Nel numero di maggio dell’edizione cartacea della nostra rivista abbiamo pubblicato un dossier (“Europa sconnessa”) che dà conto del seminario promosso dal Gruppo europeo di Torino tenutosi nell’ambito del Prix Italia il 17 settembre 2015. Di seguito riportiamo il testo integrale del documento conclusivo del seminario stesso.

Il Gruppo europeo di Torino, costituito, su iniziativa di Infocivica nel settembre 2009 da alcuni accademici specialisti nel campo della  comunicazione sociale di una decina di paesi europei, ha svolto i suoi lavori basandosi su rapporti tematici, settoriali e nazionali, e su dibattiti con i propri membri svoltisi in occasione di sei seminari a Torino nell’ambito del Prix Italia e un seminario a Lisbona. In base agli studi alle discussioni di questi ultimi sei anni,  ai quattro rapporti di base e al rapporto di sintesi finale  presentato e discusso lo scorso settembre a Torino, e tenendo conto delle proposte illustrate in Italia dall’Associazione Infocivica, nonché di quelle, in Portogallo, del Gruppo di ricerche e documentazione dell’Università Nova di Lisbona, e in Spagna del Gruppo di ricerche di Teledetodos, è pervenuto alle seguenti conclusioni e proposte operative, concordate con i propri membri.

Il tradizionale modello duale europeo, che ha costituito un esempio di equilibrio virtuoso tra la concezione del servizio pubblico e le dinamiche commerciali, si trova di fronte ad un doppio e grave pericolo: da una parte il servizio pubblico, riconosciuto costituzionalmente in alcuni paesi europei (ma non in tutti) per il proprio carattere essenziale per il modello sociale europeo, sta attraversando la peggiore crisi della sua storia, tanto in termini di governance che  di offerta e di adattamento al nuovo ambiente digitale e che in termini finanziari e di ascolto.

D’altra parte anche il settore privato (l’altra metà del sistema “duale”) è messo duramente alla prova dall’arrivo di nuovi concorrenti e dal restringersi delle risorse complessive a disposizione. L’intero sistema televisivo e il futuro stesso dell’audiovisivo europeo, sono minacciati dall’espansione incontrollata di nuovi giganti globali e agenti audiovisivi digitali che – approfittando di importanti falle nel modello di legislazione dell’Unione europea – presentano un rischio grave per il settore della produzione, econ essa per l’identità e la diversità europee.

Nella sua analisi il Gruppo europeo di Torino rileva che questa combinazione negativa di elementi e di processi, in corso, audiovisivi, sociali e tecnologici (ma anche economici e politici) è stata propiziata dalla mancanza di aggiornamenti e di coerenza sul piano della regolamentazione, e di politiche attive, nazionali ed europee in materia audiovisiva che, pur  mantenendo in questo campo una dottrina generale e una linea teorica corrette, non hanno saputo o potuto adattarsi alle grandi trasformazioni della comunicazione audiovisiva contemporanea: in particolare ai processi generalizzati di convergenza digitale e alla sua globalizzazione inarrestabile.

Così, pur beneficiando della politica regionale attiva più longeva al mondo (sono ormai passati 26 anni dall’approvazione della prima direttiva europea e dal varo del programma MEDIA), i progressi nella costruzione del tanto auspicato mercato comune dell’audiovisivo rimangono modesti, e l’industria audiovisiva europea incontra crescenti difficoltà nel competere – nei propri mercati e sulla scena mondiale – con quella  statunitense e con quella dei paesi e delle regioni emergenti del pianeta.

