Durante le mie peregrinazioni nei mondi della fantascienza, mi sono imbattuta in Una ragazza all’antica di Joanna Russ, autrice di science-fiction, appunto, ma anche di saggi e riflessioni femministe, come Vietato Scrivere, recentemente edito in Italia da Enciclopedia delle donne.

Il racconto è pungente e canzonatorio verso la norma dei ruoli di genere e dei rapporti sessuali: in un futuro lontano ci saranno “bamboli gonfiabili” semicoscienti, nei quali l’anima è esteriore, l’anima è la bellezza. Russ verso la fine del racconto aggiunge, tramite le parole di una delle protagoniste, che “era diffusa l’erronea convinzione secondo cui gli uomini, nel passato, avevano avuto donne come io avevo un Davy (il nome del prostituto, nda), che le donne erano state per gli uomini quello che Davy era per me”.

E ancora, a conclusione:

L’anima di Davy è nella bellezza di Davy; fa pena pensare che Davy non potrà mai sperimentare la sua anima. La bellezza è tutto ciò che in lui conta, la bellezza è sempre vuota, sempre esteriore.

Non è così?”

Attenzione perché la banalità di queste considerazioni che palesemente rimandano agli stereotipi rivolti verso al mondo femminile implicano una serie di riflessioni e conseguenze enormi, non solo sul ruolo della donna ma anche sulla percezione del proprio corpo, da parte degli altri ma anche di noi stesse.

Non è questo però il punto che vorrei affrontare oggi, ma una riflessione suscitata dall’antologia che comprende il racconto.

Il testo è del 1974, edito in Italia nel 1977 nella raccolta Ultima Tappa. Il proposito dell’antologia è molto interessante: dati una serie di temi (robotica, esplorazione dello spazio, alieni etc) si scelgono autori che li hanno già sviluppati in precedenti opere per portarli ad un paradosso o all’estremo. Ad esempio potete trovare un racconto di Isaac Asimov dove vengono messe in discussione le tre leggi della robotica.

Joanna Russ è stata chiamata per trattare il tema del sesso, del resto anticipa nel suo commento a seguire la scrittura di uno dei suoi romanzi più famosi, Female Man.

L’argomento sessuale che viene più comunemente trattato nella fantascienza pare essere quello del sostituto al normale compagno di letto: androidi, musicassette, macchine telepatiche. […] E se qualcuno fa l’amore con un extraterrestre, si tratta sempre di un extraterrestre di sesso opposto; come se avesse grande importanza! (Cosa preferireste: un umano del vostro stesso sesso o un rinoceronte del sesso opposto?). Ammetto di avere scritto di un sostituto automatizzato dell’uomo […] E quello a cui io effettivamente miravo era un’inversione dei ruoli: una coniglietta di Playboy con tanto di testicoli”

così scrive senza troppi giri di parole.

Dunque belli soddisfatti possiamo girare pagina e proseguire con altri fantastici temi e paradossi e ci troviamo di fronte a: Sesso nel futuro.

Di nuovo.

La nota editoriale in fondo alla prima pagina richiama la nostra attenzione.

“Perché due racconti sul sesso quando ogni altro argomento ne ha avuto solo uno?”

Ottima domanda, chissà come mai.

Come prima motivazione troviamo il fatto che il tema è caldo per gli scontri frequenti tra femministe e anti-femministe(/i, aggiungo), segno che le cose non cambiano mai e che il mito del femminismo “per motivi seri che tutti appoggerebbero”, il “femminismo vero” degli anni Settanta che tanti tengono a ricordare per screditare le lotte di oggi, è appunto, un mito. Le lotte delle donne sono sempre state screditate, anche quelle che oggi ci sembrano diritti fondamentali, per noi non sono mai stati scontati e purtroppo dobbiamo continuare a considerarli così. Gli antifemministi esistono ancora, mascherati da vittime e spaventati dalla reale parità e da tutto quello che comporta, ora come allora.

La seconda motivazione anch’essa mi fa male, perché anche se l’antologia è datata le cose non sono poi così tanto cambiate.

E’ giusto che entrambi i sessi avessero eguali possibilità di far sentire la loro voce“.

A primo impatto la frase è veramente difficile da contestare, sfido chiunque a non dirsi d’accordo, ma suona (ed è) come le frasi di circostanza in cui tutti siamo uguali e se ognun al mondo si volesse un po’ di bene tutti staremmo meglio.

Ma andiamo per gradi. In tutta la raccolta, ne prendo atto, sono stati/e chiamati/e uomini e donne per trattare i più svariati temi.

Per esempio abbiamo Kit Reed e James Tiptree Jr, ma a nessuno è venuto in mente che il loro punto di vista sul tema assegnato fosse “femminile”.

Come mai sul sesso abbiamo bisogno di due punti di vista?

Per quanto riguarda le “eguali possibilità”, basta leggere un minimo di fantascienza per farsi un’idea: ci sono centinaia di romanzi che trattano più o meno in maniera centrale di sesso, di relazioni, di donne e sono tutti scritti da uomini. Anche per una semplice questione di proporzioni, per carità, la fantascienza era (è?) un genere prettamente abitato dall’altro sesso.

C’era quindi davvero bisogno di mettere una “inascoltata” voce maschile sull’argomento?

Il punto di vista maschile non è mai messo in discussione o in comparazione. E’ universale e basta.

Dal momento che l’universale viene richiesto ad una donna questo diventa singolare e necessita di una implementazione.

E’ veramente così tanto difficile pensare all’esperienza femminile, all’esperienza sessuale femminile in particolare, non come alterità o come complemento, ma come esperienza valida e completa in sé?

Scriveva Carla Lonzi, l’uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna a più alti livelli.

E’ il principio in base al quale l’egemone continua a condizionare il non-egemone.

Il mondo dell’uguaglianza è il mondo della sopraffazione legalizzata, dell’unidimensionale.