I massimalisti di Costantino Lazzari, “spacconi ed inconcludenti”. Questa frase segna il confine politico ed ideologico con il Partito Socialista Unitario di cui Matteotti è segretario a partire dal 1922 . Soprattutto un’altra cultura, anche internazionale, di riferimento che supera lo stesso umanesimo marxista di Adler e Bauer seppur nel quadro complessivo della riflessione teorica e programmatica in atto, in quegli anni, nei partiti socialisti della Seconda Internazionale. E‘ sufficiente soltanto umanesimo socialista con il richiamo al “Cristo delle origini” di Camillo Prampolini. Un retroterra culturale di scienza della politica che si confronta con i mutamenti della forma-partito a livello europeo, ad esempio Mosei Ostrogorski, del quale Matteotti condivide la riflessione di Turati verso un partito mobile, capace di allargare il consenso democratico “per una ripresa dell’ evoluzione liberale, democratica, politicamente egualitaria ed umanitaria nel miglior senso della parola”.
Trovano respiro storiografico e straordinaria attualità le pagine Giacomo Matteotti e il socialismo riformista di Maurizio Degl’Innocenti (F. Angeli , Milano , 2022 ), riuscendo, con originalità di ricerca, dopo la collana di volumi di Stefano Caretti, ad incardinare il segretario del Partito Socialista Unitario nel disegno riformatore di governance dei centri urbani e dei territori rurali del Polesine. Quindi, costruendo una robusta impalcatura per la politicizzazione degli Enti Locali. Grazie a Matteotti una vera e propria dottrina amministrativa, saperi scientifici di competenze, guida la rivoluzione socialista del Polesine senza aspettative messianiche. Gli amministratori locali sono i rappresentanti organici del corpo dei cittadini elettori con piena titolarità nell’indirizzo amministrativo. Molto di più del contadino che, con il cappello in mano, attende gli ordini dei proprietari terrieri. Giacomo Matteotti cerca la saldatura politica tra città e campagne, trovando sintesi unitaria nel Parlamento. Tale duplice veste è ben chiara ai due principali esponenti dell’organizzazione militare dello squadrismo fascista: Italo Balbo e Michele (Michelino) Bianchi. Si legga il volume 1922 di Italo Balbo, cronaca e diario dell’attacco militare alla Padania. L’incendio di Ravenna, da parte dei Fasci di Combattimento, è esemplare.
Maurizio Degl’Innocenti sottolinea il problema dell’ autonomia degli Enti Locali che cambia profondamente la configurazione dell’allora Psi . Dai tanti campanili, dal concetto di “patria diffusa” si perviene alla “ regione diffusa”: La comunità territoriale di Matteotti non è “anti-Stato”. Significa assenza di mitici richiami alla Comune di Parigi: “Si può ben dire – prosegue Degl’Innocenti – che Matteotti interpretò, al meglio, il nesso imprescindibile tra il locale e il nazionale”. Nei momenti più difficili della nostra storia l’Ente Locale di Matteotti (ma anche di Zanardi, sindaco socialista di Bologna, o di Caldara sindaco socialista di Milano) contribuisce alla tenuta complessiva della società e delle istituzioni.
La conquista elettorale degli “organi di pubblico potere” va oltre la conoscenza tecnica dell’uso dell’aratro e del martello. Con Matteotti si passa ai bilanci di previsione, ai capitoli di spesa, alle coperture finanziarie delle proposte di legge, alla trasparenza dei conti pubblici: ecco la “cassetta degli strumenti” (citando Giovanni Montemartini ) dei municipi socialisti. Nei Comuni la battaglia socialista procede, di pari passo, con l’azione parlamentare fatta di interrogazioni, inchieste, statistiche, come contraltare al programma del Governo in carica. Il concetto di “socialismo parlamentare” rimanda alla commemorazione di Jean Jaures da parte di Claudio Treves.
