Cara Segretaria,
da semplice iscritto al PD, mi permetto di sottoporti alcune mie riflessioni a sostegno del non facile lavoro che stai già prestando per rinverdire e, per molti versi, reinventare l’identità del Partito. Forse qualche ideuzza può venir fuori dalla mia esperienza di vita, che si snoda, nell’arco di 22 anni (1962-1984) come dirigente sindacale della UILM, della FLM (Federazione unitaria dei metalmeccanici) e della Confederazione UIL. A seguire, dal 1984 al 1994, gli elettori del collegio meridionale peninsulare mi mandano a Bruxelles/Strasburgo come Deputato europeo sotto le insegne del PSI. Nel 1994 mi candido alla Camera nella lista dei Progressisti in rappresentanza di Rinascita Socialista.
Nelle elezioni del 1996 non vengo rieletto.
Negli ultimi mesi del 1997 mi dedico ad attività consulenziali per la creazione e l’avviamento di una delle prime sette Società di Fornitura di Lavoro Temporaneo iscritte all’Albo nazionale istituito presso il Ministero del lavoro, dopo l’approvazione del pacchetto Treu, di cui alla legge 196/97.
Terminato l’incarico, vengo contattato da varie società neocostituite del comparto per assumere la funzione di A.D.; scelgo la Antex SpA con sede in Milano. Successivamente, dopo alcuni mesi, con il cambiamento della compagine sociale e l’adozione della ragione sociale Quanta SpA vengo nominato Vice Presidente esecutivo, incarico che rivesto dal 1998 al 2018.
In questo ventennio ho rivestito anche incarichi di gestione nelle Associazioni di rappresentanza delle Agenzie prima in CONFINTERIM e successivamente in ASSOLAVORO, occupandomi prevalentemente delle relazioni sindacali.
Presumo di aver qualche titolo per intervenire nel dibattito, tutt’altro che argomentato, che quotidianamente occupa gran parte dei media nazionali, tradizionali o digitali che siano.
Intanto, sarebbe auspicabile che nel PD si aprisse un approfondimento conoscitivo e propositivo sulle questioni del lavoro, chiarendo una volta per tutte che nella storia della sinistra italiana ed europea rappresentano la chiave della sua ragion d’essere. Ne consegue che una sinistra seria tutto può fare tranne che assumere l’assistenzialismo come suo obiettivo strategico; il che comporta che tutto può fare tranne che assecondare soluzioni, quali il reddito di cittadinanza, che, per come è strutturato, spende risorse pubbliche a sostegno di chi, pur potendolo fare, non si preoccupa né di lavorare né di apprendere e caso mai utilizza il lavoro nero a integrazione del sussidio, sottraendo con ciò milioni di Euro doverosamente destinabili in favore di chi è impedito fisicamente o mentalmente a un’attività lavorativa.
Non mi sembra attendibile l’altra singolare proposta del salario minimo per legge, una fattispecie già sperimentata con i voucher in Italia e con i minijobs in Germania, che sarebbe inevitabilmente concorrenziale con le scale salariali negoziate e, al dunque, si risolverebbe in un abbassamento del monte-salari nazionale, con effetti negativi sulle condizioni generali di vita di percettori di redditi medi e bassi e sulle entrate dell’INPS e dell’INAIL con le correlate ricadute sul sistema pensionistico e sui sostegni alle tante vittime degli infortuni sul lavoro .
Da ultimo, si sente e si legge sempre più frequentemente che le assunzioni a tempo indeterminato dovrebbero essere totalmente detassate (soluzione ben diversa dall’alleggerimento del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori dipendenti), e grande ammirazione si manifesta verso la riforma del socialista Sanchez in Spagna; peccato che nel Paese dove sarebbero stati aboliti i contratti a tempo determinato – assunto non vero – restano criteri di licenziamento piuttosto larghi di mano, in cambio di risarcimenti ben poco generosi, mentre, quanto al lavoro nero, è trattato alla stregua della polvere sotto i tappeti.
Ritengo, cara Segretaria, che da parte tua vi sia piena consapevolezza che le camerille di potere abbiano snaturato il progetto messo a punto al Lingotto nel 2007, che non si debba attribuire valore salvifico al quotidiano botta e risposta delle polemiche con chi oggi ha la responsabilità del governo del Paese, per concentrare ogni risorsa materiale e immateriale alla costruzione di un progetto di ampio respiro che attualizzi i valori della sinistra, che conservano come non mai la loro non negoziabilità, ma vanno declinati nel rapporto con le mutazioni tecnologiche, organizzative ed economiche che ci sovrastano e con le sfide che il nascente nuovo ordine politico mondiale ci impone.
Il problema centrale da affrontare è quello del rapporto tra le persone e il lavoro, in particolare quello dipendente.
Piaccia o meno, non esiste più, ammesso e non concesso che sia mai esistito, almeno nel lavoro dipendente l’omologazione col lavoro a vita, fatta eccezione per il sacerdozio e, non per molto, per gli impieghi pubblici. In conseguenza, dobbiamo imparare a costruire un nuovo paradigma, che poggi su una vera e propria anagrafe del lavoro, alla stregua della vecchia leva, che segua le persone dal tempo dell’ingresso nel percorso scolastico, passando per tutti i suoi livelli: inferiore, superiore, universitario o di qualificazione professionale, fino al primo inserimento lavorativo, intendendo per tale anche l’apprendistato. Il rapporto di lavoro deve, in ultima analisi, diventare parte di un tutto, che può svilupparsi in modi e luoghi diversi, per tempi lunghi o brevi, intercalati sempre e comunque da fasi di qualificazione e riqualificazione, ovviamente sostenute da un nuovo modello di welfare; in sintesi, potremmo dire che gli obiettivi da perseguire sono: dare stabilità al lavoro, flessibilità all’impiego, continuità alla formazione.