Inoltre la storia dell’integrazione europea manca di quei mezzi di comunicazione in grado di costruirla e diffonderla, capaci di porre in gestazione una sfera pubblica europea autenticamente democratica. In altri termini, si assiste al crollo dell’idea dei “campioni europei” che ha caratterizzato la politica industriale europea sin dalla nascita del Mercato unico: una politica che – soprattutto nel settore audiovisivo – ha mostrato la sua profonda inefficacia e dannosità, visto che gli ultimi tre decenni dimostrano che i media restano saldamente ancorati alle tradizioni linguistiche e culturali di ciascun paese. In questi trent’anni, contrariamente alle aspettative, nessun “campione europeo” (nè tantomeno globale di origine europea) è emerso nel settore dei media. In particolare, i nostri studi hanno verificato eccezionali asimmetrie nell’attuale normativa europea che tendono a sbilanciarne ogni volta i singoli elementi, e le componenti collegate tra loro: la tendenza diffusa a esercitare un ferreo controllo sul finanziamento del servizio pubblico, soprattutto per le sue attività on line, coincide con le omissioni da parte dell’Unione europea di iniziative sul piano normativo per assicurare la sua  indipendenza editoriale, la sua autonomia nei confronti dei governi e il suo adeguato finanziamento.

Questo stesso sforzo, che tende a considerare il ruolo del servizio pubblico come sussidiario e complementare a quello esercitato dagli operatori commerciali, risulta in contraddizione con il lassismo in materia di verifica di conformità per gli operatori commerciali circa i loro obblighi in quanto servizi di interesse generale nel campo della produzione di origine europea e indipendente o della tutela dei consumatori per quanto riguarda i messaggi commerciali.  Soprattutto abbiamo accertato la gravità delle ripercussioni di un trattamento spesso ingiusto esercitato verso i radiodiffusori classici off line rispetto a quello nei confronti dei cosiddetti “service a richiesta” on line (che con il pretesto di voler incentivare il commercio elettronico stanno mettendo al riparo i nuovi entranti extraeuropei dagli obblighi propri del settore dei media): una decisione sorprendente dell’Ue che sta vanificando tre decenni di politica europea dei media e sta ponendo i radiodiffusori europei in posizione di inferiorità competitiva nei loro mercati, sollevando al contrario le attività degli attori globali dal rispetto di tutti gli obblighi in materia audiovisiva e nei confronti dei consumatori dai quali estraggono gran parte dei loro profitti, e portando per di più a situazioni di nuovi monopoli su scala europea (ben peggiori di quelli nazionali dell’era analogica), ad esempio nel settore della pubblicità on line, con punte di concentrazione fino all’80% per un solo operatore.

Non solo: ma in seguito al fenomeno della convergenza fra media, telecomunicazioni e industria elettronica di consumo questo aggiramento delle norme europee da parte di attori extraeuropei sta portando ad una serie di dispute intersettoriali fra gli attori nazionali che finiscono per indebolire tutti i settori europei nel loro insieme: le telecomunicazioni contro i broadcasters per accaparrarsi porzioni di spettro e per poter distribuire contenuti senza l’impiccio dei diritti d’autore; la carta stampata contro i media elettronici nel tentativo di mantenersi in esclusiva il mercato dell’on-line; le televisioni commerciali contro quelle pubbliche per toglier loro la pubblicità. Una serie di battaglie di tutti contro tutti che stanno producendo come unico risultato quello di indebolire l’insieme dei settori esposti dalla convergenza alla concorrenza globale.

Di conseguenza, il Gruppo europeo di Torino si rivolge alle istituzioni europee con una serie di proposte e raccomandazioni che consideriamo essenziali per discutere con urgenza come affrontare su basi concettuali nuove (che superino il concetto dei “campioni europei” e il Protocollo di Amsterdam) la progressiva costruzione di un efficace sistema audiovisivo europeo comune, che non sarebbe solo un grande mercato ma costituirebbe anche uno spazio pubblico di democrazia fondato sul pluralismo e sulla diversità delle nostre culture, di vitale importanza per la costruzione europea.

