di Nicola Savino

Le regioni meridionali si fanno rimpiazzare dagli Stati Generali per la individuazione dei programmi da finanziare con il Recovery Fund? I cinque punti di Zingaretti (sfida digitale, scelte energetiche, centralità dell’Università e della Ricerca , Riforma dello Stato e lotta alla burocrazia) sembrano non assumere come linea guida l’orizzonte Sud. E nemmeno s’intravvede – in questo momento cruciale – il problema storico dell’Italia e dell’Europa. Né il Capo del governo ha sciolto la riserva sul Mes, che al Sud occorre non soltanto per interventi diretti sulla Sanità, ma anche per gl’indiretti: per prevenire le epidemie nelle baracche – dove sono ancora ignorati i terremotati ed i “dannati della terra – e per bonificare le periferie abbandonate. Quanto ai ministri per il Mezzogiorno e per le Politiche europee, non si ha notizia di loro iniziative atte a sollecitare, nelle e tra le regioni e con gli enti locali del Sud, incontri e confronti sui progetti da candidare al Recovery Fund: sui quali ci saranno severissimi controlli e stati di avanzamento periodici.

Sono urgenti “progetti concreti, da eseguire con velocità ed efficacia […] anche per superare la ratifica dei parlamenti dall’impronta fortemente sciovinista”, come ha scritto Federico Fubini sul Corriere della Sera. Evitare il ripetersi dei flop nell’impiego dei Fondi Strutturali (che la Spagna ha invece saputo ben utilizzare, sebbene entrata nella Comunità solo nel 1986) è il compito impellente di queste Istituzioni, per non sprecare l’“unico colpo in canna” (Il Sole 24 Ore del 2 maggio).E però non risulta ne stiano discutendo nelle Assemblee e con i cittadini. Mentre sono perennemente in campo Confindustria, col neo Presidente Bonomi, la grande stampa ad essa collegata e gli economisti più accreditati. C’è persino chi di loro invita alla solidarietà del Sud per il Nord, mentre si continua a difendere il criterio storico nella ripartizione dei fondi statali e a non procedere a dotare tutto il paese di asili nido e dei servizi fondamentali.

Sostengono la “ratio risarcitoria”, che significa priorità quantitativa e temporale per chi ha subito maggiori danni dal Covit, e puntano sull’ultra- super-moderno: mentre il Sud manca ancora di strade e ferrovie. E di ponti, dei quali invece già dispongono molte isole greche per la vita civile e per il turismo. E dunque, mentre il Nord snocciola il suo rosario e guida i suoi politici, a Sud al massimo s’invocano sussidi, mance e prebende. Pur essendo l’unica possibilità di dar parola ai propri cittadini, le istituzioni – questo è il punto – sono in letargo nel momento cruciale: e nemmeno i ministri “addetti” sembrano aver inteso che senza una forte spinta delle regioni e senza coordinamento, non riusciranno a difendere il Sud.

Gli “Stati generali” saranno un’altra occasione “spettacolare” e d’inconcludenza oppure definiranno almeno le linee progettuali? E le regioni del Sud troveranno in esse la traccia per e del Sud? Sul Quotidiano del Sud (3 giugno) c’è una proposta di Ettore Incalza, già brillante dirigente del ministero competente. Quanto a Gioia Tauro e al collegamento tra Mediterraneo e Mitteleuropa, c’è da tempo la proposta della Svimez. Fin dal 1992/93, per la direttrice Tirreno-Adriatico (che abbrevia di 5/6 ore da Bologna alla Sicilia ed altre 3 regioni), c’è il progetto dell’Anas. Di tutto questo cosa pensa il Consiglio della Basilicata, cosa le altre Regioni, nell’ambito di un loro indifferibile coordinamento? Pensano se ne occupino gli “Stati generali?

Pur consapevoli che potrebbero contare soltanto proponendo – senza tentennamenti e con forza – un disegno unitario, sono in tutt’altre faccende affaccendate. E’ il letargo forse scelto dal partito di maggioranza relativa che governa in 5 delle 7 regioni del Sud perché vuol lasciar mano libera al Nord? La Lega ha presentato in Parlamento una proposta per abolire il pareggio di bilancio: una mossa che – dato il momento ancora delicato per l’approvazione del Recovery Fund e considerato il pericolo di un suo realistico accesso al governo – “offre ad Olanda, Austria e compagnia un assist che non potrebbe essere più ghiotto”, come ha scritto Enrico Morando sul Riformista). Tacciono persino i tre governatori di Forza Italia, sebbene questa si dichiari europeista. Il Mezzogiorno è dunque privo della consapevolezza del momento, del “se non, ora quando”: e rischia di svegliarsi a cose fatte.