Non c’è dubbio che il mondo, e quindi l’Italia, è investito da una serie di avvenimenti straordinari. Possiamo dire, senza cadere nella retorica, che prima, in seguito alla pandemia (la cui responsabilità è cinese, sia nell’ipotesi che sia iniziata da un mercato sia in quella che si tratti di un virus sfuggito a un laboratorio del Wuhan che giocava col fuoco), poi in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, poi anche per una successione di eventi ambientali (siccità, tempesta climatica) siamo entrati in una fase politica del tutto nuova dopo la pace di Yalta del 1945 e la caduta dell’URSS e dei regimi comunisti dell’Est europeo e il conseguente cambio di nome del PCI avvenuti nel 1989-1991.

A nostro avviso, così come l’avvento del fascismo e del nazismo fra gli anni ‘20 e gli anni ‘30, l’esistenza in Russia di una dittatura come quella di Putin che non è comunista nel senso ideologico e storico del termine, ma che è aggressiva, predatoria, cleptocratica e che adotta quotidianamente la guerra asimmetrica tramite l’uso politico di internet (vedi Marta Ottaviani, Le brigate russe) ha del tutto sconvolto il quadro politico italiano già di suo terremotato sia dalle vittorie elettorali di un movimento populista, qualunquista, antipolitico, antiparlamentare, anti-industriale come il M5s (25% alle elezioni del 2013, 32% a quelle del 2018), sia dalla trasformazione della Lega Nord nella Lega di Salvini ultra sovranista, populista, aperta all’apporto di gruppi di estrema destra e con un patto di consultazione fatto nel 2017 e tuttora in vigore con Russia Unita, accompagnata da mille altri esplicite manifestazioni di solidarietà politica con Putin.

In questo quadro c’è stata la paradossale mutazione del M5s che, partito dalle piattaforme che prima abbiamo sommariamente definito, è poi approdato al suo contrario, nel senso che dal 2018 il M5s con il suo 32% è stato determinante nella formazione di tre governi di segno opposto, il Conte I, un governo di estrema destra fra grillini e Salvini; il Conte II, un governo di centrosinistra di stampo populista fra il M5s e il PD e poi il governo di unità nazionale presieduto da Draghi.

La ragione di fondo di questa singolare mutazione è presto detta: il M5s ha fatto di tutto per preservare il suo unico tesoretto, che era appunto quel 32% di parlamentari che sarebbe stato sicuramente ridimensionato sia per il calo nella percentuale dei consensi sia per un’altra ragione: cioè il taglio dei parlamentari fortemente voluto dai grillini e supinamente accettato dal PD. Così poi, a conclusione della vicenda, si è ripetuto sia pure stavolta in modo pacifico, un rito inquietante che risale ai tempi di Stalin: così come il principale assassino dei comunisti è stato Stalin, così a distruggere un numero rilevante di grillini sono stati loro stessi e le loro procedure tribali: prima il taglio dei parlamentari, poi la decisione di Grillo di tener fermo il principio dei due mandati che ha decapitato tutto il gruppo dirigente grillino.

Tutto ciò premesso, per un seguito di circostanze che qui è inutile ricostruire, comunque in un contesto mondiale, europeo e italiano di straordinaria gravità, l’Italia anche grazie alle iniziative dell’unico leader politico dotato di esprit de finesse e di sprezzo del pericolo, cioè Matteo Renzi, si è ritrovata con un governo quasi di unità nazionale (dentro tutto tranne Giorgia Meloni e Fd’I) presieduto da un personaggio di straordinarie qualità politiche, tecniche, culturali come Mario Draghi.

Draghi non è un tecnocrate alla Monti, egli ha una formazione culturale liberalsocialista, domina i meandri della tecnocrazia europea, ha sempre avuto il senso della sua missione: siccome l’Europa ha capito che la linea dell’austerity del 2007-2011 avrebbe portato tutti alla rovina, di fronte alla pandemia ha stanziato cifre enormi che però andavano tradotte in un piano di riforme (il PNRR). Draghi però non è stato e finora non è solo quello: è anche per l’Italia un ombrello sia rispetto ai meccanismi tecnici che guidano il PNRR, sia rispetto alla scelta di fondo fatta dall’Occidente, che è stata quella di dare l’altolà a Putin perché altrimenti se egli non fosse stato bloccato in Ucraina non si sarebbe fermato, ma avrebbe dilagato in Moldavia e nei Paesi baltici (non a caso solo adesso con lui e non con i capi del comunismo ortodosso la Finlandia e la Svezia hanno aderito alla NATO). Orbene tutto ciò, fra mille problemi e contraddizioni, ha funzionato fino a quando con un gioco a carambola a circa tre mesi dalle elezioni, in primo luogo il M5s, poi Salvini accompagnato da Berlusconi hanno deciso di far cadere il governo. Solo in un indefinito futuro sapremo le ragioni di fondo di questo gioco al massacro. Allo stato possiamo dire che esse possono essere state due. La prima ipotesi, quella più “normale”, è che si sia trattato di mediocri ragioni di tipo elettorale: sia il M5s sia Salvini hanno ritenuto che un’identificazione sul governo si sarebbe tradotta in altre perdite di voti e che invece una ripresa di protagonismo demagogico avrebbe consentito ad essi una qualche ripresa. Va detto che questa spiegazione può essere valida per Conte e per Salvini, non certo per Berlusconi. A nostro avviso Berlusconi ha perso un’occasione storica per rilanciarsi davvero: qualora avesse bloccato Salvini e salvato il governo Draghi, avrebbe ripreso la leadership del centrodestra, riconquistato un grande prestigio a livello nazionale ed europeo (e quindi anche consensi elettorali) e avrebbe dato una sponda a Giorgetti e ai presidenti regionali della Lega per bloccare lo stesso Salvini. Non lo ha fatto e ha preferito farsi guidare dalla sen. Ronzulli e dall’on. Tajani lungo la linea della totale sovranità a Salvini (che ha colto l’occasione anche per fare delle liste di suoi scherani). La seconda ipotesi, invece, è quella più inquietante e cioè che siccome da tempo l’Italia è nel mirino di Putin allora Conte, Salvini e di riflesso anche Berlusconi si sono mossi raccogliendo un input di quel mondo che è assai attivo nel nostro paese, considerato l’anello debole dell’Unione europea e della NATO.