  1. Elaborazione di un Libro bianco per contribuire a definire e differenziare le rispettive competenze delle istituzioni dell’Ue e delle autorità nazionali in materia di servizio pubblico audiovisivo, ripensando tutta la normativa e le politiche attive in materia audiovisiva tenendo in considerazione l’evoluzione del sistema delle comunicazioni nel suo complesso.
  2. Superamento del Protocollo di Amsterdam del 1997 con un documento adattato all’era digitale e revisione profonda della comunicazione della Commissione del 2009 sul finanziamento dei servizi pubblici per promuovere la loro piena transizione verso il mondo online, con un proprio valore e in equilibrio con l’offerta commerciale .
  3. Realizzare una Conferenza europea sul servizio pubblico, con la partecipazione degli Stati, della Commissione e del Parlamento Europeo, ma anche delle associazioni, delle realtà professionali e del mondo della ricerca più vicine alle questioni del servizio pubblico. Il principale obiettivo di tale iniziativa dovrebbe essere quello di dibattere e definire, in un documento di valore rifondativo, una nuova politica industriale europea propria al settore dei media, al cui interno è indispensabile definire un nuovo quadro per gli obiettivi, l’offerta, il finanziamento e le norme che regolano i media di servizio pubblico in Europa, specialmente per quel che riguarda la “necessaria presenza del servizio pubblico nella società dell’Informazione”. In particolare bisognerebbe in tale Conferenza definire un patto per lo sviluppo economico e democratico digitale fra servizi pubblici e Unione europea, da raggiungere attraverso una serie di progetti strategici per l’Europa digitale su cui lavorare insieme: dalla digitalizzazione e messa in rete degli archivi aallo sviluppo di progetti tecnologici di ricerca sul multilinguismo, la traduzione e l’indicizzazione automatica dei contenuti audiovisivi. In particolare sostituendo il concetto di “campione europeo” con quello di “messa in rete” degli attori nazionali, rafforzando tutti i meccanismi che favoriscano cooperazione, sinergie e collaborazioni transnazionali e plurilingue, a partire da piattaforme comuni Ott.
  4. Capacità legale per la Commissione e il Parlamento europeo di definire le condizioni elementari sine qua non per garantire media di servizio pubblico democratici in ogni Stato membro , e ciò al fine di evitare sperequazioni fra cittadini di serie A (quelli che possono accedere a servizi pubblici indipendenti, forti e di qualità) e cittadini di serie B (quelli che vivono in paesi dove l’interferenza dei partiti o di forze economiche è tale da limitare la qualità dell’offerta dei broadcaster pubblici.
  5. Definizione degli obblighi e delle missioni del servizio pubblico attraverso uno strumento legale efficace in ciascun paese (possibilmente anche attraverso la “costituzionalizzazione” dei servizi pubblici nazionali nei paesi dove ciò non è ancora avvenuto) ed attraverso la definizione del diritto di ogni cittadino europeo a ricevere un’informazione equilibrata e completa.
  6. Mandati e Convenzioni con scadenza a medio-lungo termine e Contratti di programma e/o di servizio a breve-medio termine approvati dai Parlamenti nazionali (con il coinvolgimento della società civile) per fissare le missioni di servizio pubblico.
  7. Proporzionalità del finanziamento pubblico al costo netto del servizio pubblico e trasparenza contabile sottoposta periodicamente a verifica, con possibilità di verifica ed intervento comunitario non solo (com’è avvenuto finora) nei casi di finanziamento eccessivo, ma anche in quelli (ben più numerosi) di sottofinanziamento. L’abolizione del Public Value test – per gli effetti distorsivi che sta producendo nei vari mercati nazionali – potrebbe essere un primo passo nella giusta direzione..
  8. Controllo esterno della gestione del servizio pubblico da parte di Autorità di controllo davvero indipendenti dai governi, con competenze specifiche sull’audiovisivo, dotate di mezzi e finanziamenti adeguati per perseguire questi compiti

