Il feroce attacco di Hamas è all’insegna della spietatezza e del terrore. Non una guerra classica, a cui sarebbe dovuta precedere una dichiarazione bellica. E le atrocità commesse lasciano sgomenti e senza parole. Resta un fatto, poi, che Israele è l’unica democrazia dell’area. Anzi, prende consistenza l’antica e apparentemente paradossale ipotesi di Marco Pannella “due popoli, uno Stato”. Israele è già multietnica e plurireligiosa, del resto.
A guardare, però, al complesso groviglio geopolitico della regione – Autorità nazionale palestinese, sempre più fragile, in Cisgiordania, Hamas a Gaza, il Libano del Sud, l’Iran, l’Iraq, l’Egitto, la stessa Giordania e così via – emerge subito la tendenza a rifuggire la complessità per rifugiarsi in rassicuranti schemi dicotomici, come delle tifoserie. Per alcuni i palestinesi sono simbolo e metafora dell’umanità diseredata e ignorata. E l’attacco di Hamas assurge a una sorta di rivolta dei pezzenti. In effetti per lunghi lustri si era rimossa, almeno così sembrava, la questione palestinese dall’agenda internazionale. Come dire: il conflitto dimenticato. Dimenticato come le istanze di quelle popolazioni. Per altri, accanto a quel faro, quasi un avamposto, di democrazia e di civiltà che è Israele, incombono solo terrore e barbarie. Non vi sarebbero interlocutori.
Ancora una volta, insieme alle passioni, occorre tanto discernimento. Unico modo per districarsi in una vicenda tanto dolorosa, travagliata e complessa.
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