiumana e per il dialogo culturale promosso con la città di origine: un riconoscimento unico nel suo genere attribuito da un ente croato a un esule fiumano.
Nel 2017 l’Archivio-Museo storico di Fiume è stato visitato dal Sindaco croato di Fiume-Rijeka per rafforzare le intenzioni del dialogo tra esuli fiumani e la città di origine, che nel 2020 sarà la capitale della cultura europea. L’attuale presidente della Società di Studi Fiumani è il prof. Giovanni Stelli autore di libri, saggi e articoli sulla storia di Fiume, nonché direttore editoriale della rivista Fiume.