La consultazione in corso sulla revisione della Direttiva sui servizi di media audiovisivi (2007/65 / UE e 2010/13 / UE), dovrebbe culminare in una revisione approfondita della normativa europea al passo con l’era digitale, tenendo conto dell’esigenza di garantire la concorrenza di mercato e il rispetto del pluralismo e delle diversità europee. Le definizioni legali degli attuali servizi audiovisivi  devono essere riviste e adeguate al quadro di mercato in base ad un controllo statistico indipendente esercitato a livello europeo su tutti i servizi audiovisivi (inclusi quelli con sede legale fuori dall’Europa), attraverso relazioni periodiche rese pubbliche. Il ruolo dell’Oea e della sua banca dati va rafforzato e segnalato come una priorità per un armonico sviluppo del sistema.

La responsabilità editoriale, la tutela dei consumatori e la promozione di opere europee e indipendenti dovrebbero estendersi anche alle trasmissioni e alle nuove forme di comunicazione audiovisiva on line , VoD VoIP e OTT, tra cui la commercializzazione di contenuti UGC, eliminando le attuali gravi distorsioni della concorrenza, applicando in modo generalizzato il principio del paese di destinazione in luogo di quello del paese d’origine come riferimento per la legislazione applicabile ai media (così come recentemente deciso per il pagamento dell’Iva): e ciò per evitare fenomeni distorsivi di localizzazione di imprese a puri fini di aggiramento delle norme nazionali in materia di media e pluralismo.

Gli assunti di base di queste politiche devono essere formalmente garantiti: soprattutto la neutralità della rete (accesso universale equo) , ma anche le guide elettroniche dei programmi (EPG),  gli indicizzatori e i depositi di contenuti audiovisivi. Gli strumenti essenziali della politica audiovisiva devono essere adattati alla nuove realtà tecnologiche ed economiche di tutti i servizi:  fissazione di quote obbligatorie dei contenuti per provenienza (nei palinsesti e nei cataloghi) da paesi europei e da paesi terzi indipendenti (fatto salvo quanto deciso da singoli paesi membri sulle quote nazionali), soprattutto combinandole con le quote di investimento, di diffusione e di ascolto. Mediante politiche positive  dovrebbe altresì essere accentuato il lavoro di promozione di strutture industriali europee competitive e proiettate verso l’esterno, di formazione di capitale umano, di un’immagine di marca e di diffusione esterna, nonché di indicizzatori e di depositi europei di immagini.

Inoltre l’Unione europea dovrebbe discutere con gli Stati nazionali una serie di possibili soluzioni, fra cui il Gruppo di Torino ha identificato:

  • Capacita legale dei Consigli nazionali dell’Audiovisivo: specializzate nei servizi di media audiovisivi lineari e non lineari, tali Autorità completamente indipendenti dai governi, devono essere dotate di capacità legale e di potere di sanzione nei confronti del servizio pubblici e dei soggetti commerciali .
  • Creazione di un Consiglio Audiovisivo europeo indipendente (oppure di un Ombudsman di altissimo profilo), con meccanismi propri di osservazione, di monitoraggio, di registro e di sanzione nei confronti degli Stati e degli operatori che violano le norme europee sulla tutela dei consumatori o sulla produzione europea e indipendente, degli Stati privi di un’autorità di regolamentazione audiovisiva veramente indipendente, che non garantiscono pienamente l’indipendenza editoriale e l’autonomia del servizio pubblico, o che non forniscono informazioni affidabili sul loro mercato audiovisivo.
  • La creazione, intorno all’EBU/UER, di un servizio pubblico su scala europea, articolato sulla cooperazione delle entità nazionali e in grado di iniziare a costruire un vero e proprio spazio pubblico regionale (continentale), di informazione, istruzione e discussione sulla costruzione di un’Europa unita.
  • Apertura di una riflessione e di un dibattito europeo sullo stato di concentrazione transnazionale e multimediale dei media in Europa, e sull’applicazione di un’imposta sul valore aggiunto (Iva culturale) per i servizi culturali offline e online, capace di sfociare in efficaci misure preventive antitrust e di sostegno attivo al pluralismo sociale e alla diversità culturale.
  • Favorire la promozione (al di fuori dell’Unione europea e nel mondo) del sistema misto e al suo interno in particolare del servizio pubblico, in quanto elemento fondante del modello sociale europeo

