Taccuino per l’Italia di oggi.

Forse in una penisola con circa 8.000 chilometri di costa non poteva che affermarsi il costume secondo cui “tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”. Questa concezione dilaga infatti nei nostri comportamenti e nei nostri giudizi! Si è discusso della liberazione, dopo (soli) 25 anni di carcere, del Brusca pluriassassino; e la gran parte dei commenti si è scatenata in forma di bocciatura virulenta. Per di più, è capitato nella fase in cui si dibatte dell’ergastolo ostativo, la pena senza fine per i reati di mafia (terrorismo, sequestro per estorsione, associazione per traffico di stupefacenti), che può interrompersi soltanto se c’è collaborazione con la giustizia, “oppure se (questa) risulti impossibile al condannato” (Wikipedia).

Una impostazione di cui, proprio qualche settimana fa, la Corte Costituzionale, assegnando un anno alle Camere per l’adeguamento, ha dichiarato l’incostituzionalità ai sensi del terzo comma dell’art. 27 della Carta (Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato). Ed ecco dunque che c’è “di mezzo il mare”, perché se il Parlamento non provvedesse, cosa accadrebbe degli ergastolani ancora in “ostaggio”? Si continuerebbe a violare la Legge fondamentale della Repubblica di cui giustamente si festeggia l’anniversario? Occorre riconoscere che la probabilità di restare in “mezzo al mare” è molto alta, e quindi che la mentalità prevalente non sembra esser pervenuta alla piena maturità democratica.

Nel caso del Brusca siamo infatti rimasti alla vendetta e ad esigere che sia ”serrata la cella e si butti la chiave”!. Non a caso, Libero titola che “Brusca ci ha fregato” e la sorella di Falcone si rassegna alla legge perché voluta dal fratello ad incoraggiare la delazione in danno della mafia. C’è anche chi lo dice con ironia: “è la legge, bellezza!”. Dunque, Brusca può uscire perché conviene, ma non per adesione alla Carta! Fa parziale eccezione Tiziana Maioli, ex magistrata, che, dopo aver osservato su (Il Riformista del 2/6) “i virtuosi sono schifati …ma costretti ad allargare le braccia (cioè a rassegnarsi) di fronte alla legge per i pentiti”, e sottolinea che l’“ingiustizia vera è l’ergastolo ostativo”. Per Maioli, dunque, nella migliore ipotesi, c’è chi si “rassegna” alla legge ma si guarda bene dall’invocare l’esecuzione della Sentenza della Corte! Denuncia insomma il timore di perdere i voti, dal momento che la Gente è percepita come avversa alla “liberazione” dei criminali; il medesimo per cui il governo Gentiloni abbandonò lo jus soli, sebbene – per logica elementare – esso sia preferibile alla pur vigente idiozia dello jus sanguinis (i cugini brasiliani – che vennero fanciulli per qualche mese nel 1950 – sono italiani, mentre non possono esserlo i nati da noi, pur frequentanti le nostre scuole!). Ed ecco allora il quesito di fondo: è compiuta una democrazia in cui la “volontà generale” è percepita – dalla Stampa e nelle istituzioni – come avversa al Patto costitutivo: in una società adattatasi “al mare tra il dire e il fare”? Il caso Brusca spinge ad ammetterlo: anche a giudicare dalla stampa – la gente è totalmente indifferente alla “rieducazione” (di cui al già citato articolo 27). Nessuno infatti ha considerato che, se perseguito effettivamente l’interesse collettivo, dopo 25 anni di adeguato lavoro, il Brusca si sarebbe dovuto trasformare in un rieducato, in un uomo nuovo, in un cittadino positivo per la comunità. E che, considerato questo aspetto, o si dovrebbero davvero orientare gli sforzi in tale direzione o invece, se ritenuta impossibile la rieducazione, uscire dall’equivoco e “correggere” la Carta. Cioè, rinnegare la tradizione cristiana dell’Europa e tutte le pedagogie democratico-liberali che aprono agli scambi di solidarietà tra le culture di cui è ricco un mondo sempre più piccolo e più interconnesso! Insomma, occorre riflettere che rifiutare quel concetto della Carta equivale al rigetto della democrazia-liberale, e che ritenere impossibile la rieducazione è aderire alla frenologia del Lombroso: al razzismo-nazionalismo-sovranismo-populismo! Occorre insomma chiederci una volta per tutte se la mentalità (ancora) prevalente (anche) in Italia ed in Europa sia parente di quella che giunse agli “omicidi senza colpevoli” in Canada “contro i figli degl’indigeni” (Corriere della Sera del 30/6) e negli Usa (esattamente un secolo fa) contro il quartiere negro di Tulsa, nell’Oklaoma: vicende non certo peggiori degli eccidi di marca nazista. E considerare – finalmente – se queste disumanità siano, al fondo, cosa molto lontana dagli annegamenti nel Mediterraneo, dal rifiuto del diverso e dall’esclusione di ogni possibile rieducazione! È ormai evidente che i modi d’intendere nella società sono alternativi; e che, per i democratici, non è più possibile, sui punti cardinali, nascondersi “tra il dire ed il fare”!

 

Nicola Savino