Matteotti vive nei territori e nel Parlamento ove è membro della Commissione Finanze e Tesoro ; successivamente, segretario della Commissione Parlamentare per la riforma della burocrazia (settembre 1921). Le sue competenze in tema di finanza pubblica lo rendono punto di riferimento del Gruppo Parlamentare Socialista e si sommano alle responsabilità di segretario politico del Partito Socialista Unitario a partire dal 1922. Sperava di trascorrere più tempo in famiglia, ma, scrivendo alla consorte, Velia, confessa che il proposito è annullato dai lavori parlamentari: “( …) parlerò oggi o domani sulle automobili, poi sulla nominatività dei titoli , poi l’ istruzione pubblica, poi in Giunta di Bilancio contro i pescicani, poi la Legge di confisca dei profitti di guerra. Mi riduco a studiare un po’ a notte alta “La Biblioteca di Montecitorio è la sua ‘officina’ di documentazione e da lì parte l’allarme di Turati quando, all’improvviso, quel 10 giugno 1924, non si hanno più notizie del deputato del Polesine.
Se Turati, nel 1920, con il discorso Rifare l’Italia indica un “programma serio e concreto” (ma anche alleanze politiche) sarà Matteotti a caratterizzarlo, quotidianamente, correndo per l’Italia e all’estero (vedi la visita ai laburisti Inglesi). La delegittimazione del Parlamento avviene già, dichiara Matteotti, con Giolitti, nel marzo 1920, in riferimento al controllo della circolazione monetaria: “Giolitti copre con mezzi straordinari il disavanzo dei bilanci ordinari occultando l’ entità del debito pubblico”. E, nuovamente, denuncia Giolitti perché il bilancio dell’esercizio provvisorio diviene “una ricopiatura aritmetica dei bilanci precedenti”. Ed ancora Matteotti: “Nella Giunta di Bilancio ci si meraviglia che i parlamentari socialisti vogliano discutere e approfondire i provvedimenti di Giolitti”. Quasi “uno scandalo rispetto al passato quando gli intendimenti del Governo venivano approvati, per abitudine, ad occhi chiusi”. E, sì, i socialisti “sono venuti a rompere un po’ queste abitudini”. Di solito, “si dice che i parlamentari socialisti siano generici, ma quando entrano nelle pratiche e nella tecnica, allora sono accusati di essere ostruzionisti”. Con ironia ed amarezza Matteotti descrive l’ultimo ritorno di Giolitti alla guida dell’Esecutivo : “Uomo nuovo! Marca di fabbrica nuovissima che conta ottanta anni di fondazione. Nuovissima, oggi, per riverniciamento” .
Aspetti finanziari ed introduzione della “proporzionale pura nelle elezioni politiche del 1919. L’adozione del “sistema D’ Hondt” ( ripreso il 2 giugno 1946 ) come strumento di educazione politica del Paese con l’estensione del voto alle donne (approvato proprio nel 1919, ma soltanto in “prima lettura” e se ne riparlerà il 2 giugno 1946). La “proporzionale pura”, secondo Matteotti, accelera la differenziazione dei partiti anche rispetto alle elezioni amministrative. L’opportunità che ogni lista si presenti con il proprio contrassegno di partito, escludendo la possibilità di voti aggiuntivi: “Con la lista chiusa ogni partito conta sulle proprie forze e acquista il diritto di governare quando abbia una maggioranza omogenea senza pasticci. Pertanto, una questione politica e tecnica, ma anche etica perché connessa all’educazione dell’elettore”.
Il 5 luglio 1922 Matteotti, a Montecitorio, esprime netto dissenso sulla conversione in legge di un blocco di centoquaranta decreti fuori dalla scadenza prevista. L’ opposizione del Partito Socialista Unitario viene ribadita non solo su temi finanziari e di politica estera, ma, soprattutto, alla mancata salvaguardia dell’ordine pubblico (siamo nel 1921) . Turati denuncia la formazione di “una polizia volontaria fuori da quella ufficiale”, vere e proprie “bande armate” che trovano rifugio presso le redazioni dei giornali del Movimento Nazionalista trasformate in depositi clandestini di armi. La violenza armata dei Fasci di Combattimento appare, a partire dal Polesine, una sorta di “area sperimentale” dello squadrismo. Turati intravede una propria acquisita autonomia della violenza armata fascista rispetto ai suoi stessi mandanti e sostenitori. Nel dicembre 1922 Matteotti riconferma la consapevolezza della realtà: “Sul terreno della violenza, complice l’Autorità, un Partito Socialista di civiltà e di masse non potrebbe più resistere”.
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