 

Sui programmi di azione europei

Sui programmi di azione europei (Europa Creativa, Europa 20/20, cooperazione esterna) il Gruppo Europeo di Torino propone un riorientamento delle positive politiche europee di stimolo alla produzione e alla diffusione delle opere audiovisive e culturali, al fine di conferire un ruolo da protagonista al Servizio Pubblico multimediale, specialmente per quel che riguarda il programma quadro Europa Creativa, ma più in generale anche tutti i progetti europei finalizzati a promuovere le Industrie Culturali e  Creative e la cooperazione culturale esterna al di fuori dell’Unione, nonché il massimo spazio per la creazione audiovisiva europea e una piattaforma essenziale nella proiezione e nell’interscambio fra le culture europee, tra di loro e verso il mondo intero.

Il Gruppo Europeo di Torino raccomanda agli Stati Membri un’iniziativa per proseguire proficuamente i propri lavori. L’Unione Europea dovrebbe commissionare ad un gruppo di esperti riconosciuti l’elaborazione di un catalogo ragionato dei problemi e dei possibili ed auspicabili  rimedi per il servizio pubblico europeo del futuro, in grado di riassumere e applicare le migliori pratiche delle autorità nazionali e internazionali (come quelle sintetizzate dall’UNESCO o dal Consiglio d’Europa), in materia di assegnazione della missione, trasformazione digitale, governance e  finanziamento. Sebbene non sia possibile né desiderabile un’omogeneizzazione delle strutture del servizio pubblico negli Stati Membri che si basano su tradizioni diverse, si possono anticipare un certo numero di raccomandazioni prioritarie basate sulle migliori pratiche descritte dall’UNESCO e dal Consiglio d’Europa e sperimentate soprattutto nella migliore tradizione europea :

 

Sulle Missioni del Servizio Pubblico nell’Era Digitale

Le Missioni di servizio pubblico devono essere specificati e garantiti da Mandati, Convenzioni e Contratti di programma quadro, che costituiscono un patto sociale con la cittadinanza.

1.Il Servizio pubblico dovrebbe includere un’offerta completa in tutti i generi e formati, caratterizzata da un plus distintivo di qualità.

  1. Il Servizio pubblico deve trasformarsi in un servizio pubblico della comunicazione multimediale e multipiattaforma, e dovrebbe svolgere un ruolo essenziale nelle reti digitali, per mantenere il proprio peso sociale in futuro, promuovendo consultazioni sistematiche con il pubblico sul valore democratico differenziale di ogni nuovo servizio online.
  2. Il Servizio pubblico deve essere guidato, al di là di criteri strettamente economici, da indicatori di redditività sociale, sistematicamente valutati e diffusi, relativi al pluralismo, alla diversità culturale della sua offerta , alla difesa dei diritti umani e del Welfare state, nonché alla parità di genere e delle minoranze.
  3. Il diritto di accesso costituisce un mandato ineludibile , e deve essere esercitato a livello globale su tutta la programmazione e direttamente in aree specifiche, incoraggiando l’interattività e la partecipazione del pubblico tanto nella programmazione lineare quanto nelle piattaforme interattive. La creazione di piattaforme attive di “Cittadini a favore del servizio pubblico multimediale”, sarebbe una chiave di questa interattività e reattività del servizio pubblico alle richieste dei cittadini.
  4. Il servizio pubblico deve favorire una profonda decentralizzazione della produzione e dell’espressione audiovisiva e culturale delle culture, delle lingue e creatività di ognuno dei propri territori.
  5. Il Servizio pubblico deve mantenere un alto livello di produzione interna, in particolare nei programmi di informazioni in quelli culturali e sui diritti umani e sociali, ma in equilibrio con il proprio ruolo cruciale come motore della produzione audiovisiva e culturale indipendente ed europea.
  6. La trasparenza per il servizio pubblico deve essere costantemente salvaguardata in tutti i settori, sia in campo finanziario e nelle proprie assunzioni, sia nelle scelte degli appuntamenti e delle decisioni sulla programmazione

