Grazie all’iniziativa di Luigi Covatta e all’opera degli uffici della Biblioteca e dell’Archivio storico del Senato, l’intera collezione di Mondoperaio dal 1948 al 2020 è stata riprodotta in rete ed è ora consultabile liberamente. Il 13 dicembre l’archivio online è stato presentato al Senato da storici come Piero Craveri e Giovanni Scirocco, editorialisti come Paolo Franchi e filosofi come Mario Tronti, oltre a Gennaro Acquaviva, Ugo Intini e Riccardo Nencini. La relazione di Scirocco è pubblicata su questo numero ed altre ne seguiranno.

La disponibilità in rete della rivista non è solo una bella notizia. È un evento nazionale, tanto più che la vita di Mondoperaio corrisponde esattamente a quella della Repubblica. Anche per questo le sue pagine si presentano anzitutto come un documento storico di straordinario interesse. Ciò vale anche per il primo decennio, in cui l’allineamento dei socialisti nel blocco del Fronte popolare continua a ispirare l’impostazione anche culturale della rivista. Dopo i fatti d’Ungheria e il Congresso di Venezia del PSI, cambia tutto: Mondoperaio diventerà allora quel luogo di incontro fra revisionisti “di sinistra” (Panzieri, Libertini, Foa) e “di destra” (Giolitti, Lombardi, Guiducci, Arfè), in cui “quella che avrebbe potuto essere una Torre di Babele dette invece vita a un felice meticciato” (L.Covatta, Prefazione a G.Scirocco, Una rivista per il socialismo. “Mondo Operaio” (1957-1969), Carocci, 2019).

Tutto questo fu possibile perché la domanda di analisi realistiche della società e dell’economia italiane che superassero gli schematismi ideologici era allora altissima, e alimentava processi di revisione critica che oltre alla politica ufficiale della sinistra investivano frontalmente i costumi e i ruoli sociali tradizionali. Non a caso, sulla rivista scrivono anche letterati, urbanisti, e più ampiamente intellettuali, e Mondoperaio è tra le riviste protagoniste del Convegno de “Il Mondo” tenuto al Teatro Eliseo nel 1961, la maggiore espressione del vento di modernizzazione che cominciava a soffiare nel Paese.

Dalla seconda metà degli anni Cinquanta, la rivista ci appare in definitiva ben più vicina di quanto possa essere un semplice documento storico. La lettura realistica dei fatti politici e sociali è quella cui ancora ci ispiriamo, e le questioni di cui parla sono ancora apertissime, con tutte le mutazioni del caso: a cominciare da un sorprendente articolo del 1958 sull’impatto delle innovazioni tecnologiche sui rapporti di lavoro.

Questo senso di vicinanza si accentua ancora per molti di noi, non foss’altro per motivi generazionali, nella seconda stagione d’oro, segnata dalla direzione di Federico Coen (1973-1984) e ripercorsa dallo stesso Coen e da Paolo Borioni in Le cassandre di Mondoperaio, Marsilio, 1999. Dove ispirazione e istanze di cambiamento restano quelle dei primi anni Sessanta, anche se con uno spostamento di attenzione sulle questioni della democrazia e della riforma istituzionale affrontate in notissimi contributi di Norberto Bobbio e di Giuliano Amato.

Mi accorgo di aver così abbozzato un programma di ricerche, forse anche più di uno. Certo è che siamo davanti a una miniera a cielo aperto, a cui chiunque sia interessato (e sono tanti) può attingere liberamente. Per parte nostra, solleciteremo con apposite iniziative gli studi capaci di restituirci le fortune e anche le difficoltà di una rivista che, superata la dimensione di un bollettino di partito, divenne quel laboratorio di idee e proposte rivolte alla crescita civile italiana che molti ormai le riconoscono.

L’intenzione tutto è tranne che celebrativa. Semplicemente, cerchiamo di rispondere a una domanda di comprensione del nostro presente, anche attraverso lo studio del nostro passato. La domanda è molto diffusa, ma i nostri mezzi per risponderle sono sempre stati scarsi. L’archivio online è lo strumento che ci voleva.