Dove però emerge un enorme problema di carattere geopolitico è sulla decisiva questione ucraina

I fatti ci diranno quale di queste due interpretazioni è quella valida: può anche darsi che ce ne sia una intermedia. Ciò detto, alla vigilia delle elezioni, indipendentemente dai risultati (che mentre scriviamo questo articolo sono segnati da sondaggi che prevedono tutti una vittoria più o meno netta del centrodestra), non possiamo fare a meno di rilevare che in ogni caso vediamo una governabilità assai problematica.

Partiamo dal centrodestra. Comunque esso si presenta come una coalizione in grado di sommare insieme al momento delle elezioni tutti i suoi voti. Ciò detto, però, emergono alcune questioni di fondo. I conti non tornano. Salvini propone uno scostamento di bilancio di 30 miliardi, più nell’immediato quota 41 e la flat tax al 15%. Così salta tutto, tant’è che Giorgia Meloni ha espresso la sua contrarietà allo scostamento di bilancio. Berlusconi per parte sua ha proposto la flat tax al 23% e pensioni a 1.000 euro per tutti. Come si vede siamo sul terreno dei numeri al lotto. Sul terreno del Covid (che ancora esiste, anche se tutti lo rimuovono) né Salvini né la Meloni sono attendibili e rassicuranti: nel passato loro hanno respinto sia le mascherine sia il green pass.

Dove però emerge un enorme problema di carattere geopolitico è sulla decisiva questione ucraina. Su di essa Giorgia Meloni è stata inequivocabile e solidale con l’Ucraina, tiene ferme le sanzioni e l’invio di armi, ha espresso una generale posizione atlantista ed europeista. Salvini su questo terreno è agli antipodi, sta cavalcando il no alle sanzioni e comunque da sempre egli è stato filoputinista. È da vedere cosa farà qualora diventassero forti le sollecitazioni russe a far saltare tutto per destabilizzare l’Italia in modo da aprire un buco nell’Unione europea. Si tratta di un interrogativo molto presente, che grava su tutta la situazione italiana.

Come si vede anche considerando tutti i problemi di sostanza che stanno sul tappeto (il nodo energetico, l’inflazione-recessione, l’attacco militare e politico della Russia, il Covid) esistono tutte le condizioni per una tempesta perfetta

Passiamo al centrosinistra. A nostro avviso Enrico Letta ha commesso tutti gli errori possibili e immaginabili. Qualora egli avesse ritenuto che in Italia c’è un pericolo fascista allora avrebbe dovuto proporre un’alleanza sul modello della “svolta di Salerno” con dentro tutti, da Conte ai centristi di ogni tipo, a Fratoianni e Bonelli. Se invece, come è avvenuto fino alla fine di agosto, la sua valutazione era che con il centrodestra è aperto un contenzioso su questioni assai delicate come la configurazione dell’Europa, la realizzazione del PNRR, l’immigrazione, la politica fiscale, la politica sanitaria, allora egli avrebbe dovuto puntare all’aggregazione di un polo riformista con Calenda, Renzi, la Bonino. Invece Letta è andato avanti e indietro a zigzag: prima ha incluso Calenda ed escluso Renzi e Conte, quindi ha aperto a Fratoianni e Bonelli mettendo Calenda in una situazione insostenibile per cui questi, al netto del suo pessimo carattere e alla tendenza a usare Twitter in modo compulsivo, è stato costretto a rompere perché altrimenti si sarebbe trovato in una compagnia che avrebbe provocato la fuga di un bel pezzo del suo elettorato. Il risultato di questi movimenti scomposti è che non c’è un programma di ciò che è rimasto della coalizione di centrosinistra (PD, +Europa, Sinistra, Verdi), ma c’è un programma del PD e un altro programma di Fratoianni, chiaramente incompatibili anche se il PD si è messo a fare una sorta di grottesco spogliarello rispetto alle sue precedenti posizioni riformiste.

Infine francamente non abbiamo capito neanche il senso del finale scatto di nervi da parte di Enrico Letta sui pericoli di destra derivanti dall’attuale legge elettorale: è il PD che ha dato via libera questa miscela infernale accettando il taglio dei parlamentari non accompagnato da una riforma in senso nettamente proporzionale della legge elettorale. Ci fermiamo qui. Come si vede anche considerando tutti i problemi di sostanza che stanno sul tappeto (il nodo energetico, l’inflazione-recessione, l’attacco militare e politico della Russia, il Covid) esistono tutte le condizioni per una tempesta perfetta.

Senza concedere nulla alla diplomazia non possiamo fare a meno di rilevare che il nodo cruciale è il seguente: se Putin spingerà fino in fondo il suo disegno di destabilizzare l’Italia, come risponderanno le forze politiche che egli è in grado di influenzare, primo fra tutti Salvini, a seguire Conte, e cosa farà davvero Berlusconi se la pressione putinista diventerà sempre più pressante e invasiva? Come si vede non si tratta di un interrogativo di scarso rilievo.