 

Sulla buona Governance

Le esigenze di una profonda rigenerazione della governance del Servizio Pubblico sono state richiamate negli ultimi anni da numerose istituzioni e movimenti europei, e rispondono principalmente alle richieste diffuse che lo pongono in quanto luogo di apertura e di governo aperto (Open Government) come il fulcro del programma di rigenerazione della democrazia. Fra le “best practices” del settore si segnalano quelle indicate dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa dedicata a questo tema, nonché la pubblicazione da parte dell’UER del volume  sulla governance dei PSM” che indica alcune fra le migliori best practices oggi esistenti. Fra le best bractices identificate dal Gruppo Europeo di Torino si segnalano:

  1. I Consigli dell’Audiovisivo, competenti nei servizi di comunicazione audiovisiva lineare e non lineare, specializzati nel settore audiovisivo e del tutto indipendenti dai governi, devono essere in grado di controllare e, laddove opportuno, sanzionare il servizio pubblico e gli operatori commerciali, stimolando il loro equilibrio armonico.
  2. E’ necessario altresì un controllo esterno della gestione del servizio pubblico da parte di tali Consigli indipendenti dai governi e dotati di  mezzi e finanziamenti adeguati per perseguire questi compiti. Ma non solo.

III. Tali autorità indipendenti dovranno infine disporre di una totale capacità di attribuzione con carattere vincolante delle licenze per i servizi di radiodiffusione sia pubblici sia privati, in piena autonomia dagli esecutivi, al fine di garantire un autentico pluralismo e una libera concorrenza

  1. Anche se l’elezione degli organi di controllo del Servizio Pubblico può rispondere legittimamente ai parlamenti nazionali, le proposte dovrebbero emanare fondamentalmente e in maggioranza da organismi rappresentativi della società civile, mantenendo in ogni caso i partiti in un contesto di minoranza per prevenire il rischio di una televisione solo filo-governativa.
  2. In questa direzione, i Consigli Sociali dovrebbero essere una parte fondamentale della struttura del servizio pubblico, come canali di coinvolgimento sistematico della società civile e garanti della legittimità e adeguatezza del servizio pubblico alle loro istanze e necessità.
  3. Consigli di Amministrazione dovrebbero conformarsi a questo nuovo quadro in quanto organismi autentici di controllo esterno dei servizi pubblici esercitato sui loro bilanci, sui loro palinsesti, sulle  nomine dei dirigenti di primo livello e sull’intera gestione.

VII. Per una gestione professionalizzata: l’alta dirigenza dovrebbe essere eletta in seguito a concorsi pubblici fra manager di comprovata esperienza nella comunicazione audiovisiva

VIII. Nello Statuto dovrebbero essere previsti i Consigli per l’informazione intesi come uno strumento essenziale dell’indipendenza editoriale del servizio pubblico, del pluralismo politico e sociale e  della sua difesa da qualsiasi forma di pressione e ingerenza esterna da parte del governo e di lobby private, e come organo di conferma in modo vincolante delle nomine delle più alte posizioni nel campo dell’informazione audiovisiva

  1. Percorsi di carriera professionali oggettivi, incarnati in appositi statuti per le carriere professionali nel servizio pubblico, dovrebbero esclusivamente soddisfare criteri di merito e di competenza, a garanzia essenziale dell’indipendenza del Servizio Pubblico .

