Pólemos, nella mitologia greca, era uno dei demoni della guerra. Padre di Alalà ed Enio, le grida dei guerrieri prima e durante la battaglia. Pólemos, da alcuni studiosi, è associato alla guerra civile. Egli si insinua negli animi in forma di rabbia, dopo che Eris, dea della discordia, ha diviso gli uomini, rendendoli nemici.

Pólemos è direttamente opposto al Leviatano. Il mostro biblico unisce gli uomini, espelle la paura dal corpo sociale, dà agli umani eguaglianza al di sotto della legge (sub lege libertas), crea limiti al potere del sovrano che può tutto, tranne che attentare alla vita dei sudditi. E sul quel “tranne” si gioca la cultura politica occidentale. Se Pólemos accentua le divisioni e le radicalizza, il Leviatano ricuce i rapporti sociali sostituendo il patto alla violenza.

Non è un caso se questo dualismo sia la base su cui poggi l’ultimo lavoro di Patrizio Paolinelli, Rabbia. Pólemos e il Leviatano, recentemente edito da Asterios. La pandemia da Covid-19 ci ha resi, al principio, tutti fratelli. La gente cantava dai balconi per esorcizzare sia il morbo biologico che la maledizione della solitudine. Il Leviatano reggeva e ci garantiva, attraverso l’esercizio della forza coercitiva che imponeva le norme giuridiche, ma anche attraverso un’auto affermazione etica e morale della legge, in cui ognuno sentiva, intimamente, di non poterla trasgredire perché giusta, al di là delle sanzioni.

Poi qualcosa si è inceppato. Complice un convitato di pietra, Kairos, dio del tempo attivo e “qualitativo”, gli italiani hanno smesso di aver fiducia. Il silenzio è calato sui balconi e le lenzuola con su scritto “andrà tutto bene” sono state ritirate dalle finestre. Questo è avvenuto perché il Leviatano non è parso credibile: non ha garantito, agli occhi dei cittadini, la loro esistenza.

Incertezza politica, ritardi ed oscure manovre delle case farmaceutiche, tremebonda insipienza sulla ripresa dell’economia. La vita biologica e quella economica, che indirettamente è anch’essa vita biologica, non sono sembrate più al sicuro. Per questo le polemiche sono montate, sia online, veicolate dalla ferocia dei social networks, che offline, riportate nelle piazze reali dalle categorie maggiormente colpite dalla crisi e fatte ricettacolo di violenza da parte di sparute ma efficaci minoranze.

Oggi la situazione volge al meglio, complici la politica di graduale riapertura e la campagna vaccinale che avanza. Ma è chiaro che la pandemia ha reso evidenti alcune contraddizioni del nostro tempo e delle nostre strutture economiche, politiche e sociali.

Infatti tutto volge al meglio, ma senza gioia e senza fiducia.

Il volume Rabbia. Pólemos e il Leviatano è composto da un saggio introduttivo e da una serie di interviste. Sono chiamati in causa interlocutori del calibro di: Francesco Schettino, Maria Grazia Gabrielli, Marino Masucci, Giovanni Sgambati, Giulio Sapelli, Paolo Ferrero.

Sotto la lente di ingrandimento anzitutto il sistema economico. La critica al liberismo è abbracciata, con diverse e significative sfumature, da tutti gli intervistati. Sotto accusa anche la crisi della politica e del sindacato, fortemente addomesticati ed incapaci di dare impulso ad un rinnovamento sia delle regole che di visione del sistema-lavoro. Presente, anche se trasversalmente e sottotraccia, ed è forse la parte più pregevole del volume, una critica alla resilenza in quanto categoria filosofica. Resilenza, secondo le scienze antropologiche, è “la velocità con cui una comunità (o un sistema ecologico) ritorna al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione che l’ha allontanata da quello stato”. Durante la pandemia questo termine ha subito una modificazione, una sorta di imbastardimento, stante a quantificare semplicemente la quantità di “perturbazioni” che la comunità subiva. Più che nozione di speranza la “resilenza” era diventata il conto delle bastonate che veniva spacciato per virtù. Evirata dal suo carattere positivo e propulsivo diventava mera elencazione di sconfitte e cristallizzazione del presente.

E’ indubbio che la narrazione mainstream della pandemia sia solo una parata di bastonate ed una conta di colpi fortunosamente evitati. Una narrazione baricentrata sull’oggi, su riforme stabilizzatrici e meramente tattiche spacciate per strategiche. Questo perché, al di là dei proclami, queste sono decisamente prive di un’idea complessiva, di un modello alternativo rispetto a quello del liberismo straccione all’italiana. Prive di un modello di sviluppo economico (l’economia green è solo un colpo di vernice su di una struttura secolare) le riforme “economiche” ci riporteranno all’economia così com’era, con tutte le sue contraddizioni, ivi compresa la mancanza di giustizia sociale o come le chiamano i liberal filo americani, a sempre maggiori “diseguaglianze”. Una visone, quella della politica e dell’economia mainstream, priva di uno slancio verso il futuro. Priva di “sol dell’avvenire”.

Buona solo per cambiare tutto, lasciando tutto com’è.

La lettura del volume di Patrizio Paolinelli è istruttiva. La scrittura lineare è un fulgido esempio di clartè francaise. Essa aiuta notevolmente la lettura che si snoda attraverso la doverosa complessità dei ragionamenti.

Ne consiglio fortemente la lettura.

Patrizio Paolinelli
Pólemos e il Leviatano
Aterios, Trieste, 2021
pagg. 64, euro 5,90