L’ispirazione politico-culturale della Mitbestimmung tedesca è da tenere in conto e da studiare
Di buone pratiche su questa linea ve ne sono nel nostro Paese e le troviamo, pur con i loro limiti, nella Cassa edile per l’edilizia e finanche nel sistema di regolazione/protezione del lavoro stagionale, quale è quello agricolo, anche se non ci dovremo mai stancare di denunciare e perseguire gli abusi, come ci dimostra la vicenda del deputato con gli stivali, sinistrissimo come nessun altro, che diceva di difendere i migranti, ma soprattutto curava gli interessi di famiglia. Singolare è anche il fatto che né lui né il Ministro varesotto eletto senatore nel 2019 in Calabria (il primo gagliardo difensore, l’altro persecutore di migranti) non abbiano mai speso una parola per esigere l’applicazione della legge Martina n. 199 del 29/X/2016, che prevede multe pesanti per gli sfruttatori della manodopera (i caporali, le false cooperative del Centro-Nord, ma anche e soprattutto i proprietari dei terreni) fino ad arrivare alla confisca dei beni.
La buona pratica più consolidata e certificabile la troviamo in forme molto più evolute nel sistema del lavoro somministrato tramite Agenzie, in cui, senza costi per il bilancio pubblico, si è potuto dar vita a un modello di nuovo welfare di tipo mutualistico negoziato, che comprende piccoli prestiti senza garanzie reali, protezione sanitaria integrativa, acquisto libro, concorso alle spese di viaggio ecc., abbinato a una costante strategia formativa e alla crescita sistemica delle assunzioni a tempo indeterminato da parte delle Agenzie medesime.
Va aggiunto che l’accordo sindacale tra Assolavoro e Nidil/Cgil-Felsa/Cisl-Uiltemp-Uil, ha dato vita alle uniche esperienze di accoglienza attiva dei richiedenti asilo politico, che hanno consentito ad alcune centinaia di persone di acquisire un buon livello di formazione e di essere occupate nella navalmeccanica, passando nell’arco di qualche anno e senza soluzione di continuità dal rapporto di lavoro in somministrazione a quello a tempo indeterminato. Per tali esperienze alcune APL (Agenzie per il lavoro) hanno avuto riconoscimenti da parte dell’UNHCR.
La sinergia tra selezione, ingresso nel circuito del lavoro, interruzione assistita e dedicata alla qualificazione/riqualificazione si realizza con il confronto tra i soggetti che ne sono titolari, datori di lavoro e lavoratori, richiede un impegno negoziale ricorrente, nella consapevolezza che il rapporto tra gli uni e gli altri non possa che essere trasparente e, in taluni passaggi, anche conflittuale.
La pratica di questa linea, riferita al nostro tempo, in cui un algoritmo può influire su svolte organizzative radicali, sulle condizioni di vita di lavoratrici e lavoratori di ogni ordine e grado, sui rapporti con le aziende dell’indotto, sulla costituzione di nuove holding, sulla localizzazione di sedi sociali in paradisi fiscali, impone di costruire un sistema di presenza della forza/mente lavoro nei processi decisionali, che vada oltre i diritti di informazione, conquistati nei CCNL rinnovati nei primi anni 70 del secolo scorso, per dare vita a un vero e proprio sistema di cogestione.
L’ispirazione politico-culturale della Mitbestimmung tedesca è da tenere in conto e da studiare, da un lato, per far giustizia dell’ostracismo subito in Italia, in quanto espressione del riformismo socialista, dall’altro, per superarne i limiti manifestatisi nella pratica e misurarsi con la necessità di non consentire l’anarchia imprenditoriale in campo gestionale e organizzativo.
In questo processo di rivitalizzazione dei valori del lavoro è necessario affiancare al parametro del PIL (Prodotto Interno Lordo), metro di misura non proprio neutrale degli andamenti economici, non i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), invenzione affidata alla creatività del Ministro Calderoli per giustificare il regionalismo differenziato, bensì il sistema universale dello SPI (Social Progress Index) prodotto dagli studi di economisti e sociologi di valore eccelso, quali Amartha Sen, Michael Porter, Douglas North, Joseph Stiglitz. L’indice del progresso sociale è stato redatto e pubblicato anche dall’Unione Europea e colloca l’Italia al 22° posto; non sarebbe il caso che fosse redatto anche per le regioni e le province italiane?
Cara Segretaria, ti ho rubato del tempo prezioso, ma l’ho fatto perché confido che la tua età e il tuo genere, nonché i geni familiari che ti porti dentro (il pensiero va al sen. Agostino Viviani, che ho avuto l’onore di conoscere nella lontana gioventù), ti inducano ad aprire un dibattito corale che affronti, tra gli altri, anche i problemi che mi sono permesso di sottoporti in circoli, sezioni, fondazioni, e su tutti i canali di comunicazione che sono a disposizione, per arrivare a una Convention nazionale di più giorni, dove si possano esprimere i giovani e le giovani che credono nell’impegno politico come strumento di democrazia, libertà e benessere e dove quanti già ricoprono ruoli politici siano doverosamente in ascolto, rinunciando alle esibizioni propagandistiche.
Sarebbe bello avere una risposta a questa lettera, ma non me ne avrò a male, se non ci sarà. In ogni caso, quel che conta è che il nuovo PD sia sempre meno il centro di potere degli addetti ai lavori e sempre più il luogo della ricostruzione di un pensiero forte e partecipato in questo nostro tempo di decrescenti aspettative e di ricorrenti tentativi di ritorno al passato.
Ti porgo saluti socialisti, usando una formula che un tempo era ordinaria tra i militanti politici che si riconoscevano in quell’aggettivo.
Scrivi un commento