 

Sul finanziamento del Servizio Pubblico

Il finanziamento del servizio pubblico dovrebbe essere adeguato, sostenibile e trasparente al fine di salvaguardare l’attività del servizio pubblico e le sue missioni e per rafforzare la sua legittimità all’interno e a favore della  società. Tale finanziamento può essere di natura mista (ovvero provenire da fonti diverse) sempre che, tuttavia, le risorse pubbliche siano maggiori e garantiscano la sopravvivenza, la competitività del servizio pubblico nonché la sua valenza a livello sociale e non debbano eccedere il costo netto dei compiti del servizio pubblico, specificati e quantificati all’interno di ogni contratto di servizio. Fra le best practices del settore si segnalano quelle indicate dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa dedicata a questo tema nonché la pubblicazione da parte dell’UER del volume  sul finanziamento dei PSM” che indica alcune soluzioni possibili. Inoltre il Gruppo Europeo di Torino ritiene che:

  1. Il finanziamento pubblico deve essere pluriennale al fine di permettere una pianificazione strategica del servizio pubblico e sarà stabilito all’interno dei contratti di servizio con impegni ufficiali ed effettivi da parte dello Stato.
  2. Tutte le fonti finanziarie di introito dovrebbero essere coerenti con i principi e con le missioni del Servizio Pubblico, in particolare con il suo carattere universale inevitabile

Fra le best practices identificate dal Gruppo Europeo di Torino si segnalano:

In primo luogo il canone, identificato come la miglior forma possibile di finanziamento, perché assicura una relazione diretta fra i cittadini e i “loro” servizi pubblici. Esso deve esser sganciato da ogni relazione col possesso di apparati di ricezione e diventare esplicitamente tassa di scopo per il finanziamento dei servizi pubblici nazionali e potrebbe  essere trasformato in una tassa progressiva proporzionale al reddito di ogni cittadino o di ogni famiglia, sia mantenendo il suo carattere di imposta separata e di scopo nei Paesi che lo hanno stabilito, sia integrandolo nella dichiarazione di imposta sul reddito delle persone fisiche negli Stati in cui non esiste una tradizione fiscale in tal senso.

La tassa per l’uso dello spettro radioelettrico intesa come indennizzo per il godimento di un bene inalienabile nella società dovrebbe essere pagata ad integrazione del finanziamento pubblico. . Ed in ogni caso si dovrebbe procedere ad una profonda revisione degli attuali meccanismi di assegnazione delle frequenze (che oggi avviene, sulla base di aste competitive, miranti ad estrarre il maggior ricavo possibile dalla vendita di queste frequenze), mirante a ristabilire il principio della priorità  all’interesse pubblico nelle future assegnazioni. I benefici statali notevoli maturati per effetto del “dividendo digitale” dovrebbero logicamente essere utilizzati in parte per finanziare il completamento della transizione digitale del servizio pubblico e, più in generale per colmare il divario digitale nella società e garantire ovunque un accesso universale senza discriminazioni per tutti i cittadini ai nuovi servizi della società dell’informazione sulle reti a banda ultra larga

La pubblicità dovrebbe essere mantenuta, se del caso, come fonte complementare e minore,  anche sotto forma di sponsorizzazioni, secondo modalità compatibili e coerenti – in contenuto, formati e tempi – con le finalità di servizio pubblico e purché esse consentano di identificare e separare in maniera chiara e sistematica i contenuti non commerciali dagli spot. Nella fattispecie il ricorso preferibile a sponsorizzazioni potrebbe soddisfare la promozione di grandi eventi pan-europei (oltre al festival della canzone dell’Eurovisione), quali anteprime online di spettacoli dal vivo, concerti, film ed altre manifestazioni culturali di alto richiamo per i cittadini europei”, per favorire una maggiore integrazione europea

I ricavi derivanti dalla commercializzazione di prodotti e servizi, sfruttando pienamente la ricchezza degli archivi, dei programmi e dei diritti accumulati dal servizio pubblico, potrebbero crescere significativamente nei prossimi anni, se sarà sviluppato in questo senso un piano strategico per il loro sfruttamento per la televisione sia online sia off line.